Francesco Rocca: ecco perché la Croce Rossa è sotto attacco
La Croce Rossa è sotto attacco. Da alcuni mesi su diversi organi di informazione, da piccolissimi blog ad altre testate, appaiono articoli contenenti le medesime notizie, già doviziosamente smentite, o ricostruzioni basate su interpretazioni soggettive totalmente non corroborate da fatti, e per questo anche più difficili da controbattere: non si può rispondere qualcosa al nulla.
Le fonti degli attacchi sono rintracciabili e sono sempre le stesse: quei gruppi o individui che hanno perso delle proficue rendite di posizione e di potere a causa della riforma voluta dal governo nel 2012, e dal gennaio del 2016 concretamente attuata.
In virtù di questa riforma, la Croce Rossa Italiana, che alcuni accusavano di essere diventata “null’altro che un carrozzone pubblico”, è stata trasformata in una Associazione di diritto privato di pubblica utilità, i cui “proprietari” sono gli stessi soci e volontari i quali, democraticamente e in assoluta trasparenza, scelgono ed eleggono i propri rappresentanti e amministratori, come in qualunque altra associazione. Sono così cessate le nomine dall’alto e le cooptazioni, che avevano rischiato di fare di una nobile istituzione come la Croce Rossa un ennesimo carrierificio pubblico destinato ad una irreversibile distruzione.
A due anni di distanza dall’avvio della “rifondazione”, gli effetti benefici sono documentabili e visibili in campo contabile: i costi della “nuova” Croce Rossa si sono certificatamente ridotti di due terzi rispetto ai costi consolidati delle gestioni precedenti. Sono stati tagliati immensi sprechi, riducendo i centri di spesa decentrati dove affluivano e venivano inghiottiti fondi, è stato rivisto l’organico nell’ottica di una migliore razionalizzazione e efficienza dell’impiego delle risorse, sono stati rimodulati accordi, convenzioni e contratti ottenendo minori spese e migliori risultati.
La Croce Rossa italiana, da decenni oggetto di commissariamenti seriali per incapacità gestionale, ha oggi realizzato l’Indipendenza, richiamata come una conditio sine qua non nei sette principi fondamentali sanciti dalla sua Conferenza Internazionale del 1965, indipendenza di cui non aveva mai goduto essendo legata al settore pubblico.
Anche nella vita associativa e nell’erogazione dei servizi ausiliari e di assistenza il miglioramento è evidente testimoniato dalle cifre, con un numero crescente di soci e volontari, migliori standard qualitativi e maggiori interventi. Oggi, il mondo di Croce Rossa coinvolge tra soci e dipendenti oltre 160000 persone, per la stragrande maggioranza volontari che dedicano la propria vita al sostegno delle persone più vulnerabili, in ogni settore e in ogni contesto, all’Italia e all’estero.
Perché, allora, questi attacchi e perché si sono intensificati e concentrati proprio ora? Cosa hanno da dire i detrattori attraverso i loro attacchi pilotati sulla stampa?
Penso sia arrivato il momento di mettere nero su bianco una serie di punti per spiegare bene i motivi che sono dietro a questo continuo fuoco, strumentale e basato su notizie false e senza alcun riscontro.
Per prima cosa, però, vorrei raccontarvi una storia.
C’è un video, che gira sui social media negli ultimi tempi, che mostra l’uso illegittimo dell’emblema del Comitato Internazionale di Croce Rossa (ICRC) su alcune casse che contengono denaro. I nostri colleghi dell’ICRC a Ginevra si sono trovati a rispondere più e più volte a un assurdo e immotivato attacco, chiarendo di non avere nulla a che fare con quei soldi e condannando duramente l’uso improprio del nome e dell’emblema. “Il video – si legge nella nota dell’ICRC – alimenta false teorie di cospirazione, come il riciclaggio di denaro sporco, che danneggiano la reputazione che l’organizzazione ha costruito assistendo le persone colpite dalla guerra negli ultimi 155 anni”. Caso risolto? Certo. Peccato che qualcuno strumentalmente riesce a riutilizzarlo, condendolo di volta in volta con particolari da film di fantascienza. È questo il caso dell’ultimo pezzo uscito su Panorama dal titolo “quelle casse pieni di soldi”. L’autore dell’articolo riesce a mettere in piedi una teoria fantasiosa, raccontata ovviamente da una fonte anonima. La teoria racconterebbe di fantomatici contingenti italiani a Tripoli nel 2011, di casse usate dal Corpo Militare della Croce Rossa Italiana “identiche a queste”, ovvero quelle del video in questione, di un improvvisato cine-operatore guarda caso italiano e ovviamente del tesoro nascosto di Gheddafi e di chissà cos’altro.
