Croce Rossa Isole Cook: “I cambiamenti climatici stanno trasformando la nostra vita”

 

di Tommaso Della Longa

 Il presidente della Croce Rossa Italiana Francesco Rocca e il segretario generale della Croce Rossa delle Isole Cook, Fine Tuitupou 

Nell’immaginario collettivo le isole della Polinesia sono sinonimo di bellezza, vacanza e relax: in una sola parola sono un sogno per tantissimi. Basta fare una ricerca veloce su internet per trovare foto paradisiache di spiagge bianche e mare limpidissimo ed effettivamente il turismo è la prima industria in questa parte del mondo. I cambiamenti climatici, però, qui sono visibili come e forse anche più di altre parti del mondo. Conseguentemente la situazione umanitaria è complessa e le Società nazionali di Croce Rossa dell’Oceania sono in prima fila nell’aiutare i più vulnerabili. “Il nostro motto è “non lasciamo nessuno indietro”: anche nell’isola più remota dobbiamo esserci per aiutare le comunità più piccole e che risentono sempre di più dei cambiamenti climatici che si ripercuotono sulla vita quotidiana”, spiega il segretario generale della Croce Rossa delle Isole Cook, Fine Tuitupou, che abbiamo avuto l’occasione di intervistare durante una visita alla Croce Rossa Italiana a Roma, martedì 4 ottobre.Le Cook sono un arcipelago costituito da 15 piccole isole nell’Oceano Pacifico meridionale, la famosa Polinesia, con una superficie complessiva di 240 km². Il territorio marittimo ha invece una superficie complessiva di circa 2,2 milioni di km². “La popolazione è di circa 15.000 abitanti. In Nuova Zelanda ci sono più nostri concittadini che in patria”, spiega Fine Tuitupoi. “Noi siamo più fortunati di altri stati del continente: abbiamo il passaporto della Nuova Zelanda e quindi i cittadini possono decidere di emigrare senza problemi. C’è chi, nelle nazioni limitrofe, non può spostarsi dal proprio Paese”. Le Isole Cook, infatti, sono una democrazia parlamentare dotata di autogoverno, ma sono in libera associazione con la Nuova Zelanda, anche se possono dichiararsi indipendenti in qualsiasi momento con un atto unilaterale.“Noi li chiamiamo “rifugati climatici”: sono le migliaia di persone che sono costrette a lasciare la propria terra a causa dei cambiamenti climatici. Non si tratta solo dell’innalzamento del livello del mare, ma di tanti fattori diversi. La frequenza dei disastri naturali è aumentata come la violenza dei cicloni. Le stagioni sono cambiate: ora è possibile avere piogge abbondanti nella stagione secca: l’intero ecosistema si sta rovinando. La siccità è un problema che colpisce sempre più spesso le comunità locali. La catena alimentare di conseguenza sta cambiando e c’è un grave problema di sicurezza alimentare: intere comunità locali devono cambiare modo di vivere, di mangiare, di costruire la propria esistenza”, continua il segretario generale della Croce Rossa delle Isole Cook.

 Cambiamenti climatici nelle Isole Cook: l'intervento della Croce Rossa 

Nel suo racconto, troviamo piccole comunità, isole dove vivono anche solo 70 o 100 persone su un piccolo lembo di terra, “legatissime alle tradizioni ancestrali, che si rifiutano di lasciare la propria isola”. Ma il problema è che continuando così, il problema sarà sempre più la sopravvivenza. “La Croce Rossa interviene anche nelle isole più lontane, che possono essere anche a quattro ore di aereo dall’isola maggiore. C’è un problema di autosufficienza e le priorità sono la salute, il trattamento delle malattie non trasmissibili, la sicurezza alimentare, la desalinizzazione per ottenere acqua potabile. La risposta ai disastri naturali, come la riduzione del rischio, sono per noi attività fondamentali”.Le Società Nazionali di Croce Rossa dell’Oceania lavorano a stretto contatto per scambiare migliori pratiche e per far fronte comune nel rispondere alle emergenze, anche quotidiane: “abbiamo un forum del Pacifico dove tutti i nostri coordinatori della risposta ai disastri si incontrano e lavorano insieme”, continua Fine Tuitupoi. I cambiamenti climatici in questo angolo di mondo stanno mettendo a serio rischio la popolazione locale e le sue tradizioni. “Per noi, in molti casi, la migrazione è una scelta obbligata. Non lo scegliamo, semplicemente non si può fare in modo diverso. Anche se la gente risponde chiaramente che non vorrebbe mai lasciare la propria terra”. Siam dall’altra parte del mondo, ma anche qui i flussi migratori sono una realtà alla quale bisogna dare una risposta coesa e globale: in Oceania forse non si scappa dalla guerra, ma il motivo scatenante della migrazione è sempre responsabilità dell’uomo.

Categorie: News

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