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Il 7 luglio 2017, con 122 voti a favore, 1 astenuto e 1 contrario è stato approvato il Trattato per la Proibizione delle Armi Nucleari (TPNW). Si tratta del primo trattato che rende illegali l’uso, la minaccia, il possesso e lo stazionamento delle armi nucleari. Lo scorso ottobre, il trattato ha raggiunto il numero di ratifiche (50) necessarie per l’entrata in vigore che è avvenuta il 22 gennaio 2021.
Al settembre 2022, esso conta 68 Stati parte e 91 Stati firmatari.

Il Trattato riconosce al Movimento Internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa un ruolo rilevante sancito nel preambolo e nel testo (artt. 7.5 e 8.5) in materia di cooperazione e assistenza internazionale, oltre che nella conferenza degli Stati parte.

Il 26 settembre 2019, in occasione della Giornata internazionale per la proibizione delle armi nucleari, la Croce Rossa Italiana ha lanciato la campagna “Nuclear Experience – Croce Rossa Italiana per il Disarmo Nucleare” affinché l’Italia aderisca al Trattato per la Proibizione delle Armi Nucleari.
Le attività hanno sinora incluso: monitoraggio sugli sviluppi politici e normativi degli attuali strumenti internazionali in materia di disarmo e non-proliferazione e attività di advocacy con i principali stakeholders nazionali (Governo, Parlamento, Sindaci); azioni di sensibilizzazione e campagne di comunicazione; presentazione di un pledge durante la 33^ Conferenza Internazionale e relativo follow-up; partecipazione al Movement Support Group della Risoluzione 4 del Consiglio dei Delegati; partecipazione allo Youth Action Forum sulle armi nucleari del Movimento Internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa; formazione ai neo-istruttori di Diritto Internazionale Umanitario; organizzazione di giornate info-formative; inclusione del progetto “Nuclear Experience” all’interno del Protocollo CRI-MI (Ministero dell’Istruzione).

L’arma nucleare è un vettore la cui forza esplosiva deriva da una reazione nucleare a fissione, a fusione o da una combinazione delle due. Sono annoverate nella categoria delle armi di distruzioni di massa, insieme alle armi biologiche e chimiche. Rispetto alle armi convenzionali, l’elemento che le accomuna è la capacità di provocare una quantità incontrollabile di danni. Dato il loro potenziale distruttivo enorme e per i loro effetti disastrosi, non consentono di discriminare tra popolazione civile e forze armate.

Per arma biologica si intende l’impiego di microorganismi in grado di indurre la morte o una malattia ovvero di causare il deterioramento di materiali. La Convenzione per le armi biologiche, entrata in vigore nel 1975 i cui stati aderenti, circa 183, si impegnano a proibire lo sviluppo, la produzione, lo stoccaggio e l’uso di questa tipologia d’arma. La mancata previsione di opportuni sistemi di controllo e monitoraggio ha purtroppo limitato l’efficacia della convenzione.

Le armi chimiche sono dei reagenti utilizzati in modo da causare la morte, una grave incapacità fisica o danni permanenti. Dopo il loro uso durante la Prima guerra mondiale, e visti gli effetti letali o devastanti, nel 1925 si giunse ad un Protocollo di Ginevra che vietava l’uso di gas asfissianti. Il trattato fondamentale di riferimento in materia è la Convenzione contro le Armi Chimiche di Parigi entrata in vigore il 29 aprile 1997. Il ruolo di monitoraggio all’osservanza del Trattato è stato affidato all’ Organizzazione per l’abolizione delle armi chimiche.

A partire dal 21 gennaio 2021, con l’adozione del Trattato per l’abolizione delle armi nucleari, tutte le armi di distruzione di massa sono vietate da Convenzioni ad hoc, vincolanti solo per gli Stati che le hanno ratificate.

Il ‘progetto Manhattan’ era il programma di ricerca e sviluppo, condotto in ambito militare statunitense durante la Seconda guerra mondiale che ha portato alla costruzione della prima bomba atomica.

