Diario dal Kenya – Ora conosciamo la situazione, c'è bisogno di tutti voi

Foto di Giorgio Miari/ItRC
Foto di Giorgio Miari/ItRC

di Tommaso Della Longa – Portavoce CRIIn volo tra Nairobi e Roma – Quando manca tutto, si riscopre il valore delle piccole cose.  Una macchina. Il cellulare. Una strada asfaltata. Un bistrot. Un centro commerciale dove si può trovare di tutto. Per non parlare dell’acqua e della luce, come del frigorifero. Siamo partiti la mattina di mercoledì, volo Lodwar-Nairobi, con sosta a Kitale. L’aeroporto dello scalo di partenza è fatto di una lamiera a coprire un piccolo box con alcune panche. Il controllo dei bagagli e delle persone viene fatto a mano. Poi l’aereo e via, con il Turkana nel cuore e la fierezza di quelle persone che cercano cibo e acqua negli occhi. In quota, si vede chiaramente come l’acqua possa cambiare tutto nel giro di 45 minuti di volo: a Kitale c’è il verde, i pascoli, la vita, a Lodwar e dintorni sembra il deserto. E’ per questo che i progetti a lungo termine della Croce Rossa guardano alla costruzione di pozzi, irrigazione e infrastrutture. Ora il primo bisogno è il cibo e l’assistenza sanitaria, ma bisogna intervenire subito anche con uno sguardo ambizioso al futuro. La notte che abbiamo passato a Lodwar, di ritorno da Kaikor e dal Nord Turkana, è servita per condividere le esperienze fatte sul campo. Francesca, Giorgio, Franco e Roberto sono stati in un villaggio mai visitato prima dalla Croce Rossa: i racconti hanno un unico filo rosso comune, ovvero la voglia di tornare sul campo il prima possibile, i visi dei bambini e delle donne, la mancanza di ogni cura. E’ per questo che le vaccinazioni di base per i neonati e le donne incinte diventano ancora più importanti: qui ancora si rischia grosso per malattie che in Italia sono solo un passaggio naturale nella vita dei più piccoli. Ecco, la differenza nello standard di vita ti colpisce, ti dà un pugno alla bocca dello stomaco, uno choc nella mente, ti fa capire che la nostra vita forse è un po’ troppo semplice, oppure che alcune delle nostre lamentele sono a dir poco inutili. In questa parte di mondo, non c’è frenesia, non ci sono orologi, non ci sono internet o smartphone. Qui ci sono le leggi della natura, che quando vuole essere dura, diventa mortale. Qui le comunità tradizionalmente si dividono i compiti al proprio interno e le nostre schiavitù postmoderne svaniscono come ghiaccio al sole equatoriale: la vita è ancora scandita dal sole e dalla sua forza. E da nient’altro.

  

Foto di Tommaso Della Longa/ItRC
Foto di Tommaso Della Longa/ItRC

All’aeroporto di Lodwar vediamo arrivare il piccolo aereo che ci porterà a Nairobi. Gli zaini vengono abbandonati in pista un paio di volte e ‘inshallah’ anche questa volta arriveranno a destinazione. Dall’aereo scendono le due infermiere volontarie che formeranno il team medico e sanitario, seguite a distanza di qualche giorno dal medico. Mentre il motore a elica ci porta in quota, gli occhi non si staccano dal terreno e la mente ritorna alle distribuzioni, ai villaggi sperduti, alla ricerca dell’acqua nei fiumi in secca, ai pastori nomadi, alla carestia che ha messo in ginocchio il Corno d’Africa.Da queste parti si spara poco, ma si muore purtroppo troppo spesso. Non per una pallottola di Ak-47, ma per mancanza di diritti fondamentali, come l’accesso all’assistenza sanitaria, all’acqua e al cibo. Il tour pomeridiano di Nairobi ci fa tornare all’inizio di questo racconto: ogni piccola cosa ci sembra una conquista. Ora siamo in aereo, tornando in Italia. I video e le foto sono tanti, a breve avremo tanto da fare per raccontare quello che abbiamo visto, per dare voce a chi drammaticamente non ce l’ha, per cercare di far capire agli italiani che il Turkana va aiutato e subito. Non c’è tempo da perdere. Mentre scrivo, il pensiero va ai miei vicini di posto, a quanti magari hanno villeggiato a Malindi o Mombasa, senza sapere che a un migliaio di chilometri di distanza si sta consumando una tragedia. Nel sonno generale di questa notte, è la quarta volta che passiamo la linea dell’equatore in dieci giorni, mi farebbe piacere raccontare a qualcuno che lì, in quella terra di resort e safari, c’è chi muore. E che basterebbe un piccolo gesto per aiutarli. Tra qualche ora serviranno la colazione prima dell’arrivo a Fiumicino e forse a qualcuno faremo vedere video e foto. C’è bisogno di consapevolezza prima di ogni altra cosa, per far capire cosa sta succedendo. Ora, con video e foto, dobbiamo solo iniziare a lavorare a livello nazionale e sui territori: più persone possibile devono sapere cosa sta succedendo lì giù, in una terra che ha bisogno di tutto. Soprattutto della nostra testa e della nostra volontà di cambiare.

  

       

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