“Voglio la mia bambola!”. Il sostegno psicosociale per i bambini di Gaza

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di Raed Al NimsMi sono avvicinato a lei con la mia macchina fotografica. Tutto ciò che volevo era fare una foto, ma lei si è messa a gridare ed è scappata via in fretta, nascondendosi nel grembo di sua madre. Era terrorizzata dalla mia macchina fotografica. Rimas Hillis, 4 anni, è stata evacuata dalla sua casa ad Al Shaja’iyeh e ora vive con la famiglia nella scuola Al Zaytoon, nel quartiere di Tal Al Hawa, a Gaza City.Mi sono voltato verso suo padre, Kan’an Hillis, 27 anni, un po’ perplesso per le urla e le lacrime della bambina. “Rimas sta così da quando la nostra casa è stata bombardata e siamo stati sotto assedio a Al Shaja’iyeh per nove ore in mezzo a spari ed esplosioni”, ha detto. “E’ terrorizzata da tutti gli sconosciuti e salta quando sente il rumore di un motore di un’auto o una porta che si chiude. Piange ogni notte. Ha perso la bambola con cui di solito dormiva e che la confortava. Era molto legato a quella bambola”.Kan’an, sua moglie e i loro quattro figli vivevano in una piccola ma accogliente casa piena di ricordi. Ma ora, vestiti, giocattoli e fotografie dei bambini sono tutti sepolti sotto le macerie. I ricordi, però, sopravvivono. Khaza Hillis, il figlio maggiore, ha 8 anni. Quando abbiamo parlato, tremava come una bottiglia di plastica vuota. Gli ho chiesto come si sentiva a vivere in questa scuola. C’era rabbia nella sua voce: “Questo è un brutto posto. Voglio andare a casa a cercare la mia bicicletta, ma mio padre non me lo permette. Sono sicuro che la ritroverò davanti a casa, perché è lì che l’ho lasciata prima che iniziasse il bombardamento e poi  siamo dovuti scappare”.Suo padre ha sorriso – un sorriso pieno di impotenza – e ha accarezzato Khaza sulla spalla. Gli ho chiesto delle loro condizioni di vita in questa scuola diventata rifugio e Kan’an ha detto: “Quando siamo arrivati, la scuola era già piena di gente. Ho usato alcune delle coperte che ci hanno dato per creare un divisorio tra noi e le altre famiglie. La situazione qui è tragica. Centinaia di persone condividono i pochi bagni e le docce. Non c’è posto per far giocare i bambini e non c’è alcun tipo di privacy”.Nissan, la figlia di 6 anni, è seduta a piedi nudi su un tavolo, disegna. Suo padre l’ha chiamata chiedendole cosa desiderasse. Lei ha guardato il pavimento, spingendo una piccola pietra con il piede: “Voglio la mia bambola. E voglio tornare a casa”, ha risposto. Le organizzazioni umanitarie che lavorano nella Striscia di Gaza hanno riferito che circa 350.000 bambini hanno bisogno di sostegno psicosociale specialistico. Come parte del vasto impegno della Mezzaluna Rossa in questo settore, il Team specializzato in Supporto Psicosociale, che comprende 150 professionisti qualificati, ha iniziato a potenziare le attività in favore delle famiglie che vivono nei rifugi per sfollati, con una particolare attenzione ai bambini. Fino ad ora il Team ha fornito il proprio sostegno a circa 25.123 beneficiari.

  

  

          

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