Salamat: è salvo. Messaggi in tutto il mondo per affermare il diritto di sapere
Migranti, il servizio Restoring Family Links a Taranto per informare le famiglie che i loro cari sono vivi
di Laura Bastianetto con la collaborazione di Diana Virgilio“È vivo e sta bene”. Un messaggio secco, a volte inaspettato, di sicuro accolto con gioia e felicità. È quel che in gergo si chiama Salamat, parola farsi che significa “salute”, e servizio di cui sono portatori Società Nazionali di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa e Comitato Internazionale di Croce Rossa (CICR) quando comunicano alle famiglie in 190 paesi del mondo che il loro caro è vivo. Ne sono partiti a centinaia di questi messaggi da fine maggio da ogni paese, dopo i recenti sbarchi e in particolare a seguito dei tre naufragi avvenuti al largo delle coste libiche, per comunicare a zii, fratelli, padri e madri che il loro parente era arrivato in Italia. Si tratta di un servizio, previsto dai singoli uffici RFL (Restoring Family Links) delle Società Nazionali, nel caso in cui la persona partita non riesca a mettersi in contatto con le proprie famiglie. È accaduto, in particolare, nelle ultime settimane quando migliaia di migranti, anche i sopravvissuti ai naufragi, sono stati soccorsi in mare e portati all’hotspot di Taranto.
Alcuni dei messaggi giunti all’ufficio RFL
La Croce Rossa Italiana ha così mediato, raccogliendo centinaia di indirizzi e numeri di telefono per poterli trasmettere al CICR e alle Società Nazionali di ogni paese nel mondo, e recapitando quelle uniche due potenti parole “sono salvo”. Dall’Eritrea al Sudan, dalla Somalia all’Olanda, da Israele all’Arabia Saudita hanno viaggiato messaggi, hanno squillato telefoni con il risultato di provocare vere e proprie narrazioni di storie e lacrime di felicità. All’ufficio RFL di Roma infatti non sono arrivati semplici messaggi di recapito, ma storie umane che raccontano la complessità della migrazione. “Ci ha detto che suo figlio ha 17 anni-scrivono da una delegazione CICR- ed è partito dall’Eritrea 8 mesi fa. Prima in Etiopia, poi in Sudan e in Libia fino a perderne le tracce un mese fa”.
“H., 22 anni, è partito 14 mesi fa da solo. Lo zio ha ricevuto una sua chiamata dal Sudan solo 2 mesi fa. La sua famiglia è molto povera e ora ha anche perso il padre, morto in guerra”. “Ha 21 anni. In Sudan è stato catturato dai trafficanti che hanno chiesto un riscatto alla sua famiglia per liberarlo. Poi è arrivato in Libia”. “Il fratello aveva ricevuto una chiamata su Viber dal Sudafrica che gli comunicava l’arrivo in Italia del familiare, ma lui non si era fidato. Aveva pensato alla rete di trafficanti fino al messaggio della Croce Rossa e a quella fiducia riposta in un emblema”. Decine e decine di famiglie, convinte di aver perso i propri cari durante i naufragi “abbiamo sentito che erano morte tante persone” o ignare che il loro parente fosse partito dalla Libia “non lo sento da 4 mesi, non sapevo neanche che si fosse imbarcato” hanno pianto, urlato di gioia e ringraziato quelle divise con la Croce Rossa o con la Mezzaluna Rossa per aver concesso loro il diritto di sapere.