Migranti, nuova tragedia nel Canale di Sicilia. Recuperati 13 cadaveri, in arrivo in Italia i 522 tratti in salvo. La quarta parte del reportage realizzato dalla Croce Rossa Olandese sull'attività della CRI in Sicilia
La CRI di Catania impegnata durante uno sbarco Foto CRI Catania via FB
Una nuova tragedia nel Canale di Sicilia. Tredici i cadaveri recuperati ieri pomeriggio su un barcone al largo delle coste libiche diretto in Italia. A bordo dello stesso barcone c’erano anche altri 522 migranti che sono stati tratti in salvo, attesi sulle coste italiane. La centrale operativa della Guardia Costiera di Roma ha coordinato l’intervento di soccorso inviando la nave della Marina militare irlandese “Le Niam”, mezzo impegnato nel dispositivo “Triton”. Sempre nella giornata di lunedì, in altri interventi di soccorso, sono stati recuperati 1810 migranti nel Canale di Sicilia.Sbarchi e soccorsi proseguono quindi senza tregua. Solo nello scorso fine settimana sono approdati circa 1400 migranti. Numerosi volontari della Croce Rossa Italiana, alcune centinaia, sono sempre impegnati in prima linea nelle operazioni di supporto alle operazioni di accoglienza e assistenza sanitaria. Consistente anche l’impiego di mezzi come ambulanze, tende a montaggio rapido, automezzi per trasporto di persone e materiali. Oggi pubblichiamo la quarta e ultima puntata del reportage sulle attività della CRI, realizzato dalla Croce Rossa Olandese e diffuso sul sito internet.“Spesso la partenza è l’unica scelta possibile”Merlijn Stoffels è in Sicilia per raccogliere i racconti dei migranti. Il nigeriano Murudeen ha dovuto lasciare la figlioletta in Nigeria. “Un viaggio così terribile e i pericoli della traversata li affronti solo se non hai davvero altra scelta”. “Sono già sei anni che non posso stringere fra le braccia mia figlia”, dice il 30enne Murudeen dalla Nigeria. L’unico modo per comunicare con lei è via Skype, ma il più delle volte Murudeen non ha i soldi per farlo. Accanto a lui la moglie, la 25enne Tonina, annuisce con il volto triste. Da tempo ormai la Nigeria è teatro di cruenti conflitti tra gruppi rivali. Dal 2011 sono già state 23.000 le vittime. Le violenze più atroci avvengono nella regione nord-orientale del paese. Quella dove vivevano Murudeen e la moglie. Entrambi di diversa religione, erano stati minacciati di morte, racconta Murudeen. Mia figlia ha più o meno l’età della loro. Non riesco a immaginare come possa essere non poterla più vedere da un giorno all’altro. Niente più coccole. Niente più giochi. Mai più leggerle un libro tenendola in braccio per poi metterla a letto. Mi sembra terribile.Sfruttamento e tratta degli umani Questa settimana ho parlato con molti migranti. I motivi che li portano in Europa sono svariati. La maggior parte di loro è in fuga dalla violenza, ho anche parlato con una donna scappata dal Ghana per evitare l’infibulazione. Un’altra è stata vittima di violenza sessuale. La cosa strana è che la maggior parte di quelli con cui ho parlato non aveva nessuna intenzione di venire in Europa, ma non ha avuto altra scelta a causa della violenza che imperversa in Libia e negli altri paesi da dove sono fuggiti. Molte sono state anche vittime di sfruttamento e di traffico di esseri umani. Ovviamente vi sono anche migranti che osano la traversata per l’Europa costretti dalla miseria e dalle mutazioni climatiche. Ma un viaggio così terribile e i pericoli della traversata li affronti solo se non hai davvero altra scelta. Murudeen comincia il suo racconto. Quando sua madre viene assassinata, lui e Tonina decidono di fuggire. Lasciano la figlioletta, di soli due mesi, al fratello di Murudeen. Temono che la piccola non possa sopravvivere al lungo viaggio verso un luogo sicuro in cui vivere. Fuggire insieme sarebbe troppo pericoloso, quindi Murudeen e Tonina lo fanno separati. Partono per la Libia a piedi, perché non hanno denaro per il trasporto. In Libia, Murudeen viene messo in prigione senza processo, racconta. Riesce a fuggire e parte su un barcone per l’Europa. Anche per Tonina la Libia risulta troppo pericolosa. Solo da qualche mese la coppia si è ricongiunta grazie alla Croce Rossa. Entrambi sono finiti per caso in Italia. Non appena avranno il permesso di soggiorno, sperano di poter far venire anche la figlioletta. Ma non potranno mai recuperare il tempo trascorso lontano da lei, dice Murudeen triste. Vorrebbero tanto poter tornare in Nigeria, ma al momento è troppo pericoloso. Disperazione e vuotoAl di là della questione se i migranti debbano o meno rimanere in Europa, il minimo che possiamo fare è offrire loro un’accoglienza dignitosa al loro arrivo. Mi hanno convito più che mai la tristezza e la paura viste negli occhi dei profughi. Al loro posto lo vorremmo anche noi, se fossimo nei loro panni. O, meglio, se anche noi arrivassimo in Europa senza nulla. Allo stesso tempo sono più che mai convinto che maggiori aiuti devono giungere nelle regioni teatro dei conflitti. Per poter sanare non tutta, ovviamente, ma almeno gran parte della miseria che vi imperversa. È giunto il momento di lasciare la Sicilia. Prima di partire per la terraferma, mi chiedo come è organizzata l’accoglienza in Europa. I campi che ho visto in Italia sono tenuti relativamente bene. Fa piacere, ma purtroppo la vita dei migranti è spesso disperata e vuota proprio come quella negli altri campi di accoglienza che ho visitato. Fortunatamente vi sono spiragli di luce, come un ragazzo senegalese giunto in Italia nel 2011. Ha ottenuto i documenti e trovato lavoro in Sicilia. Nel tempo libero è volontario della Croce Rossa come interprete, quasi sempre presente quando approdano nuovi migranti via mare a Catania, ormai divenuta la sua città. È bello vedere quanto sia felice della sua nuova vita. Una felicità che auguro anche a tutti gli altri. In perfetto italiano, scherza con alcuni volontari della Croce Rossa. Lo vedo distribuire scarpe ai profughi con un sorriso sul volto. Oramai è perfettamente integrato e dichiara che per lui è un onore aiutare chi è in difficoltà, proprio come è stato fatto con lui non molto tempo fa”.