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Emergenza migranti: Diario da Lampedusa – Loro ce l'hanno fatta

Foto Laura Bastianetto/ItRC
Foto Laura Bastianetto/ItRC

Di Laura Bastianetto Continua a digitare un numero sul telefonino di Hassan, il nostro mediatore culturale di Croce Rossa, ma non riesce a prendere la linea o forse compone il numero sbagliato. Deve ricordarlo a memoria perché il suo cellulare gli è stato sequestrato dagli scafisti prima della partenza. Dahud è appena sbarcato a Lampedusa. E’ seduto dentro al Posto medico avanzato della Croce Rossa (Pma) perché ha un fastidio al torace e dolori articolari. Ma il suo unico pensiero è alla sorella che abita a Roma e a cui vuole comunicare il suo arrivo in Italia. Dahud è un ragazzo somalo di 24 anni. E’ arrivato a Lampedusa dopo tre giorni. E’ partito dalla Libia insieme ad altri 534 compagni di viaggio. Tutti stipati come sardine su un barcone. Finalmente è qui, e anche se ha dolori ovunque perché quel viaggio non è mai facile, la sua mente è lucida. Ci racconta che ha perso i genitori quando era ancora molto piccolo. Sono morti perché erano malati e in Somalia non è facile farsi curare. Poi il suo viaggio verso Tajorà, in Libia, i suoi due anni trascorsi in carcere perché clandestino e infine la sua partenza per Misurata per imbarcarsi verso l’Italia. Dahud ha provato una grande paura nel tragitto tra Tajorà e Misurata. Il terrore che una pallottola gli arrivasse dritta dritta addosso. Lui l’ha scampata, ma non è sempre per tutti così. Ha provato grande paura quando è scoppiata la guerra in Libia perché quelli come lui con la pelle nera sono considerati amici di Gheddafi e mercenari. Ma non ha temuto il suo viaggio verso l’Italia anche se spesso, nei tre giorni di traversata, hanno dovuto affrontare il mare in burrasca. Accanto a Dahud, nel posto medico avanzato della Cri, c’è un altro ragazzo, Youssef 26 anni, anche lui somalo. Riesce a parlare con il fratello che è a Torino e non sapeva niente del suo viaggio. Ma non arrivano solo ragazzi qui. A Lampedusa sbarcano intere famiglie come quella ferma sul molo, padre e due figli che attendono di sapere dove siano la moglie e l’altra figlia. O a volte capita che due fratelli o due amici partiti insieme sulla stessa barca non si vedano per tutta la durata del viaggio perché seduti in due punti opposti e così stipati da non potersi muovere mai. Sono tutti stanchi e provati, parlano a malapena della loro vita, ma i loro occhi non mentono e raccontano sofferenza, patimento ma anche speranza per avercela fatta. C’è invece solo gioia e bellezza negli occhi dei bambini. Arrivano in braccio alle loro mamme e sono così piccoli. Ridono. In quel momento si abbassa tutta la tensione per noi soccorritori. Loro ce l’hanno fatta.

  

  

Foto Laura Bastianetto/ItRC
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