Emergenza migranti: intervista a Fabio Romitelli, direttore sanitario al Posto Medico Avanzato della Croce Rossa Italiana a Lampedusa

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foto Tommaso Della Longa/ItRc

A Lampedusa per rispondere all’emergena migranti operano tutte le componenti della Croce Rossa Italiana. Ogni squadra ha un suo direttore sanitario. Fabio Romitelli è qui dal 29 marzo scorso. E’ arrivato sull’isola nel momento clou degli sbarchi quando il sovraffollamento di Lampedusa ha raggiunto il suo apice.Quando è arrivato qui che tipo di situazione ha trovato?Sono arrivato abbastanza preparato. E’ dal 1985 che sono in Croce Rossa Italiana e dal 1993 ufficiale medico presso l’ufficio sanità dell’Ispettorato nazionale del Corpo militare e ho già partecipato a diverse missioni. Ricordo l’inondazione a Garfagnana, il terremoto dell’Umbria e ovviamente anche quello dell’Abruzzo di due anni fa. Ho operato però anche all’estero, dalla Bosnia all’Iraq nel 2003. Quello di Lampedusa era uno scenario che già conosceva?Diciamo che ho trovato una situazione caotica e ho avuto da subito l’impressione che servisse una risposta immediata da un punto di vista sanitario. Poi urgeva un intevento veloce per decongestionare il poliambulatorio che altrimenti con quei numeri sarebbe andato al collasso. E al suo arrivo cosa avete fatto?Qui al molo commerciale, dov’è il posto medico avanzato (Pma), c’era praticamente la più alta concentrazione di migranti. Erano qui perché questa era la zona servizi per la distribuzione dei pasti e con gli unici bagni a disposizione. Da subito siamo stati assaliti dai migranti presenti. Ci chiedevano dalla semplice aspirina per il mal di testa alle cure necessarie per affrontare problemi più seri come infezioni respiratorie, patologie addominali, traumi. C’è stata da subito una grande fiducia da parte dei migranti tunisini verso il simbolo della CRI. Ci sono stati casi più gravi in cui siete intervenuti?Ci sono stati casi importanti da trattare con celerità, dalla cura del diabete scompensato al trattamento di stati di agitazione psico-motoria. E’ venuto qui da noi anche un ragazzo con un’appendicite acuta che è stato immediatamente assistito e trasferito in ospedale. 

  

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foto Tommaso Della Longa/ItRc

Chi sono i migranti arrivati qui a Lampedusa, quali sono le loro aspettative?Sono per la maggior parte uomini, ragazzi con un’età media di 30 anni. Potrei dividerli in due categorie. Da una parte vengono persone che vogliono ricongiungersi con i propri familiari in Francia, Belgio o Germania. Sono perfettamente informati sulle condizioni del nostro paese e sanno che non stanno approdando nel Bengodi però sono allo stesso tempo consapevoli di avere maggiori chances in Europa con un miglioramento delle condizioni di vita. Stessa categoria quelli che vengono perché hanno bisogno di specifiche cure sanitarie. Questi ragazzi sono sereni al loro arrivo e non hanno grandi aspettative. Cosa diversa riguarda quelli che vanno all’avventura e non sanno cosa gli riserverà il viaggio. Quando invece avvengono gli sbarchi la CRI come interviene?Ecco, negli sbarchi è tutto più complicato. Tu, dottore, hai pochissimi secondi  per renderti conto di cosa sta succedendo, di chi sta scendendo da quella barca e di quali cure ha bisogno. Spesso si tratta di persone in ipotermia moderata. Bisogna tenere i nervi saldi e serve assoluta esperienza sul campo.Qual è stato finora il momento più emozionante?Tra mercoledì e giovedì si è consumata una tragedia in mare. Di più di 300 persone ne sono arrivate solo 48 salvate dalle motovedette della guardia costiera. Nella nostra ambulanza abbiamo trasportato una donna incinta. E’ stato bello poterla aiutare. Lei ce l’ha fatta nonostante il mare in burrasca e un viaggio durato tre giorni. A volte basta un sorriso di una persona che hai salvato per dimenticare tutta la fatica. Poi ci hanno chiamato per avvertirci che sarebbe arrivato al molo commerciale un peschereccio con altri 3 naufraghi. Ci aspettavamo solo corpi e invece erano tutti vivi ed è stata una vero sollievo.  di Laura Bastianetto

  

          

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