Migranti, nuovi sbarchi tra Palermo e Messina. La terza parte del reportage realizzato dalla Croce Rossa Olandese sulle attività della CRI in Sicilia

accolgienza a messina
La CRI di Messina si prepara allo sbarco del 22 luglio Foto CRI Messina via FB

Ancora una giornata di sbarchi di migranti sulle nostre coste. Questa mattina al porto di Palermo sono arrivati i 370 salvati ieri al largo delle coste Libiche a bordo di una nave militare irlandese. Tra loro ci sono anche 15 minorenni accompagnati e 9 non accompagnati, e 75 donne, di cui tredici in stato di gravidanza. Sono originari di Nigeria, Ghana, Sudan, Eritrea, Liberia, Senegal, Bangladesh, Somalia, Marocco, Siria, Libia, Etiopia e Pakistan.E c’è stato spazio anche per un lieto evento. Nel tardo pomeriggio di ieri una migrante ha dato alla luce una bambina. L’imbarcazione ha dovuto gettare l’ancora di fronte all’isola di Marettimo, la più lontana delle Egadi, e chiedere l’assistenza della Guardia Costiera. Sulla nave sono giunti dall’isola i medici della guardia medica e un’ostetrica di Trapani, in vacanza. Un’operazione complessa ha poi consentito agli uomini della Guardia Costiera il trasferimento della mamma e della neonata all’ospedale “Sant’Antonio Abate” di Trapani. Dalle prime notizie le condizioni di entrambe sembrerebbero buone. La nave ha poi ripreso la navigazione per Palermo, dove è appunto giunta questa mattina.A bordo della nave “Diciotti” della Guardia Costiera sono arrivati nel pomeriggio a Messina altri 578 migranti, tra cui numerosi bimbi e donne incinte, e famiglie intere. Sono provenienti per la maggior parte dall’ Africa subsahariana, Senegal, Nigeria, Eritrea, Bangladesh, e ci sono anche alcune famiglie siriane. La Croce Rossa prosegue nella sua continua opera di assistenza e accoglienza ai porti con centinaia di volontari e operatori del Reparto Regionale di Sanità Pubblica, con ambulanze, tende a montaggio rapido, automezzi per il trasporto di persone e materiale. Oggi pubblichiamo la terza puntata del reportage sulle attività della CRI, realizzato dalla Croce Rossa Olandese e diffuso sul sito internet.“Grazie a Dio sono in Italia, grazie a Dio sono in Italia”Merlijn Stoffels è andato in Sicilia per raccogliere i racconti dei migranti via mare. All’approdo di un nuovo sbarco, incontra un nigeriano. A sentire il ragazzo, l’Europa non era affatto nei suoi piani.“La nave con i migranti arriva più tardi”, comunica con un SMS Laura Bastianetto, la collega della Croce Rossa Italiana. Avevamo deciso di andare insieme al porto alle 5 del mattino per aspettare con gli operatori della Croce Rossa la nave della Guardia Costiera italiana. Ma è in ritardo perché deve raccogliere altre imbarcazioni di migranti. Alla fine la nave arriva solo in tarda mattinata.Il cronista di EenVandaag, Kimo Demoed, decide di sfruttare la mattinata libera per intervistare il Vice Sindaco e il Presidente della Croce Rossa in Sicilia, Rosario Valastro. Entrambi confermano la drammatica necessità di maggiori aiuti e rimproverano all’Europa di lasciare soli i paesi dell’area mediterranea nell’offrire aiuti umanitari ai migranti. Valastro racconta che la popolazione locale ha fortemente contribuito negli scorsi anni con abbigliamento, lenzuola e altri beni per i migranti. Ma purtroppo la fonte si sta esaurendo. La gente non ha il denaro per continuare a farlo. E in più i numeri, secondo lui, diventano ora così grandi che l’operazione aiuti è ormai di portata incontrollabile per la Sicilia. Il Vice Sindaco sottolinea l’importanza del ruolo indipendente della Croce Rossa. Nel distribuire i beni di prima necessità, non si fa alcuna distinzione di colore della pelle, fede o provenienza. Grazie alla posizione neutrale dell’organizzazione umanitaria, i migranti  hanno il coraggio di parlare liberamente con i volontari della Croce Rossa. Senza che ciò abbia conseguenze sull’esito della loro richiesta di stato di rifugiato. Avere il coraggio di parlare è importante soprattutto per l’elaborazione di traumi psichici. All’improvviso dobbiamo affrettarci per essere in tempo al porto. La troupe fa una rapida ripresa del municipio, con in primo piano il simbolo della città siciliana, la Fontana dell’Elefante, una fontana con un obelisco e la scultura di un elefante che, colmo dell’ironia, dovrebbe