In occasione del compleanno di “Patch Adams” vi raccontiamo i “clown” di CRI
Tanti auguri a Hunter Doherty Adams, il medico statunitense meglio noto come “Patch Adams”. Figura resa celebre dall’omonima pellicola del 1998 e che ha fatto conoscere in tutto il mondo questa meravigliosa co-terapia, la clownerie, fiore all’occhiello di Croce Rossa italiana.Ne parliamo con Giorgia Viganego, referente del Tavolo Nazionale per le attività di CRI. In cosa consiste l’attività di clownerie o comicoterapia?La comicoterapia è ormai divenuta una prassi terapeutica riconosciuta e praticata in tutto il mondo. Dopo decenni di “collaudo”, infatti, numerosi studi scientifici attestano quanti e quali siano gli effetti positivi di questa pratica. In un individuo malato (non solo ospedalizzato) esiste non soltanto un dolore di tipo fisico, ma anche una sofferenza più profonda alla quale spesso vengono dati diversi nomi come tristezza, paura, solitudine, ecc. Sono tutti stati d’animo che contribuiscono ad amplificare la percezione del dolore fisico, innestando un processo che – di certo – non agevola la guarigione.Qual è, quindi, lo scopo della clownerie?Noi cerchiamo di portare il sorriso, l’allegria e il buonumore in quei posti dove generalmente manca. Ma ciò che è meno noto è che questo non è il “fine”, ma il “mezzo”. Infatti, l’obiettivo vero non è strappare un momentaneo sorriso, ma far sentire al malato che qualcuno si sta preoccupando e occupando di lui. Vogliamo cambiare segno alle emozioni negative delle persone che si trovano a vivere un qualche stato di difficoltà. Del resto la figura del clown nasce nei circhi proprio per abbassare il livello di stress degli spettatori, specie quelli più sensibili, dopo i numeri più pericolosi.
Che differenze ci sono tra la clownerie di Croce Rossa e il metodo del medico americano?La differenza sostanziale sta proprio nel metodo. Mentre Patch Adams ritiene che chiunque possa fare il clown, noi pensiamo che per far questo sia fondamentale una formazione, che deve necessariamente essere continua e toccare tanto gli aspetti tecnici (teatro e clownerie) quanto quelli socio-psico-pedagogici propri della relazione d’aiuto. Ecco perché nei nostri corsi la figura dello psicologo affianca sempre gli altri formatori. Oggi la formazione, punto centrale dell’attività in CRI, è strutturata in due diversi livelli: Operatore del Sorriso e Clown Dottore. Entrambi prevedono una selezione iniziale, un tirocinio post corso e un colloquio valutativo finale a termine del tirocinio.Quali sono i numeri della vostra attività?700 sono i volontari CRI che operano in tutta Italia. La nostra clownerie è normata e resa uniforme dalle Linee Guida d’attività ed è coordinata da un tavolo tecnico “Supporto alle vulnerabilità” al quale co-partecipa il Servizio Psico sociale (Se.P). A livello nazionale quasi il 40 % dei nostri interventi si svolgono in ospedale, coprendo tutti i reparti e non solo la pediatria. Il 20% circa si svolge nelle residenze sanitarie per anziani, per i quali abbiamo una particolare attenzione. Un altro 24% è dato da eventi di formazione specifica e il rimanente è suddiviso tra eventi di Croce Rossa in cui viene richiesta la nostra presenza o in progetti specifici, rivolti alle scuole o a contesti critici.
Ci vuole raccontare qualche episodio che l’ha particolarmente colpita?Come molti clown di corsia, anche io tengo un diario in cui annoto i servizi che maggiormente mi hanno toccato e, in più di 10 anni di attività, non sono certo pochi. Ricordo J., un bimbo rom di meno di due anni abbandonato in ospedale perché affetto da idrocefalo. La mia collega ed io (noi clown di corsia siamo sempre almeno in due) abbiamo visto migliorare i dati della sua saturazione nella mezz’ora in cui gli abbiamo fatto compagnia, cantando a bassa voce per lui, stimolandolo e accarezzandogli piedi e mani: lui non era cosciente. Durante il terremoto de L’Aquila, poi, mi è rimasto impresso A., ragazzo autistico che era nella tendopoli, molto spaventato e disorientato, tanto che anche la madre si stupì e si commosse quando riuscimmo ad instaurare un canale di comunicazione attraverso la collaborazione di una musico-terapeuta e un piccolo tamburello.Nei recenti Stati Generali del Sociale avete discusso delle prospettive future della clownerie?Gli Stati Generali sono stati un’occasione preziosa, non solo per cominciare a dialogare con il servizio psicosociale con il quale dividiamo il tavolo tecnico. Ne sono emerse, di nuovo, la centralità della formazione continua e l’importanza degli strumenti tecnici. Abbiamo raccolto anche alcune proposte di progetti ai quali stiamo già lavorando con entusiasmo.