Nei primi decenni del XX secolo la fisica nucleare aveva fatto passi da gigante, e alla fine degli anni ’30 venne definito il processo di fissione nucleare, fondamentale per la successiva costruzione delle bombe atomiche. Gli Stati Uniti iniziarono già nel 1938 studi in questo settore, nella prospettiva della costruzione di un ordigno nucleare, una novità di potenza ed impatto assolutamente inimmaginabile per l’epoca. Il progetto, segretissimo, divenne ufficiale il 13 agosto 1942, e prese il nome dal distretto dell’American Corps di Manhattan, New York, e ne fecero parte alcuni tra i più importanti fisici del tempo, tra essi l’italiano Enrico Fermi e il tedesco Robert Oppenheimer.

Il progetto portò allo sviluppo del primo ordigno nucleare della storia, denominato The Gadget, che fu fatto esplodere nel Trinity test il 16 luglio 1945, nel deserto del New Mexico nella località di Alamogordo e che viene considerata la prima esplosione al mondo di un ordigno nucleare.

Meno di un mese dopo, il 6 e il 9 agosto 1945 due bombe atomiche furono sganciate su Hiroshima e Nagasaki, determinando così la fine della Seconda guerra mondiale. Il Presidente Truman renderà pubblico il progetto, senza però specificarne i dettagli tecnici, segreto militare.

Sin dal 1945 il Comitato internazionale della Croce Rossa e Mezzaluna Rossa si è opposta alle armi nucleari chiedendo a tutte le nazioni di metterle al bando, sostenendo che le medesime erano in contrasto con i principi consuetudinari del diritto umanitario internazionale preesistenti alla loro creazione e poi (ri)codificati nelle Convenzioni di Ginevra del 1949 e i Protocolli Addizionali del 1977. Sebbene non esista nel diritto umanitario un esplicito divieto, è manifesta la loro incompatibilità genetica con i principi cardine di distinzione, proporzionalità, protezione ambientale, il divieto di mezzi e metodi di guerra che comportino mali superflui o sofferenze inutili.

Appare subito chiaro che l’utilizzo di un ordigno atomico non potrebbe mai adeguarsi a tali principi, poiché tale arma è stata appositamente delineata come capace di colpire vasti territori, senza far distinzione tra obiettivi miliari e il resto della popolazione. In tal senso, nemmeno l’utilizzo delle cosiddette “armi nucleari tattiche” appare al giorno d’oggi possibile.

È giusto considerare che il loro impatto devastante sia in palese collisione con il principio di proporzionalità, poiché nessun fine militare potrebbe mai giustificare l’ammontare complessivo di vittime e danni in caso di uso di un’arma nucleare.

Qualora poi i destinatari degli effetti dell’arma atomica fossero esclusivamente persone che partecipano alle ostilità, non si potrebbe mai legalizzare l’impiego di suddetta arma, poiché i combattenti subirebbero conseguenze troppo gravi e prolungate nel tempo. Verrebbe dunque violato il principio di non causare mali o sofferenze sproporzionati e non necessari.

L’inadattabilità delle armi nucleari al diritto umanitario è stata inoltre affermata anche dalla Corte internazionale di Giustizia. Tra le numerose volte in cui la Corte è stata chiamata a dirimere la questione delle armi nucleari, spicca il parere reso nel 1996 ove la Corte ha ricostruito il perimetro normativo di una delle materie più particolari e delicate del diritto internazionale nel quale ha dichiarato che le armi nucleari sono “generalmente contrarie” alle norme di diritto internazionale umanitario. Ne deriva che la scelta dei mezzi e metodi di combattimento non è illimitata, e qualora in assenza di espliciti divieti, le Parti belligeranti sono sempre vincolate al rispetto delle “leggi dell’umanità e dalle esigenze della coscienza pubblica”. In senso completamente opposto, il parere afferma che sebbene le armi nucleari siano inconciliabili con le leggi dei conflitti armati (ius in bello), in un contesto estraneo all’ambito di applicazione del diritto umanitario (ius ad bellum), l’impiego delle armi nucleari nell’estremo caso limite del pericolo dell’esistenza stessa di uno Stato non potrebbe essere considerato come interamente illegittimo.

