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“La luce di Bresso”, la toccante testimonianza di una volontaria del centro della Croce Rossa dove vengono accolti i migranti

Arrivo migranti a Bresso

Riceviamo e pubblichiamo la testimonianza di una volontaria al lavoro nel centro della Croce Rossa Italiana di Bresso (Milano), dove vengono accolti centinaia di migranti, ognuno con una drammatica storia alle spalle: la fuga dalla guerra e dalla fame verso il sogno di una nuova esistenza. La luce di Bresso        di Barbara di CastriSorridono, ringraziano ma hanno gli occhi che guardano altrove: spaziano in un universo di mancanza e di tristezza. Qualcuno è seduto sui gradini, con i gomiti sulle ginocchia e la testa fra le mani. Un ragazzo più in là, con un bastoncino di legno, disegna qualcosa sull’asfalto, inseguendo pensieri e progetti che noi possiamo soltanto immaginare. Sono scene di vita normale, che si alternano a frammenti d’angoscia. Qualcuno di loro è rimasto indietro oppure non è riuscito a sbarcare. Si sa, la vita è piena di insidie e comunque la morte rimane stampata negli occhi di chi oggi è qui.Nel centro della Croce Rossa Italiana di Bresso c’è tanta umanità che soccorre e che viene soccorsa. Chiunque si fermi ad ascoltare i racconti dei profughi, capisce che esistono storie vere e incredibili. Come quella di Abdlay, 21 anni, che ha lasciato il Gambia dopo la morte di suo padre per aiutare sua madre e due sorelle gemelle di 13 anni. Abbassa gli occhi, per pudore mentre spiega:  “Almeno le mie sorelle potranno studiare!” Ha raggiunto la Libia ed ha lavorato lì per poco tempo, mandava ogni mese i soldi a casa. Poi è arrivata la guerra civile e una ferita sul braccio che ci fa vedere. Con i giorni è maturata la decisione di fuggire da Tripoli. Abdlay si è organizzato per la grande traversata: è rimasto a bordo di un gommone, due giorni e due notti, senza mangiare, stipato, aggrappato ai resti di un’esistenza difficile per un ragazzo di soli vent’anni. E con il fiato sospeso finalmente è sbarcato in Sicilia. Quella di Abdlay è solo una delle tante storie di Bresso. Intanto è l’ora del pasto, i profughi arrivano in fila, sono silenziosi, con i loro vassoi fra le mani. Ci sono così tante etnie che corrono dietro quei piatti e i vetri della mensa: mille sguardi ed espressioni difficili da interpretare, da cui traspare però sconforto, riconoscenza, timidezza, smarrimento, dolore. È il corridoio umanitario per una nuova esistenza, la salvezza per chi ha perso tutto: casa, famiglia, soldi, lavoro e ha in tasca solo la vita. Le grandi tende blu allineate sui campi verdi, alle porte di Milano, aprono la mente a  pensieri positivi. Bresso sprigiona  una forza irresistibile: l’umana comprensione, la nostra migliore volontà.

  

  

              

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