Nepal, tra nascite di bambini e arrivo dei monsoni, prosegue l’attività umanitaria delle Infermiere Volontarie della Croce Rossa Italiana

medicazione

In Nepal prosegue la missione delle quattro Infermiere Volontarie della Croce Rossa Italiana, che si trovano da un mese a Bidur, nel distretto del Nuwakot, per dare assistenza sanitaria alla popolazione colpita dal sisma ad aprile. Le Crocerossine, specializzate in area critica, lavorano nell’ospedale da campo allestito all’aperto, davanti all’edificio del vecchio ospedale reso inagibile dal sisma. Sono ancora numerosi i feriti che arrivano nel presidio campale, soprattutto in seguito alle scosse di assestamento che provocano nuovi crolli; per i casi urgenti è necessario il trasferimento a Kathmandu. Le Sorelle continuano a svolgere un grande lavoro, in collaborazione con il personale infermieristico e paramedico, soprattutto nel reparto ostetricia e in sala gestanti, visto che Sorella Dalzini è un medico specializzato in ostetricia e ginecologia. Le nascite di bambini si susseguono e nel contempo c’è molto da fare anche in ospedale, in sala emergenze (allestita in un gazebo) e nella tenda di pronto soccorso, dove è sempre intenso il flusso di pazienti. Un bambino è stato medicato per una frattura al braccio causata dal crollo di una parte della casa, una donna con sintomi di disidratazione, un uomo per tentato suicidio. Tra i pazienti ricoverati ce n’è anche uno estratto vivo dalle macerie dopo sei giorni dalla seconda scossa.

  

emergency room
La sala emergenze allestita sotto un gazebo

Le attività vanno avanti tra molte difficoltà, legate soprattutto alle carenze della struttura campale.  “La popolazione del distretto di Nuwakot – raccontano le Infermiere Volontarie CRI – è di circa 300.000 persone e i posti letto dell’ospedale sono 38. Ogni giorno affluiscono, per emergenze, 50 pazienti esterni (compresi i codici verdi). La mortalità è dovuta a malattie cardiache e respiratorie, nonché a incidenti. Lo staff dell’ospedale è composto da 55 persone, tra cui un direttore, un aiutante sanitario, due medici, otto infermieri, un amministrativo. Nelle urgenze-emergenze operano solo paramedici. Ci sono anche studenti e assistenti. Il medico, invece, viene contattato se si presenta un caso di urgenza. In caso di trasferimento per le urgenze, il soggetto viene dapprima stabilizzato e poi trasferito, tramite ambulanza, al Central Hospital di Kathmandu. I farmaci vengono distribuiti dal governo, che rifornisce l’ospedale ogni 4 mesi circa”. Il lavoro più impegnativo resta però quello relativo alle nascite di bambini. La settimana scorsa le Crocerossine, collaborando con il ginecologo locale, hanno fatto nascere in un solo giorno ben 5 bimbi. Tra parti naturali e cesarei la vita va avanti e per la popolazione locale, colpita in maniera così drammatica, questo è un aspetto che porta con sé una grande gioia. “Proveremo a studiare – racconta una Sorella – come utilizzare i 20.000 euro donati alla CRI: qui nascono molti bambini e la carenza di materiale da sala operatoria/cesareo è elevata. Forse potrebbe essere un’idea per il bene del futuro nepalese. In media vengono alla luce 5-7 bambini al giorno e vengono eseguiti 4-6 cesarei alla settimana. Il terremoto ha danneggiato alcune apparecchiature, mentre altre sono vecchie, rotte, malfunzionanti. L’incubatrice non c’è”. La somma, ricordiamo è stata generosamente donata alla Croce Rossa Italiana da un gruppo di donatori anonimi che si è firmato testualmente “uno scout e un gruppo di vecchine” che “vogliono che la loro donazione sia da ricondurre a delle semplici mamme che hanno perso i loro figli e chiedono che chi riceverà questi soldi faccia una preghiera per loro, per le anime di quei figli defunti e per tutte le mamme e i papà che nel mondo sono sopravvissuti ai propri figli. Affinché questa donazione possa aiutare a salvare la vita di tanti, soprattutto bambini, che si sono ritrovati senza più nulla. Sono sicuro, anzi siamo sicuri, ne facciate buon uso”, si legge nella lettera inviata alla CRI.

  medicazione a un bimbo

Ci sono ancora numerose scosse di assestamento e i primi monsoni sono arrivati. “Siamo andate un giorno a visitare un po’ Bidur e abbiamo potuto osservare, fra le strade, la paura delle persone di dormire a casa: infatti, quasi in corrispondenza di ogni abitazione, c’era una tenda di fortuna con sotto i letti per dormire. Eravamo in un negozio a comprare frutta e una bibita fresca – raccontano – quando abbiamo avvertito una scossa di terremoto: tutti si sono precipitati fuori dai negozi correndo verso il centro della strada. Sono rimasti a guardare in su, con il capo inclinato, per osservare le proprie case e si leggeva, sul loro volto, il desiderio che non cedessero. Siamo rientrate subito all’ospedale da campo, incontrando già i primi arrivi per traumi provocati da parti staccate a causa di piccoli crolli. Un quarto d’ora dopo tutto è diventato buio e in un attimo è venuto il monsone, un forte vento, che, con le grosse gocce d’acqua, ha fatto crollare una tenda e un grande ramo. Subito dopo è saltata pure la luce. Siamo rimaste solo con le nostre torce, in attesa della fine del maltempo. Non si riusciva nemmeno a restare sulla porta per il forte vento, per cui abbiamo chiuso tutto”.

              

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