L’autista soccorritore Michele Dragone: “I miei trent’anni in prima linea”

 

“È la mia seconda pelle!”. Questa la risposta che Michele Dragone offre a chi gli chiede cosa rappresenti, per lui, la Croce Rossa Italiana. Da quasi trent’anni fa parte del Comitato CRI di Brindisi e, ora che ne ha 67, la sua passione non è diminuita: “Il mio desiderio è rimanere qui fino al mio ultimo respiro”.“Mi sono sempre sentito un volontario di prima linea – spiega Michele – e in occasione di emergenze ho sempre garantito disponibilità assoluta. La mia prima esperienza risale al 1990, appena un anno dopo il mio arrivo nella CRI: ho partecipato alla missione di emergenza in seguito allo spaventoso terremoto di Carlentini, in Sicilia, che provocò diversi morti e un grande numero di sfollati. Pochi mesi più tardi sono stato uno dei testimoni diretti del primo grande esodo dall’Albania verso la Puglia. Gli arrivi al porto di Brindisi furono migliaia e anche in quell’occasione ho avuto l’opportunità di assistere le persone che sbarcavano e di svolgere il mio ruolo di autista soccorritore”.

  

L’Albania, un teatro di emergenza che per Michele si è ripresentato dopo pochi anni: “Ho partecipato a una missione per offrire supporto ai tanti profughi albanesi in occasione della guerra in Kosovo. Dopo sono stato anche in Sri Lanka e, nel 2003, in Iraq”. Sulle quattro ruote, in qualità di autista o come semplice soccorritore, Michele Dragone ha incontrato migliaia di persone, le ha conosciute, ha capito i loro bisogni e le ha assistite al meglio delle sue possibilità. “Ho vissuto esperienze ed emozioni diverse, ma tutte mi hanno segnato. Non dimenticherò mai, per esempio, ciò che ho visto in Iraq. Ricordo un ospedale a tende, pieno di bambini gravemente ustionati: la loro sofferenza è qualcosa che porterò sempre dentro di me. Io dico sempre che le cose bisogna viverle in prima persona per capirle davvero. In questo caso, ho toccato con mano il vero dolore”.Oggi, Michele si occupa per lo più dei malati e del loro trasporto nelle varie strutture di assistenza. Per lui, in trent’anni, nessun attimo di cedimento. “Non mi sono mai pentito della scelta di far parte della Croce Rossa e di dedicarmi a chi soffre. Per me è un onore essere volontario”.Il suo pensiero va anche ai giovani che pensano di intraprendere la strada del volontariato: 

Ogni volta che incontro dei ragazzi che vogliono entrare nella Croce Rossa mi fermo a parlare con loro. Cerco di capire le loro intenzioni e, se vedo un interesse reale, mi piace dedicarmi anche a loro e rispondere ad ogni possibile dubbio. È una passione, quella nei confronti del volontariato CRI, che va rivitalizzata ogni giorno. A loro dico sempre che la Croce Rossa non deve essere vista come un punto di arrivo, ma un luogo in cui partecipare attivamente. Se non ci credi con tutta l’anima, non puoi certo pensare di rimanerci trent’anni!.

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