Giuseppe: “Non posso più vedere ma aiuto gli altri a trovare la fiducia”

 

Quando gli hanno detto che avrebbe perso la vista, Giuseppe aveva diciassette anni. “Una notizia così non si accoglie facilmente, ero poco più che un bambino. È stato difficile, specialmente all’inizio, pur avendo al mio fianco famiglia e amici. La retinite mi ha portato alla cecità assoluta in pochi anni. Ho dovuto imparare di nuovo a leggere e a scrivere. Ma è proprio in quei momenti che ci si trova davanti a un bivio e che diventa fondamentale fare una scelta. E io ho scelto di vivere al massimo la mia vita”..Oggi Giuseppe Schifone, originario della provincia di Taranto, vive a Perugia. Dal 2013 è volontario della Croce Rossa Italiana: “Sono felice di fare parte di questa famiglia. Erano i miei primi periodi in Umbria e desideravo essere utile al prossimo. Volevo dare una mano e il Comitato territoriale di Perugia era proprio quello che cercavo. Mi trovo benissimo con tutti. Poco alla volta sono riuscito a trasformare il mio limite in una forza e mi sono messo a disposizione degli altri”.

   

Giuseppe: “Non posso più vedere ma aiuto gli altri a trovare la fiducia”
  Giuseppe: “Non posso più vedere ma aiuto gli altri a trovare la fiducia”
   

Giuseppe lavora come centralinista ed è parte attiva di numerose iniziative promosse dal Comitato del capoluogo umbro, tra cui la raccolta alimentare e la distribuzione di viveri ai bisognosi. Ma è soprattutto nell’ambito del rapporto con le disabilità che Giuseppe offre il suo prezioso contributo. “A differenza di tante altre persone, a me il buio non fa paura, ormai so conviverci bene. Per questo, oltre ad aiutare e supportare altri ragazzi con disabilità, mi impegno anche con iniziative di sensibilizzazione per far vivere alle persone esperienze pratiche in cui si trovano a dover fare a meno della vista”. È il caso dell’aperitivo al buio, l’iniziativa che a più riprese il Comitato CRI organizza nel corso di eventi pubblici:

In questa occasione sono io a guidare gli altri. La persona che accetta di mettersi in gioco viene bendata e portata in un bar per ordinare qualcosa da bere. L’orientamento, il riconoscimento dei suoni, le relazioni con il prossimo: sono tanti gli aspetti da valutare quando non si può fare affidamento sulla vista. Tuttavia, la cosa più importante e difficile in queste esperienze, che consentono di poter toccare con mano ciò che io e le persone come me affrontiamo ogni giorno, è imparare a fidarsi dell’altro soltanto attraverso la voce. La fiducia: ecco il traguardo più grande da raggiungere quando non si è in grado di vedere.

Giuseppe ha tenuto anche corsi di formazione e partecipato a iniziative nelle scuole: “Bendiamo gli studenti e li guidiamo in un tratto a ostacoli. Poi, tolte le bende, sono loro a guidare noi facendo il percorso inverso”.  

  

Giuseppe: “Non posso più vedere ma aiuto gli altri a trovare la fiducia”
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È molto sportivo, adora nuotare – “è la mia passione e continuo a coltivarla, gareggio anche con persone normodotate” – ed è sempre aperto a nuove esperienze: “Alcuni mesi fa, con la CRI, ho fatto anche il parapendio motorizzato a Jesi. È stato incredibile sentire la potenza dell’aria tutta intorno a me”. Ma cosa significa, per lui, essere un volontario CRI? “Molto semplice: fare del bene e sentirsi bene”. È così, da esempio vivente per gli altri, che Giuseppe vive al massimo la sua vita e porta avanti il suo messaggio più profondo: “Cadere è facile ma, per quanto difficoltoso, bisogna sapersi rialzare”.

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