Diario da Cox’s Bazar: “L’ultimo giorno”
È dunque arrivato l’ultimo giorno. Inevitabilmente tutto giunge alla fine. Ho un turbinio di sensazioni contrastanti nel mio cuore e nella mia mente. La gioia di aver fatto qualcosa per questa povera gente cerca di soffocare il dispiacere di doverli lasciare. Ma non ci riesce.Sono volate in un attimo queste sei settimane. Hakimpara, Mainerghona, Kutupalong, Burma Parha, Balukhali: nomi che ho fatto fatica a memorizzare e che ora per me rappresentano capanne di rifugiati fra sentieri di terra battuta, precari ponti di bambù per superare fiumiciattoli inquinati tra le colline deforestate di questa poverissima regione, odori, suoni, il calore del sole.Quante persone ho incontrato e con quante sono entrato in stretto contatto. Un flusso continuo di emozioni e di sensazioni profonde.Ho nel mio animo un grande senso di vuoto, di sgomento. Relazionarmi a loro come essere umano mi ha arricchito, mi ha fatto capire altre cose che aggiungerò al mio bagaglio interiore al quale attingerò nel momento del bisogno.
Essere un medico della Croce Rossa è una grande responsabilità. Non si può scindere l’essere umano dal medico; le due anime devono lavorare insieme per poter dare, alle persone che hanno bisogno, conforto, solidarietà e professionalità. Patire insieme a loro è l’unico modo per alleviare la loro pena fisica ed interiore.Che cosa rimane nel mio cuore? Lo sguardo riconoscente dei malati, la gioia ridente dei bambini, il dono di un frutto, l’abbraccio delle persone più semplici. Un grande calore che mi avvolge e che porterò sempre con me.Dott. Maurizio Muglia, team della Croce Rossa Italiana a Cox’s Bazar