CRI-MOAS: novemila persone migranti salvate in sei mesi
E’ negli occhi di Fatima e nel sorriso di suo figlio la fotografia della prima missione Search & Rescue di Croce Rossa Italiana e MOAS, in collaborazione con la Federazione Internazionale della Croce Rossa e Mezzaluna Rossa.
La donna aveva partorito in una strada di Sabrata, in Libia, poco prima di avventurarsi nelle acque del Mar Mediterraneo ed è una delle migliaia di persone salvate dagli equipaggi CRI-MOAS a bordo delle imbarcazioni Responder e Phoenix.
La missione congiunta, partita a giugno scorso e conclusasi pochi giorni fa, ha permesso di soccorrere più di novemila migranti in sei mesi. Sono soprattutto persone provenienti da Paesi africani a sbarcare in Italia. Le provenienze più rappresentative sono Nigeria (20%) ed Eritrea (12%), seguiti da Guinea, Gambia, Senegal, Costa d’avorio, Mali e Sudan.
Mentre su Phoenix l’equipaggio era composto da un medico, due infermieri e un team coordinator dalla Croce Rossa Italiana, su Responder si è alternato personale di diverse Società Nazionali (Usa, Canada, Regno Unito, Svezia, Svizzera, Austria, Finlandia, Islanda, Giappone, Olanda, Norvegia).
Nonostante la grande organizzazione a bordo, la professionalità e l’efficienza dei team, non sono mancati momenti di grande difficoltà, con operazioni di rescue notturne, barconi rovesciati dalla potenza delle onde e dispersi. “Ho visto gli occhi di un uomo andare giù, andare giù davanti a me, risucchiati dal mare”, è il racconto commosso del team coordinator Eugenio Venturo, all’inizio di ottobre, ai microfoni di Gazebo, dopo un complicatissimo soccorso in mare.“E’ giusto, è sbagliato, c’invadono, sono tanti, sono troppi, tutti, nessuno. Non sono impermeabile a certe discussioni, ma quando sei in mezzo al mare tutte quelle domande spariscono. La mente si libera e l’unica cosa giusta è allungare la mano e tirarli su. Improvvisamente diventi un uomo libero”.
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Dal mare ai centri di accoglienza, passando per i porti – come idealmente collegati da un filo rosso – gli operatori e i volontari della CRI hanno continuamente rivolto la loro attenzione ai bisogni delle persone. Assistenza sanitaria, vestiti, cibo e acqua, supporto psicologico e tutela del diritto alla famiglia sono solo i principali servizi che la CRI ha garantito agli oltre centosettantamila migranti sbarcati sulle coste italiane quest’anno.“Ed è verso le persone migranti presenti sul territorio italiano che da sempre è orientato il nostro sforzo. Intendiamo concentrare le nostre risorse e rafforzare ulteriormente tutti i nostri progetti dedicati a loro”, ha detto il presidente nazionale di Croce Rossa Italiana, Francesco Rocca. “Tuttavia il volontariato non può sostituirsi alle Istituzioni: noi vogliamo una risposta a livello europeo per fermare questa vergognosa strage senza fine”.
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Sono infatti quasi cinquemila i morti e i dispersi lungo quella rotta che è considerata la più pericolosa al mondo. “Io e mia nipote Bouchra ce l’abbiamo fatta, ma mia sorella no”, sono le prime parole di Hadilou all’equipaggio di Responder, durante il suo viaggio verso Brindisi a fine ottobre. “Era notte, eravamo sul gommone. Ad un certo punto ci siamo persi ed è iniziata ad entrare acqua. Ho sentito mia nipote piangere. Mentre cercavo di raggiungerla, ho visto una persona sul fondo della barca, sommersa dall’acqua. Era mia sorella ed era morta”.Una testimonianza che non può e non deve lasciare indifferenti le istituzioni, come spiega il presidente Rocca: “Non è l’immigrazione ad uccidere le persone, è l’indifferenza dei governi e della Comunità internazionale”.