Una vita da giovaniCRI.

Benvenuta Erica!

Una vita da GiovaniCRI 

È la mia divisa la loro certezza, quella che condivido con tanti altri Volontari che si alternano senza sosta al centro di accoglienza. Nessuno di noi li abbandonerà.

 

Un pomeriggio caldo d’agosto a Messina. Uno come tanti altri, durante le meritate settimane di ferie. Poche telefonate e si apre un nuovo scenario: un altro centro di accoglienza per migranti a Messina. Non c’è tempo per fare i conti con il caldo, con gli imprevisti, con i dubbi: si deve iniziare!  Indossi la divisa rossa, prendi la borsa con i farmaci e vai, accompagnata dagli occhi di quelli che come te hanno fatto del volontariato uno stile di vita. In pochi giorni, quelle stanze che erano vuote si riempiono di volti e di voci.Dopo pochi giorni, durante un altro classico pomeriggio d’agosto, lo scenario continua a cambiare: arriveranno tante famiglie, mogli e mariti, accompagnati da bambini di qualsiasi età.Visitarli sembra quasi un’impresa. Tra i guanti gonfiati per fare dei palloncini e il fonendoscopio usato per far sentire ai bambini più spaventati il mio battito cardiaco. L’ultima famiglia che varca la soglia dell’ambulatorio è costituita da una coppia di giovani nigeriani, accompagnati da una bambina con un sorriso disarmante. Noto subito quel pancione, era impossibile non vederlo. Iniziamo con la visita della piccola e proseguiamo con lei, una delle donne più forti che io abbia mai conosciuto. Efe. È all’ottavo mese di gravidanza, ha le gambe gonfie e difficoltà nei movimenti. Eppure non un lamento, né paura né stanchezza. E infine la visita del capo famiglia, Joshua, l’uomo dagli occhi buoni. Sorridendo gli comunico che stanno tutti bene. Ma noto un’espressione strana sui lorovolti: dubbiosi chiedono aiuto. Joshua mi chiede dove siamo, come mai sono arrivati lì. Mi confessa che il loro viaggio ha uno scopo diverso. Raggiungere una città del nord d’Italia, dove c’è suo fratello, dove dare un futuro migliore alle sue bambine; perciò hanno intenzione di andare via. Subito. Non hanno intenzione di perdere altro tempo. Spiazzata, rimango per un attimo a fissare il suo sguardo deciso. Gli spiego che siamo a Messina, una città della calda Sicilia, la regione d’Italia più vicina all’Africa ma più lontana dal posto in cui lui vuole arrivare. Gli faccio vedere quanto sia distante la città che sognano, gli spiego che andare via dal centro senza aver fatto nessuno dei passi burocratici e legali, per restare legittimamente in Italia, è un rischio per la sua famiglia. E poi guardo Efe e il suo pancione. Sono un medico, non posso consigliare ad una donna all’ottavo mese di avventurarsi in un altro viaggio di migliaia di chilometri con una bambina di 3 anni al seguito, senza assistenza e senza certezze. “I’m a strong woman. I can do it”. La sua frase mi congela. Quella donna ha attraversato terre desertiche ed è salita su un barcone nel bel mezzo del Mediterraneo con tutte le incognite del viaggio, tenendo per mano sua figlia, accanto a suo marito.Adesso è qui e l’idea di un altro viaggio ai limiti del sopportabile e senza certezze, con il suo pancione e le sue gambe gonfie, non la spaventa per nulla. Tutto ciò solo per assicurare un futuro migliore alla sua famiglia. L’emozione quasi mi vince, manon posso lasciarli andare, devo tutelare loro e la piccola che sta per nascere. Li convinco a restare, gli prometto che non li abbandoneremo. Croce Rossa non abbandona nessuno. Quel rosso della mia divisa, allora, diventa per loro la speranza di poter realizzare il loro sogno, presto o tardi. Passano i giorni e con loro anche quelle famose ferie. Arriva il momento di fare i bagagli per tornare al mio lavoro, a 700 km dal centro di accoglienza. Efe e Joshua sono spiazzati da questa notizia, pensano forse che la promessa di non essere abbandonati venga infranta dalla mia partenza. Ma non è così. È la mia divisa la loro certezza, quella che condivido con tanti altri Volontari che si alternano senza sosta al centro di accoglienza. Nessuno di noi li abbandonerà. Ed io ci sarò, anche se a distanza. I miei colleghi saranno i miei occhi e le mie orecchie. Avremo tutti cura della piccola in arrivo. Ed è lì che Joshua ed Efe hanno deciso di regalare a quei 5 quadrati rossi la loro totale fiducia, senza riserve, senza compromessi. Ed è lì che hanno deciso di dimostrarci il loro rispetto e gratitudine verso l’emblema che rappresentiamo dando alla loro piccola il nome del primo volontario di Croce Rossa che hanno incontrato sul loro cammino. Il 20 agosto 2017 alle 2:43 è nata Erica Osariemen. Lei è il simbolo della “vita”. La vita nuova di Efe, Joshua ed Osa, approdati qui con un sogno, che inizia a prendere forma. La vita nuova di Erica Osariemen, che sarà distante da quel lato di mondo che in troppi definiscono “sbagliato”, che potrà sognare un futuro come qualsiasi altro bambino e crescere impegnandosi per costruirlo.La vita che noi Volontari di Croce Rossa abbiamo scelto, e che onoriamo ogni giorno contribuendo a piccoli miracoli come questo, stando sempre in prima linea con il nostro rosso, sempre piùconvinti e sempre più insieme.Erica Osariemen è il simbolo dell’incredibile forza, della splendida magia e della sconvolgente bellezza della vita.

   Raccontaci la tua storia!Scopri altre storie….

Copy link
Powered by Social Snap