Prima dell’entrata in vigore del Trattato per l’abolizione delle armi nucleari nel 2021 non esisteva una esplicita proibizione a carattere universale circa l’impiego delle armi nucleari né una generale e consolidata consuetudine orientata alla loro illegalità.

Il Trattato costituisce un impegno politico inequivocabile per raggiungere ma soprattutto conservare un mondo libero dalle armi nucleari. Molte nazioni e organizzazioni, come il Movimento internazionale della Croce Rossa e Mezzaluna Rossa insieme alla Campagna ICAN si sono impegnate a collaborare per colmare il vuoto giuridico nell’attuale regime internazionale che disciplina le armi nucleari e il trattato rappresenta lo strumento per raggiungere l’obiettivo, fungendo da catalizzatore per la futura totale eliminazione delle armi nucleari. Il Trattato per l’abolizione delle armi nucleari (TPNW) rappresenta il
risultato finale del percorso delle organizzazioni internazionali e parte della società civile verso un mondo libero dalle armi nucleari ed è stato votato il 7 luglio con 122 favorevoli, 1 contrario (Paesi Bassi), e 1 astensione ufficiale (Singapore). Sessantanove nazioni non hanno votato, tra cui tutti gli Stati dotati di armi nucleari e tutti i membri della NATO tranne i Paesi Bassi. Il Trattato è stato negoziato considerando la devastazione che avrebbe colpito l’umanità intera da una guerra nucleare riconoscendo la necessità di fare ogni sforzo per scongiurare tale pericolo. Il TPNW vieta in maniera esplicita e assoluta l’uso e i test delle armi nucleari. L’abolizione delle armi nucleari è stata intesa in maniera globale, poiché è inoltre previsto il divieto di sviluppo, collaudo, produzione, stoccaggio, stazionamento, trasferimento, uso e minaccia d'uso di armi nucleari sancendo l’incompatibilità totale delle armi nucleari con il diritto internazionale.

Più nel dettaglio, il preambolo del Trattato spiega il motivo della sua adozione partendo dalle «conseguenze catastrofiche» provocate dall’arma atomica, dalla sofferenza degli hibakusha - le vittime sopravvissute ai bombardamenti del 1945 di Hiroshima e Nagasaki e le vittime dei test nucleari, dal ritmo lento del disarmo nucleare. Il trattato riconosce anche l‘importanza dell’educazione alla pace e al disarmo e di sensibilizzare sui rischi e le conseguenze delle armi nucleari per le generazioni attuali e future, impegnandosi a diffondere i principi e le norme in esso presenti. È inoltre il primo trattato internazionale a riconoscere le differenti conseguenze che l’uso delle armi nucleari produrrebbero nei confronti di categorie più sensibili come donne, bambine e popolazioni indigene, oltre al richiamo alla protezione dell’ambiente. Richiede poi alle parti di dichiarare se disponevano di armi nucleari proprie o sul proprio territorio, chiedendo l’eliminazione o la conversione delle relative strutture e di accettare le salvaguardie IAEA. Gli Stati parte, inoltre, si obbligano a prestare soccorso e assistenza alle vittime e a cooperare per facilitare l’attuazione del Trattato. Stabilisce anche le procedure generali per i negoziati con uno stato nucleare che diventa parte del trattato, compresi i termini e le modalità.

Lo scoppio di una bomba nucleare, sia in un contesto bellico oppure come semplice test, comporta la liberazione di una quantità immensa di energia meccanica, termica e radioattiva. La deflagrazione comporta allo stadio iniziare una grande “palla di fuoco” con temperature elevatissime che incenerisce ogni cosa, vivente o non, nel raggio di molti chilometri che variano a seconda della sua dimensione. L’esplosione violenta provoca una grande onda d’urto, devastando ulteriormente il sito dell’attacco, radendo indiscriminatamente al suolo ogni cosa. All’impatto iniziale smisurato corrisponde poi un repentino risucchio d’aria che viene innalzata nell’atmosfera che crea il cosiddetto fungo atomico.