Ci dispiace far presente che il Corpo Militare della CRI non è mai stato a Tripoli o in Libia nel 2011, che il video gira da tempo con mille teorie complottistiche diverse (dalla Libia alla Siria, passando per la Nigeria e la Palestina) e ovviamente in tanti se ne sono attribuiti la paternità. La verità è che la Croce Rossa non c’entra nulla con tutto questo e che si tratta solo di un episodio preoccupante di abuso dell’emblema che rischia di mettere in pericolo la vita e le attività delle donne e degli uomini della Croce Rossa in tutto il mondo. Il video è arrivato in Italia con anni di ritardo e con l’ennesima storiella fantasiosa: tentativo di mettere in piedi un complotto che non esiste. Tentativo che si sbugiarda a tempi record. Tentativo fuori tempo massimo. Dov’erano la famosa fonte anonima e il giornalista anni fa quando altri gruppi e complottisti vari si prendevano la paternità del video? Cerchiamo di essere seri, per favore.
E ora veniamo ai tanti motivi per cui c’è qualcuno che continua ad attaccarci: non per amore nei confronti della Croce Rossa, ma solo per aver perso rendite di posizione. Ora capirete chi e perché.
La riforma
La riforma della Croce Rossa Italiana è stato un avvenimento storico. Storico perché, dopo decenni di dibattiti, la Croce Rossa Italiana è finalmente tornata nelle mani dei volontari, come succede in ogni angolo del mondo. La famosa “privatizzazione” non è nient’altro se non l’abbandono della veste di ente pubblico e la trasformazione in un’organizzazione a tutti gli effetti governata dai propri membri. I volontari dell’allora CRI pubblica, che tanto ha fatto per il popolo italiano, sono stati vittime di una politica che non ha perso un’occasione per entrare a gamba tesa e usarla per i propri scopi, prima fra tutti le assunzioni senza concorso nell’allora Corpo Militare. Grazie alla riforma il volontariato è ritornato padrone a casa propria, potendo finalmente scrivere lo statuto della Croce Rossa, eleggere a ogni livello i propri rappresentanti, scegliere le priorità nelle assemblee territoriali. Grazie alla riforma, le attività sono aumentate in maniera esponenziale insieme al numero dei volontari: è sotto gli occhi di tutti il grande, immenso lavoro portato avanti nel sociale, tanto per fare un esempio, ma senza mai trascurare le emergenze, per le quali continuiamo ad essere un pilastro essenziale del Dipartimento Nazionale di Protezione Civile. La riforma, che certo come ogni cosa ha margini di miglioramento, ha portato allo Stato italiano un immenso risparmio, senza però modificare la presenza e la capacità di rispondere alle emergenze nazionali e internazionali, come abbiamo visto dai terremoti in Centro Italia, alle continue emergenze per il maltempo fino all’ultima missione in Indonesia. Prima la CRI costava 210 milioni di euro allo stato all’anno, oggi ne costa 60. Ed in mezzo ci sono coloro i quali non possono più usare la CRI per fare i comodi propri. Per inciso, la riforma è stata seguita e approvata dal Comitato Internazionale della Croce Rossa e dalla Federazione Internazionale di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa: la riforma di Cri è oggetto di interesse e di studio a livello globale.
I dipendenti
La CRI pubblica aveva più di 4700 dipendenti, dei quali quasi 2000 precari. Da questo numero ben si capisce il motivo di un contributo statale che praticamente andava quasi completamente utilizzato per gli stipendi. Una sorta di grande Ministero. Ma la domanda vera era: i volontari e soprattutto le persone più vulnerabili avevano bisogno di tutti questi dipendenti? La risposta è no: in realtà molti di questi dipendenti erano diligentemente impegnati in attività di carattere burocratico connesse alla natura pubblica della CRI. Ed è bene sottolineare che gli ex-dipendenti CRI non hanno perso il proprio posto di lavoro e sono ora in altri enti pubblici. Molti di loro erano persone serissime ed in alcuni casi abbiamo perso alcune professionalità, ma non si poteva fare altrimenti. Anche se vale la pena ricordare che per coloro che avessero voluto transitare nei ruoli della Croce Rossa Italiana post-riforma la legge prevedeva il paracadute stipendiale e la garanzia del mantenimento del posto di lavoro, ma solo in pochissimi hanno esercitato questa facoltà.