proteggere la città dalle disgrazie del mare. Ai tavolini degli affollati bar intorno alla fontana, i turisti consumano caffè e dolci deliziosi. Potresti quasi sentirti in vacanza. Sembra irreale che tra un po’, a poche centinaia di metri di distanza, arriveranno i migranti. Nel porto i preparativi per l’attracco sono in pieno corso. Vengono montate tende dove medici e infermieri eseguiranno i controlli medici. Arrivano tre ambulanze per chi dovrà essere portato immediatamente in ospedale. Anche le donne incinte vengono mandate sempre in ospedale per controlli. Nel frattempo vengono scaricati i camion con i beni di prima necessità: acqua, cibo, calzini e scarpe. Nel team della Croce Rossa ci sono anche psicologi. E interpreti per i migranti che non parlano inglese. Ci sono volontari pronti ad assistere i migranti che vogliono far sapere ai loro familiari che sono ancora in vita o che cercano familiari con cui hanno perso i contatti. La Croce Rossa cercherà di rintracciarli attraverso organizzazioni omologhe nei paesi di provenienza. In lontananza vediamo arrivare la nave con a bordo circa 380 persone. Poco alla volta comincio a distinguere i loro volti. Lo spazio disponibile è poco, siedono tutti stipati sul pavimento e sul ponte di prua. Centinaia di persone, ognuno con la propria storia. I migranti guardano i giornalisti che scattano foto e fanno riprese. Mi sento a disagio. La tensione è ben visibile sui loro volti. La passerella viene abbassata ed eccoli mettere piede per la prima volta in Europa. Nella maggior parte dei casi piedi scalzi. Nessuno ha bagagli con sé. E probabilmente nessuno di loro ha idea di ciò che li aspetta. I controlli medici sono importanti per i migranti, ma anche per evitare che malattie arrivino in Europa. I malati vengono accolti per primi e portati via su barelle o sedie a rotelle. Dolore e disperazione segnano i loro volti. Seguono quindi i minori non accompagnati, una decina questa volta. Tocca poi ai genitori con bambini piccoli e agli anziani. Infine il resto. E questa volta sono davvero tanti giovani uomini. A tutti viene misurata la temperatura. Disinfettate le mani. Quindi vengono distribuiti acqua e calzini. Qui e là spunta qualche sorriso di felicità. Tutto cambia quando arrivano le scarpe. Le Adidas vengono subito messe ai piedi. Un ragazzino inizia a saltare di gioia sulle sue scarpe nuove. Il pasto viene fagocitato. Ovvio, la maggior parte di loro non mangia da giorni. Gli operatori della Croce Rossa cercano di chiacchierare un po’ con tutti, per farli sentire benvenuti. Li vedo giocare con i bambini. Commovente. A una delle transenne è appoggiato un ragazzo. Ha lo sguardo triste. “Grazie a Dio sono in Italia, grazie a Dio sono in Italia”, continua a ripetere. Il 22enne nigeriano aveva paura che non sarebbe sopravvissuto ai pericoli della traversata. Non poteva più rimanere in Nigeria per via del conflitto. Racconta della crudeltà del viaggio per la Libia, dove voleva trasferirsi. L’Europa non era affatto nei suoi piani. Ma quando suo fratello è stato assassinato davanti ai suoi occhi, solo perché aveva chiesto di essere pagato per il lavoro svolto, non gli è rimasto altro che fuggire. “La gente viene uccisa come bestie”, sospira amaramente. Poco prima della sua partenza ha scoperto che anche sua sorella e suo fratello minore, rimasti in Nigeria, sono stati uccisi. Una lacrima gli solca il viso. La pulisce rapido con un fazzoletto.  Guardo la mia collega Wendy della Croce Rossa che sta riprendendo un video. Dal suo volto capisco che il racconto l’ha molto colpita. Anche per me è troppo. Poggio una mano incoraggiante sulle spalle del ragazzo. Avrei voluto dargli del denaro o altro, ma è contro le regole della Croce Rossa. Il ragazzo si allontana sulle sue sneakers nuove e si siede per terra. Si guarda intorno incerto. Così, tutto solo, trasmette un’enorme fragilità. Rigido e contratto attende che venga pronunciato il suo nome. Quando accade, salta in piedi. E per la prima volta lo vedo sorridere. Corre verso il pullman che lo porterà al centro di accoglienza. Come finirà con lui, non lo saprò mai. Spero che nel resto della vita avrà più fortuna, ma mi rendo conto che ha ancora tanta strada da fare”.

  

  

          

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