Le conseguenze a breve, medio e lungo termine di un attacco o di un test nucleare non sono sostenibili da nessuno Stato né organizzazione, nemmeno in uno sforzo congiunto.

È oramai consolidato che l’esposizione all’ordigno comporta gravissime conseguenze. Alcune delle vittime di Hiroshima e Nagasaki morirono all’istante, ma molte altre perirono nel periodo seguente a seguito di gravi ustioni, ferite ed intossicazione da materiale radioattivo. I sopravvissuti invece, hanno patito per il resto della loro esistenza delle terribili conseguenze, sviluppando malattie come il cancro, leucemia e deformazioni, sopportando lo stigma sociale di essere stati esposti e quindi “contaminati”. È risaputo che l’impatto della contaminazione ha effetti peggiori sul corpo femminile poiché causa di infertilità, aborto, nascite premature e maggiore possibilità di sviluppare il cancro.

Inoltre, l’uso dell’arma atomica comporta conseguenze irreparabili anche per l’ambiente, le quali non rimarrebbero confinate esclusivamente nella zona colpita ma migrerebbero per aria o acqua corrente ad altre zone limitrofe. In caso di guerra nucleare con esplosione di più di un ordigno, i terreni affetti da contaminazione non sarebbero più coltivabili, così come le acque non sarebbero più fruibili. Le piogge tossiche di un’esplosione nucleare creerebbero una nube densa che ostacolerebbe i raggi solari ostacolando la produzione di cibo e altri beni indispensabili all’uomo.

Il Trattato di Non Proliferazione nucleare (TNP o Non-Proliferation Treaty) è stato per molto tempo il trattato internazionale principale sulle armi nucleari, approvato dall’Assemblea Generale ONU il 1° luglio 1968, entrato in vigore il 5 marzo 1970 al quale aderiscono 189 Stati. Esso si basa su tre capisaldi: (1) Disarmo: lo scopo ultimo del trattato è favorire la cessazione della corsa agli armamenti e il disarmo nucleare; (2) Non proliferazione: gli Stati in possesso di armamenti nucleari si impegnano a non trasferire o cedere armi atomiche, materiale fissile, tecnologia nucleare, né assistenza e supporto alla loro produzione a stati non nucleari. Questi ultimi, a loro volta, si impegnano, a non acquisire, produrre, sviluppare o favorire l’arma nucleare. In tal modo, si è determinata e stabilizzata la divisione tra ‘potenze nucleari’ e ‘stati non nucleari’. (3) Uso pacifico del nucleare: prevede il diritto per tutti gli stati di promuovere la ricerca e l’utilizzazione dell’energia atomica a scopi pacifici, promuovendo gli scambi e la collaborazione. All’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica spetta il controllo sull’uso del nucleare per scopi pacifici. Inizialmente previsto come un trattato con termine di scadenza, diventa permanente nel 1995, con Conferenza di revisione quinquennale. L’ultima Conferenza degli Stati parte si è svolta ad agosto 2022 e ha portato, come la precedente nel 2015, a nessun effettivo sviluppo verso il l’adempimento dell’obbligo di disarmo da parte delle potenze nucleari.

Il concetto di deterrenza definisce la situazione storico-politica creata dalle maggiori potenze nucleari, USA e l’allora Unione Sovietica, a partire dagli anni ’50. Consapevoli che a fronte di un attacco nucleare sarebbe corrisposta una analoga risposta nucleare della parte avversa con reciproca distruzione assicurata, gli equilibri mondiali si sono basati sulla mera decisione delle potenze nucleari di astenersi dal lanciare missili atomici. Questa dottrina suffragata da tutti gli Stati detentori dell’arma nucleare presuppone che l’allerta sia sempre alta. In questo stesso momento, migliaia di testate atomiche sono pronte ad essere lanciate, ma tutto ciò incontra il suo limite nella fallibilità umana. Il caso di un errore che scateni una guerra nucleare non è remoto e retorico poiché molti sono gli episodi nel corso dei decenni che avrebbero potuto portare a ciò. L’unica cosa che ha prevenuto un attacco nucleare finora è stata la volontà della singola persona chiamata a gestire la minaccia.

