Il diritto di sapere grazie al servizio CRI Restoring Family Link
Si possono raccontare storie a lieto fine di ricongiungimenti tra padre e figli, ad esempio, così come abbiamo fatto anche recentemente dopo uno sbarco, fotografando il momento dell’abbraccio tra i tre che erano stati involontariamente separati durante i soccorsi in mare e che si erano ritrovati grazie al servizio Restoring Family Link della CRI. Ma si deve anche raccontare quel ricongiungimento tra una madre e il proprio figlio, morto purtroppo durante la traversata in mare. Perché, nonostante la tragedia, è solo riabbracciando il corpo del figlio defunto che quella mamma troverà pace e chiuderà il cerchio affettivo che lega gli esseri umani tra loro.Questa è la storia di un giovane sudanese che viveva in Egitto con la sua famiglia. È una storia di fuga da una seconda vita già ricostruita in un altro paese rispetto a quello di origine. È la storia di un ragazzo che è riuscito a evitare la morte a causa delle condizioni del viaggio in mare (sono più di 3mila i morti nel Mar Mediterraneo solo nel 2015), ma non quella dovuta a una malattia cronica da cui era sempre stato affetto. Il suo corpo esanime è arrivato nell’agosto scorso al porto di Catania in Sicilia sulla nave che approdava insieme con il suo nuovo carico di persone. Sulla banchina, insieme con tutta la macchina ormai collaudata dei soccorsi, si sono mossi anche gli operatori dell’ufficio RFL della Croce Rossa che, forti del mandato tracing di cui sono portatori, hanno raccolto immediatamente tutte le informazioni disponibili. Tre giorni dopo è arrivata negli uffici di Catania la richiesta di informazioni da parte della delegazione del Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) de Il Cairo avvicinata dalla madre del giovane sudanese che, nel frattempo, era stata informata della sorte di suo figlio attraverso alcuni suoi amici.Il servizio di RFL di Catania, che non ha solo una rete interna ben collaudata, ma anche un accordo di cooperazione efficace con le autorità locali e la Prefettura, ha verificato immediatamente che le informazioni raccolte dopo lo sbarco coincidessero con quelle lasciate dalla madre in Egitto. Grazie alla piena collaborazione di tutte le parti coinvolte, autorità italiane, ufficio RFL CRI, CICR e ambasciate, la famiglia ha ottenuto il rimpatrio della salma in tempi strettissimi riuscendo a garantire a quel figlio che non ce l’ha fatta una degna sepoltura. Una storia importante da raccontare perché non è sempre facile arrivare a questo punto. A volte l’identificazione richiede più tempo, altre volte le famiglie non sanno a chi rivolgersi e non conoscono questo importante ‘corridoio umanitario’ che il CICR in collaborazione con le Società Nazionali crea ogni giorno in tante parti del mondo. Se la famiglia non si fosse rivolta alla Croce Rossa, se non fosse esistita questa rete di collaborazione tra la CRI e le autorità, quel corpo, come tanti altri purtroppo, sarebbe stato sepolto senza un nome e in una terra lontana. Per queste ragioni assume un grande valore il protocollo d’intesa, firmato qualche settimana fa dal Commissario straordinario del Governo per le persone scomparse, prefetto Vittorio Piscitelli e il Presidente della Croce Rossa Italiana, Francesco Rocca, per favorire lo scambio delle informazioni raccolte dai familiari dei migranti vittime dei naufragi. Uno strumento in più che sarà utile a facilitare il riconoscimento e l’identificazione delle salme recuperate in mare. Tale struttura sarà messa a disposizione dell’Ufficio del commissario per cooperare nelle attività di raccolta, scambio e trasmissione delle informazioni. Perché ogni essere umano invoca e invocherà sempre il suo diritto di conoscere il destino dei propri affetti. The right to know.