“Resta a casa”, “Lavati spesso le mani”, “lavora o studia da casa online”, queste indicazioni dall’inizio della pandemia di coronavirus ad oggi sono ormai divenuti ritornelli costanti del nostro vivere quotidiano, influenzando e cambiando stili di vita e abitudini, non solo degli italiani ma di gran parte della popolazione mondiale.

Spesso si crede che queste stesse indicazioni siano generalmente facili da rispettare, ma ci sono persone che non possono rimanere a casa perché non hanno una casa; non possono lavarsi le mani perché non hanno accesso ai servizi igienici e all’acqua potabile; o infine, non possono lavorare in smartworking o frequentare lezioni scolastiche online perché non hanno un lavoro regolare o non hanno una rete internet nelle proprie abitazioni. 

Non bisogna andare troppo lontano per averne conferma. Infatti, sia Italia che in tutto il resto del continente europeo, ci sono ancora decine di migliaia di comunità rom che, in seguito all’emergenza coronavirus, hanno visto ulteriormente peggiorare le proprie condizioni di vita, già estremamente difficili e precarie. 

Le obbligatorie e necessarie misure per tutelare la salute pubblica, volte a distanziarci, a restringere la libertà di movimento personale e a ridurre la gran parte dei servizi socio-educativi hanno però avuto anche l’effetto di approfondire ancora di più le diseguaglianze economiche e le diverse forme di discriminazione sociale che affliggono le comunità più deboli, come appunto quella dei rom.

I rom come anche altre comunità emarginate e vulnerabili, sono uno dei gruppi di popolazione maggiormente destinatari delle azioni di assistenza umanitaria della Croce Rossa Italiana e del Movimento Internazionale di Croce Rossa e Mezza Luna Rossa durante questa pandemia in tutto il mondo.

In particolare per i rom, la CRI supporta in Montenegro la propria consorella da diversi anni nell’implementazione di programmi volti a promuovere l’inclusione sociale di tale comunità e questa forma di assistenza non è venuta meno, ma anzi, si è rafforzata durante proprio questo periodo di emergenza. Grazie anche al supporto della CRI in tutto il paese i volontari della Croce Rossa del Montenegro stanno continuando senza sosta nella distribuzione beni di prima necessità a tutte le famiglie rom costrette alla quarantena o all’isolamento, sensibilizzando, allo stesso tempo, le medesime comunità sull’importanza della prevenzione e della cura dell’igiene personale per evitare il contagio e la diffusione dell’infezione.

Un caso esemplare di partecipazione attiva della comunità nella risposta covid-19 e di integrazione sociale dei rom è la storia di Nardi Ahmetović, un cittadino di 21 anni di origini rom, volontario ormai da diversi anni della Croce Rossa del Montenegro che in questi giorni è impegnato giornalmente sul campo nell’azione di risposta a Covid-19 per fornire aiuti alla sua comunità e a tutta la popolazione montenegrina bisognosa. 

Nardi si è trasferito in Montenegro dall’Italia all’età di sette anni in condizioni difficili e privo di documenti personali. Grazie ai programmi della Croce Rossa del Montenegro, Nardi ha avuto accesso alle prime visite sanitarie e ha incominciato il suo percorso di integrazione nel paese, imparando la lingua e iscrivendosi agli studi, ma soprattutto si è appassionato al mondo Croce Rossa diventandone uno dei volontari più dediti, come egli stesso dice nella sua intervista rilasciata al giornale montenegrino Vijesti : “Mi sono innamorato di questa divisa rossa, la Croce Rossa è diventata la mia seconda casa e i volontari sono diventati la mia famiglia“.

Nardi rappresenta uno dei tantissimi rom in tutta Europa che grazie anche ai programmi della cooperazione internazionale hanno trovato nuove opportunità di emancipazione dimostrando come si possono sconfiggere le discriminazioni e come noi cittadini siamo attori protagonisti nel processo di promozione d’integrazione sociale tra comunità ed etnie diverse. Guardando quindi al sorriso di Nardi ci piace riportare di seguito le sue parole che richiamano alla fratellanza e all’umanità: “Non mi piace quando dicono che faccio il volontariato e lavoro per i rom. No, io aiuto tutti. Il Montenegro è il paese che appartiene a tutti noi, non ci dovrebbe essere alcuna divisione tra noi e loro. È attraverso le mie azioni che sto cercando di aiutare e di abbattere i pregiudizi esistenti sui rom“.

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