Sulla scia del TNP, sono stati conclusi una serie di trattati in diverse parti del globo, volti a limitare l’impiego dell’arma nucleare, arrivando alla cosiddetta ‘denuclearizzazione’. Il processo negoziale che ha portato all’adozione di questi trattati ha lo scopo di bandire le armi nucleari da una regione geografica. L’obiettivo finale è duplice: limitare il numero di stati nucleari, e al contempo ridurre l’estensione geografica del possibile impiego delle armi atomiche, creando delle vere e proprie aree del pianeta dove le testate nucleari sono bandite. Nel 1967 venne concluso il Trattato di Tlalelolco sul divieto di armi nucleari in Sud America, e seguendo questo modello, a seguire il Trattato di Rarotonga (1985) che istituisce una zona esente da armi nucleari nel Sud Pacifico; il Trattato di Bangkok (1995) per il Sudest asiatico e il Trattato di Pelindaba (1996) per la creazione di una zona denuclearizzata in Africa. Attualmente, lo Stato del Sud Africa è l’unico ad aver rinunciato all’arma atomica. Si ricorda inoltre il Trattato di Semipalatinsk o Zona libera da armi nucleari dell'Asia centrale (2009) e la Mongolia che con atto unilaterale, nel 2000 si è dichiarata stato appartenente a zona priva di armi nucleari. Queste convenzioni obbligano principalmente gli Stati membri a non acquisire e vietano l’installazione si armi nucleari sul territorio degli Stati aderenti. Un’altra tipologia di accordi è volta a stabilire la non-militarizzazione di determinate aree: tra essi il Trattato di Washington del 1959 che definisce l’Antartide ‘zona smilitarizzata’, e il Trattato sullo spazio extraatmosferico del 1967, che vieta di collocare in orbita ordigni nucleari. Da ricordare, tra i tentativi di arginare la corsa agli armamenti, soprattutto nucleari, il Trattato del 1963 sulla messa al bando parziale degli esperimenti nucleari, che li vieta nell’atmosfera, nello spazio extra atmosferico e negli spazi sottomarini, consentendo quindi solo gli esperimenti sotterranei. È del 1971 il Trattato sul divieto di collocamento di armi nucleari sui fondi marini e relativo sottosuolo. Nel 1996 venne firmato il Trattato sulla cessazione completa degli esperimenti nucleari, che purtroppo non è mai entrato in vigore per mancanza del numero minimo di ratifiche.

In un clima maggiormente disteso le due maggiori potenze nucleari, Stati Uniti e l’allora Unione Sovietica decidono di intervenire con una serie di accordi volti alla limitazione non solo del numero delle testate nucleari, ma a una riduzione più vasta e generalizzata dei loro arsenali. Si tratta di accordi estremamente particolareggiati, nei quali viene concordata una riduzione non solo del numero, ma anche del potenziale distruttivo e della tipologia delle armi, non solo nucleari, ma anche convenzionali. I primi accordi (SALT - Strategic Arms Limitation Talks) vengono siglati tra USA e URSS nel 1969-72 (Salt 1) e nel 1972-79 (SALT 2). Negli anni ’90 seguirono i più articolati accordi START (STrategic Arms Reduction Treaty), volti a limitare o diminuire gli arsenali di armi di distruzione di massa e armi nucleari. Lo START (START 1 1991 e START 2 del 1993) è stato il più vasto e complesso sistema di accordi in questo settore, e ha comportato l’eliminazione di circa l’80% delle armi nucleari esistenti. Ad essi hanno fatto seguito gli accordi SORT (Strategic Offensive Reduction Treaty) nel 2002, tra USA e Federazione Russa, e il NEW START del 2010, attualmente in vigore, ed unico accordo esistente tra le due potenze in questa materia.

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