La violenza contro le donne rappresentata in una casa di bambole. A Villa Maraini il secondo premio dell’Esposizione “100 presepi” di Roma
La fondazione Villa Maraini, sempre impegnata nel realizzare presepi su problemi che affliggono l’umanità, quest’anno ha proposto il doloroso tema del femminicidio, ponendo al centro la donna, succube di un amore deviato, di una violenza spacciata per amore […].
Con questa motivazione, ieri nella splendida cornice delle sale del Bramante a Roma, è stato assegnato alla Fondazione Villa Maraini il 2°premio dell’Esposizione Internazionale dei “100 presepi”. Lo hanno ritirato gli autori Francesco (40 anni) da 23 mesi in percorso terapeutico presso la Comunità semiresidenziale di Villa Maraini, Filippo (25 anni) in terapia da 15 mesi e Riccardo (30 anni) entrato in percorso 9 mesi fa. Al centro del loro presepe il tema della violenza contro le donne, rappresentato da una casa di bambole. In gara oltre 150 opere provenienti da 41 paesi esteri e da tutte le regioni italiane. Una vetrina di arte presepiale internazionale, quella dei “100 presepi”, cui Villa Maraini partecipa sin dagli anni ’90, proponendo sempre opere su temi socialmente rilevanti. È dello scorso anno il presepe ambientato in un carcere che si è aggiudicato il primo premio, mentre è del 2015 l’opera che rappresentava un barcone di persone migranti in balia delle onde del Mediterraneo.Sembrava un azzardo catapultare il tema della morte in un contesto come quello del presepe, che ci parla della più ‘celebre’ delle nascite ma la giuria, formata da Cinzia Terlizzi (giornalista di Rai2 Tg2 Cultura), Sara Manasse (Preside Istituto Scolastico), Monica Miceli (grafica pubblicitaria) e Mara Miceli (giornalista di Radio Vaticana), ha apprezzato l’idea che il presepe divenisse motivo di riflessione per chi lo guarda e che fosse stato realizzato proprio da uomini.
A colloquio con gli autori.
Perché ambientarlo in una casa come quella delle bambole?
Francesco: “Intanto la maggior parte dei femminicidi avviene tra le mura domestiche e poi bisognava avere una visione frontale chiara, che consentisse al pubblico di poter curiosare all’interno della casa. Tutto è arredato con cura dalla padrona di casa che, nell’intimità della camera da letto posta in soffitta, luogo più nascosto e defilato della casa, trova la morte, rappresentata da una grossa mano che tiene la testa insanguinata di una bambola”.
Riccardo: “…e al piano terra, di fronte all’ingresso della villetta nel verde del giardino, c’è la Natività che interrompe lo ‘steccato’ formato dalle sagome di donne con, al collo, un cartello che ne segnala il nome ed il giorno dell’uccisione”.
Il tema scelto vi ha mai toccato?
Filippo: “Il problema della violenza sulle donne, indirettamente, l’abbiamo vissuto tutti e tre. Per quanto mi riguarda ricordo che quando avevo 17 anni stavo con una ragazza che era stata costretta dal suo precedente fidanzato ad avere un rapporto sessuale con lui con la violenza”.
Riccardo: “Mia sorella è stata vittima di stalking da parte di un ragazzo con cui era stata 5 anni. L’ho vissuto in prima persona perché lo conoscevo bene, capitava uscissimo nella stessa comitiva. Ha iniziato a seguirla, a minacciarla su Facebook e ha minacciato anche me”.
Francesco: “Io sono originario di un paese dell’entroterra del Sud Italia, dove sono cresciuto con il disagio di vedere come fosse ritenuto non assurdo che certi mariti picchiassero le mogli”.
Ritenete questa esperienza utile al vostro percorso terapeutico?
Filippo: “Essere in comunità serve anche per superare l’isolamento in cui la droga ti fa finire. Ad esempio in questa occasione ho conosciuto meglio Riccardo con cui ci sono stati scontri durante il lavoro per realizzare l’opera. Ognuno aveva le sue idee, ma siamo stati costretti a confrontarci”.
Francesco: “Per me i particolari non erano importanti, non li curavo, non li ritenevo importanti, non avevo nemmeno mai fatto un presepe da piccolo. Invece per questo lavoro e anche per quello del carcere dello scorso anno, ho dovuto cambiare questo mio aspetto, ora faccio più caso a tante cose”.
Riccardo: “Essere riconosciuti come autori di qualcosa, questo mi ha molto emozionato, in particolare durante l’inaugurazione dell’evento davanti ad Ambasciatori, personalità e tanta gente comune. Sentire la curatrice della mostra ringraziare i ‘ragazzi di Villa Maraini…’ mi ha dato molta energia che mi servirà per il percorso terapeutico. Io sono ancora all’inizio”.