“In guerra non tutto è permesso. Per questo, davanti alle atrocità e alla violenza dei conflitti in corso, che non risparmiano popolazione civile, operatori umanitari e personale sanitario, è necessario ribadire con forza che l’uso di armi che provocano conseguenze umanitarie devastanti non deve essere consentito”. Lo ha ribadito Rosario Valastro, Presidente Nazionale della Croce Rossa Italiana, oggi, 4 aprile, in occasione della Giornata internazionale per l’azione contro le mine e gli ordigni bellici inesplosi. “L’impiego di mine ha un impatto a lungo termine sulle comunità e provoca conseguenze umanitarie devastanti, i cui effetti si protraggono ben oltre i conflitti. Per questa ragione, la CRI e tutto il Movimento internazionale di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa continueranno ad impegnarsi per un mondo libero da queste armi”.
Si tratta di ordigni che contaminano vaste aree, rendendo rischiosa qualsiasi attività quotidiana come giocare, camminare o coltivare: oltre l’80% delle vittime da esse provocate, infatti, sono civili. Coloro che sopravvivono alle esplosioni subiscono lesioni e traumi che segnano per la vita: in tutto il mondo, si stima che circa 1,5 milioni di persone vivano con disabilità causate da mine e ordigni bellici inesplosi, incontrando ostacoli nell’accesso ai servizi essenziali (Landmine Monitor Report 2024).
Ventisei anni fa entrò in vigore la Convenzione sulla messa al bando delle mine antipersona, nota anche come Trattato di Ottawa, documento attraverso il quale gli Stati firmatari si impegnarono ad eliminare le mine antipersona, bonificare i terreni contaminati e assistere le vittime. Questo Trattato, ratificato ad oggi da 165 Paesi, è stato più volte riconosciuto dalla Comunità internazionale come un successo in ambito di disarmo umanitario: infatti, la sua entrata in vigore ha contribuito a ridurre drasticamente il numero di persone uccise o ferite da queste armi.
Nonostante ciò, nelle ultime settimane alcuni Stati hanno espresso la volontà di ritirarsi dal Trattato, definendo “accettabile” e “necessario” l’impiego delle mine antipersona. L’intero Movimento Internazionale di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa, impegnato in prima linea nelle attività di prevenzione e risposta alla sofferenza umana causata dall’utilizzo di questi ordigni, è profondamente preoccupato da questa presa di posizione. Ritirarsi dal Trattato rappresenta infatti un pericoloso passo indietro, che indebolisce lo stigma globale contro le mine antipersona, mettendo così a repentaglio decenni di progressi nell’ambito del Diritto Internazionale Umanitario (DIU).
Nell’ambito del progetto “Demining Ukraine: Rafforzamento della consapevolezza della comunità sulla prevenzione dei rischi da mine e assistenza alle vittime”, finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, la Croce Rossa Italiana ha promosso nel 2024 numerose attività a sostegno della Croce Rossa Ucraina. Tra queste, un workshop e un training rivolto agli Emergency Response Team della Consorella, durante i quali, insieme agli esperti del Magen David Adom, sono stati rafforzati le capacità operative nella gestione di incidenti maggiori e nel trattamento delle lesioni da esplosione. Il mese prossimo la CRI avvierà un corso di alta specializzazione sul Non-Technical Survey, attività cruciale per identificare e mappare in sicurezza le aree contaminate da mine e residuati bellici, primo passo per la protezione della popolazione civile. Con questo progetto, inoltre, la Croce Rossa Ucraina sta sviluppando importanti campagne di informazione e sensibilizzazione alla popolazione raggiungendo oltre 30.000 persone, fondamentali per aumentare la consapevolezza dei rischi e promuovere l’adozione di comportamenti sicuri nelle aree a rischio.