Vale la pena ricordare poi che al momento del mio insediamento come Commissario Straordinario, per circa 10 anni non erano mai stati attivati licenziamenti disciplinari e così, quando insieme alla Direttrice Generale abbiamo cominciato a licenziare per assenteismo, corruzione e abuso d’ufficio, furto, doppi incarichi non retribuiti eccetera eccetera, sicuramente la tensione ha cominciato a crescere ed oggi qualcuno di questi soggetti ce lo ritroviamo sotto falso nome tra le chat su internet che quotidianamente insultano e infangano il sottoscritto e la Croce Rossa.
Abbiamo dovuto poi procedere per molti dipendenti a recuperi e correzioni stipendiali per indennità, fondi o promozioni illegittime come richiesto dalla ragioneria generale dello stato in molti casi vincendo le relative cause ed in alcune perdendole e dunque in un clima di crescente tensione. Abbiamo poi dovuto procedere a segnalazioni alla Corte dei Conti per danni erariali anche importanti che hanno portato alla condanna di ex dirigenti e di un ex commissario della Croce Rossa per una palese “scarsa diligenza, superficialità, contraddittorietà, trascuratezza” (il riferimento è ad una gara di appalto costata milioni per un servizio di cui la CRI non aveva bisogno nei termini in cui era stato affidato e gestito) ed anche alcuni di costoro oggi, nonostante i gravi danni causati sono in prima linea a gettar veleno ed a ricordare i “bei tempi” andati.
I dipendenti militari e il Corpo Militare
I dipendenti del corpo militare erano 1300. Badate bene, stiamo parlando di un numero enorme di dipendenti per un corpo che dovrebbe essere composto da militari e che si dovrebbe occupare di ausiliarietà alla sanità militare. Sapete quanti sanitari dipendenti c’erano tra i 1300? Meno di 10. Il resto erano logisti ed impiegati. In tanti urlano allo scandalo perché ora questi 1300 sono nei ministeri o nei tribunali, ma da impiegati pubblici non hanno perso lo stipendio e sono solamente stati passati ad altri enti. Se di scandalo dobbiamo parlare, dovremmo invece tornare a come sono state fatte le loro assunzioni (senza concorso per poi stabilizzare a sanatoria) e come sono stati approvati gli scatti di carriera: in mezzo a quei dipendenti c’erano colonnelli senza la laurea e alcuni ufficiali con promozioni dubbie che neanche il ministero della Difesa ha voluto. Perché non viene raccontato che oggi il Corpo Militare Volontario attraverso le sue migliaia di volontari è vivo e vegeto, organizza molte più attività e finalmente i volontari hanno un ruolo predominante? In realtà i Militari dipendenti addetti alle emergenze o alle attività a fianco delle Forze Armate erano poco meno di 400 il resto era addetto agli uffici civili o a guidare le ambulanze del 118 convenzionate con la CRI. Quei 400 avremmo anche voluto tenerli poiché molti preparati ad affrontare emergenze di ogni tipo ma la legge di riforma non ce lo ha consentito. Ed anche alcuni dei 1300 ovviamente sono in prima linea a soffiar forte la loro frustrazione per il trasferimento subìto animando le piccole chat o le pagine Facebook dove è possibile insultare la Croce Rossa.
I bilanci della CRI pubblica
Quando sono arrivato in CRI alla fine del 2008 come Commissario straordinario, la situazione dei bilanci era fuori controllo. Parliamo di bilanci che da anni non venivano chiusi e presentati da 4 anni. Parliamo di buchi neri che piano piano abbiamo colmato. Parliamo di comitati territoriali con bilanci in perenne rosso e che non se ne preoccupavano perché tanto c’era lo stato a ripianarli. Parliamo di convenzioni a perdere. Parliamo di un mostro chiamato SISE che ha distrutto il volontariato in Sicilia, portando malaffare, comissioni d’inchiesta ed immensi buchi di bilancio. Oggi la Croce Rossa in mano ai volontari è in ottima salute e i bilanci lo testimoniano. Anche in Sicilia, grazie ai nostri Giovani, siamo riusciti a recuperare il terreno perso. Non sono invece in buona salute tutte quelle zone grigie tanto usate nel passato per fare il bello e il cattivo tempo con i soldi dell’organizzazione.
Le componenti
Prima della riforma, il panorama interno della Croce Rossa Italiana parlava di troppe linee di comando separate e tenute ben distanti: sto parlando ovviamente delle componenti. Per non parlare dei giovani che venivano guidati da una persona che giovane non era più da decenni e che non sarebbe stata neanche eleggibile, seguendo le norme della Croce Rossa a livello internazionale. Abbiamo messo fine anche a questo mondo, fatto di capi e capetti e di troppe rendite di posizione. Oggi c’è un’unica Croce Rossa Italiana, con un’unica catena di comando ovvero i Consigli Direttivi a tutti i livelli, organizzata in “aree” ovvero attività e con i Giovani CRI che eleggono direttamente i propri rappresentanti che siedono di diritto nei consigli direttivi di ogni livello territoriale. Anche in questo caso c’è qualcuno che ha perso qualcosa.
