Francesca, la Lingua dei Segni e l’incontro con Ashraf a Lampedusa
Nella
notte c’era stato un nuovo sbarco e la mattina dopo Ashraf era già in infermeria. Impaurito, disorientato, con la
schiena curva. Un escluso tra gli esclusi. Non dimenticherò mai la sua
metamorfosi nel vedere che conoscevo la Lingua dei Segni. Alla mia domanda per
capire se fosse sordo, ha urlato il suo “Sì” con tutto il corpo e iniziato a
esprimersi come un fiume in piena. Era come tornato in vita, tra la commozione
di tutti noi. Da quel momento, non era più solo.
Francesca racconta così il suo primo incontro con Ashraf, ragazzo tunisino poco più che diciottenne, avvenuto lo scorso agosto sull’isola di Lampedusa, durante i giorni del progetto di vacanze e volontariato “Welc(h)ome Volunteers”.Francesca Capitelli ha 29 anni e dal 2005 fa parte del Comitato della Croce Rossa Italiana di Forlì. “La Croce Rossa mi ha incantato. In questi anni ho partecipato a numerose attività, come l’insegnamento dell’italiano ai migranti, ed emergenze come i terremoti de L’Aquila e dell’Emilia e l’alluvione di Parma”.Il lavoro, insegnante di sostegno specializzata in LIS (Lingua dei Segni Italiana) in una scuola primaria di Forlì, e l’attività di volontariato hanno trovato un percorso comune nella sua vita: “Fin da piccola ero interessata ai vulnerabili e alle disabilità. Anche quando ero alle elementari cercavo di entrare in contatto con i miei compagni disabili, volevo comprendere le loro necessità, i loro sentimenti. Con la maturità, ho capito che il mio interesse principale era quello di aiutare coloro che non avevano modo di comunicare, dare voce ai loro bisogni. L’incontro in classe, nella mia prima esperienza da insegnante a Rimini, con un bambino sordo, è stato decisivo: ho studiato la Lingua dei Segni Italiana e l’ho perfezionata grazie anche all’Ente Nazionale Sordi (ENS)”.
L’incontro tra Francesca e Ashraf a Lampedusa: destino o semplice coincidenza?
Ancora sono incredula. Ero entusiasta di far parte del progetto “Welc(h)ome Volunteers” ma non avrei mai immaginato che potesse avere questi risvolti. Ricordo che ero impegnata nelle mie lezioni di italiano ai migranti quando Chiara Mancini, infermiera e volontaria CRI, chiese il mio supporto per aiutare questo ragazzo. Anche Ashraf utilizzava la lingua dei segni ma era quella del suo paese, la Tunisia. Nonostante questo, abbiamo trovato insieme il modo di comunicare con efficacia. Durante la sua permanenza a Lampedusa, Ashraf ha continuato a fare riferimento a me per ogni necessità. Mi ha raccontato che aveva deciso di venire in Italia anche per trovare un rimedio alla sua sordità. Dopo una settimana è stato trasferito, mi ha cercato per salutarmi ma purtroppo non siamo riusciti a incontrarci.
Per Francesca l’esperienza di Lampedusa è stata “eccezionale. Durante le lezioni di italiano avevamo fino a 80 persone migranti vogliose di imparare. Ho anche incassato il ‘rimprovero’ di alcuni miei colleghi volontari visto che – racconta divertita – ho trasferito ai ragazzi anche la pronuncia più sfumata della ‘zeta’ romagnola!”. Al termine di “Welc(h)ome volunteers”, un nuovo capitolo: “Insieme a Chiara Mancini, che è presidente del Comitato CRI Comuni dell’Appia, abbiamo deciso che l’esperienza del confronto con la Lingua dei Segni Italiana non poteva finire. Ecco le ragioni del corso di formazione LIS organizzato nel Comitato territoriale, a cui hanno partecipato 17 volontari e che è stato un vero successo”. E per il futuro? “La Croce Rossa per me è una famiglia allargata, la nostra uniforme ci consente di condividere un terreno di valori comuni e, in questa famiglia, non vedo l’ora di continuare a fare la mia parte”.