Rocca: “Situazione gravissima, violenze a chi ci soccorre paradossalmente aumentate con il Covid-19”

Gli operatori sanitari “Non Sono un Bersaglio”, denunciava la campagna lanciata dalla Croce Rossa Italiana il 10 dicembre del 2018, Giornata Mondiale dei Diritti Umani. E’ un appello che bisogna ribadire con forza, perché purtroppo, considerando anche l’avvento di una pandemia globale, la situazione in Italia (e nel mondo) dal 2018 ad oggi si è paradossalmente aggravata.

LOMS denuncia, infatti, che gli operatori sanitari sono ad alto rischio di violenza a livello globale e, di questi, dall’8% al 38% nel corso della propria carriera subiranno violenze fisiche. Molti altri, poi, sono minacciati o esposti all’aggressione verbale e allo stigma sociale. Nella crisi dovuta al COVID-19, la carenza di personale e le crescenti tensioni sociali hanno incrementato il livello di violenza contro gli operatori sanitari e gli attacchi contro le strutture e i mezzi di soccorso. Per questo l’organismo internazionale sollecita e invita tutti i governi, i datori di lavoro e le organizzazioni dei lavoratori ad adottare ferme misure di tolleranza zero nei confronti della violenza contro gli operatori sanitari sul posto di lavoro e ad intensificare le azioni di sostegno sociale.

’Non sono un bersaglio’ si è posta da subito come una iniziativa-chiave per raccontare un fenomeno in parte sommerso e molto preoccupante. Oggi, con 3 protocolli firmati con FIMMG, CNOP e ARES 118 e dopo aver dato vita all’Osservatorio sulle aggressioni al personale di CRI tramite il quale l’operatore può segnalare casi di violenza, aggressione, minaccia e/o danneggiamento a mezzi e strutture sanitarie, intendiamo far emergere la sconcertante realtà di una situazione aggravata dal Covid-19. Sembra assurdo che gli ‘eroi’ nazionali, gli ‘angeli’ del lockdown – sottolinea Francesco Rocca, Presidente della Croce Rossa Italiana e della Federazione Internazionale delle Società di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa (IFRC) – siano anche gli quelli che oggi sono più a rischio di ieri. Dal 2018 sono stati tanti i traguardi raggiunti, basti pensare alla legge n. 113/2020 per la sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie, accolta con grande entusiasmo da tutte le Organizzazioni del soccorso. Un fondamentale punto di partenza ma, purtroppo, non di arrivo. E’ ora essenziale che l’Osservatorio previsto dalla citata legge sia reso operativo al più presto. Perché i dati in Italia parlano chiaro. Come Presidente dell’IFRC ho da sempre dovuto assistere alle violenze subite dai soccorritori nei contesti di guerra e conflitti, ma mai avrei pensato che questo tipo di abuso potesse balzare alla cronaca in maniera così prepotente nel nostro Paese. Dobbiamo intervenire, adesso”. 

I NUMERI

Ogni anno in Italia si contano 1200 atti di aggressione ai danni dei lavoratori della sanità. Nel 70% dei casi le vittime delle aggressioni sono donne.

Gli scenari delle aggressioni: al primo posto troviamo i Pronto soccorso, i reparti di degenza, gli ambulatori, gli Spdc (Servizio psichiatrico Diagnosi e Cura), le terapie intensive, le ambulanze del 118, le case di riposo e i penitenziariLe tipologie di violenza: il 60% sono minacce, il 20% percosse, il 10% violenza a mano armata e il restante 10% vandalismoChi commette violenza: Il 49% sono i pazienti, il 30% i familiari, l11% i parenti e un 8% sono gli utenti in generale. Le fasce orarie: i momenti più a rischio sono i turni della sera e della notte. La categoria maggiormente colpita risulta quella degli ausiliari sanitari (57.9% delle vittime nel 2016). Si riduce negli anni la quota di infermieri (da 23.5% a 14.5%), rimane costante la quota di medici (2.4%-2.6%). Aumenta la percentuale di personale tecnico (da 4.8% a 20.6% nel 2016). Esiste comunque una difficoltà a reperire dati reali che rappresentino la situazione attuale perché spesso l’operatore sanitario rinuncia erroneamente a denunciare. Eppure tra il personale sanitario quasi un infortunio su 10 è per aggressione. Fonti: fp CGIL; INAIL, Istat e Osservatorio CRI

L’AZIONE CRI NEI TERRITORI

“Non sono un bersaglio”, patrocinata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, dal Ministero della Salute, e dalla Commissione Europea, rientra nell’iniziativa del Movimento Internazionale di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa Health Care in Danger, lanciata nel 2011 – spiega Rosario Valastro, vicepresidente della Croce Rossa Italiana – per denunciare le aggressioni a strutture e personale sanitario nelle zone di conflitto.”

“Oggi, purtroppo – continua il Vice Presidente CRI –  dobbiamo constatare che il conflitto lo abbiamo in casa. Per questo la campagna sarà veicolata a tutti i Comitati territoriali della Croce Rossa attraverso l’invio di materiale di sensibilizzazione per i volontari e per le comunità. È necessario uno sforzo comune e capillare sui territori per invertire la rotta”.

*Oltre alla pandemia di COVID, il Libano è alle prese con una crisi economica e finanziaria senza precedenti che ha visto crollare la valuta locale e le banche reprimere i prelievi e i trasferimenti di denaro. Mentre le riserve di valuta estera della Banca centrale si esauriscono, il paese ha assistito a carenze di medicinali, carburante e altri beni di prima necessità, con lunghe file che si formano fuori dai distributori di benzina.

Gli ospedali stanno riducendo gli interventi chirurgici elettivi per riservare ciò che resta di anestetici e altre forniture mediche per le procedure di emergenza. Gli incidenti di HCiD non sono nuovi ma sono stati esacerbati. Gli atteggiamenti e le azioni degli operatori sanitari, dei malati/feriti e delle loro famiglie, dei servizi di sicurezza, dei civili armati e dello Stato dimostrano una crescente mancanza di accesso e rispetto dell’assistenza sanitaria.

Nell’ambito della sua programmazione multidisciplinare HCiD, la delegazione in collaborazione con il Movimento, ha dispiegato una campagna che utilizza un linguaggio emotivo e immagini per fare appello alla coscienza di tutta la popolazione del paese.

Il video è frutto di una campagna di comunicazione da parte del CICR concertata con ospedali e centri sanitari, organismi professionali e istituzioni accademiche libanesi. Il CICR ritiene determinante costruire alleanze attraverso i media.

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