Le Infermiere Volontarie
Lo voglio dire chiaramente una volta per tutte, visto che c’è qualcuno che continuamente vuole far pensare che io sia contro le Crocerossine. Il Corpo delle Infermiere Volontarie è parte attiva e fondamentale del passato, del presente e del futuro della Croce Rossa Italiana. Le nostre Sorelle sono un’eccellenza a cui tutti gli italiani guardano con rispetto e amore. Le nostre Sorelle ci rendono orgogliosi durante le loro attività in Italia e all’estero. Le nostre Sorelle sono sempre pronte ad aiutare chi ha bisogno, come hanno fatto anche in missioni difficili. Anche qui, c’è qualcuno che vuole mantenere rendite di posizione e attacco il sottoscritto in ogni modo possibile e immaginabile. Io da sempre voglio rilanciare il Corpo delle Infermiere Volontarie, renderlo un’eccellenza, farlo stare al passo con i tempi. Il vertice invece rema in direzione contraria e di certo non fa il bene delle Crocerossine. Il livello più alto (o forse più basso) della polemica lo si è raggiunto nelle ultime settimane, che coincidono con l’innalzamento della temperatura ed intensità mediatica, in cui si sta decidendo il nome del nuovo vertice del Corpo. Anche in questo caso, quindi, le polemiche sono strumentali per proteggere una persona e non tutte le Crocerossine. Speriamo che con la nuova Ispettrice nazionale si possano riannodare i fili e iniziare finalmente un sereno dialogo per il rilancio del Corpo e da troppo tempo dedicato a spendere le sue risorse finanziarie in esibizioni e parate anziché in formazione e tecnologie per migliorare il Corpo e renderlo sempre più moderno ed efficiente. Forse sono stato imprudente, ma qualcuno mi aveva “avvisato” che facendo una terna non gradita la cosa sarebbe potuta finire sui media, ma la mia dignità non è in vendita e non è un giro di giostra o in elicottero a farmi cambiare idea.
La mia storia personale
Ho tenuto come ultima parte la mia storia personale, perché credo fermamente che difendere l’onore e il buon nome della Croce Rossa Italiana sia ancora più importante del difendere me stesso. Qualcuno cerca di attaccarmi tirando fuori un fatto di oltre trent’anni fa. È vero, ho sbagliato e ho pagato per i miei errori ma ho anche cercato di vivere una vita nel segno del riscatto, del sacrificio, dell’aiuto a chi ha bisogno. Come avvocato ho vissuto sei anni sotto scorta perché minacciato da Cosa Nostra a causa della mia attività. Come amministratore di aziende pubbliche o private anche di enormi dimensioni ho sempre e solo lasciato buoni risultati gestionali. Il mio percorso nel volontariato, partito nel 1988, è parte di questa storia che alcuni, a livello nazionale e internazionale, addirittura considerano di “successo”. Proprio chi sta in Croce Rossa e ne condivide i Principi fondamentali lo comprende ancora meglio. Sono convinto che quello che sono oggi lo devo anche agli errori che ho fatto nel passato. Qualcuno, in maniera ovviamente anonima come solo i piccoli uomini sanno fare, ha mandato una lettera a tutte le Consorelle pensando di distruggere cosi’ il sostegno che ho a livello globale. È andata esattamente in maniera opposta e un anno fa sono stato eletto della Federazione Internazionale: né il dossieraggio né le lettere anonime sono riuscite a farmi cadere. Per tentare di offendermi ed umiliarmi devono tornare indietro di 33 anni, ma io che non sono figlio d’arte, non porto tre cognomi, non sono azionista di maggioranza di una compagnia capace di influenzare politica, media ed economia e comprare pubblicità sui quotidiani, non assumo ex generali come maggiordomi, e non vado a pranzo, cena o colazione con Ministri, ex ministri o Consiglieri di Stato, ho fatto della mia dignità, del mio rigore morale una scelta irreversibile di vita che unita ad un carattere a volte non facile mi hanno magari reso inviso a qualcuno, ma sempre leale collaboratore e servitore delle istituzioni che ho servito, da qui forse anche la superficialità con cui alcuni a volte mi pongono politicamente a destra ed altre a sinistra. Di sicuro, e di questo vado fiero, una voce indomita a favore degli ultimi della terra ormai riconosciuta in tutto il mondo di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa.
Francesco Rocca, Presidente della Croce Rossa Italiana