Francesco Rocca sul Giornale di Sicilia: “Morti 50mila bimbi in meno di cinque anni, ma la Siria è lasciata sola sotto le bombe”

popolazione irachena sfollata
@ICRC

Pubblichiamo l’intervista al Presidente Nazionale della CRI, Francesco Rocca, realizzata dal Giornale di Sicilia (edizione Palermo e provincia) il 20 agosto.  di Giovanni Villino«La comunità internazionale sostanzialmente è rimasta bloccata a guardare e non ci sono mai state iniziative concrete per arrivare ad una pace reale. Ci si scuote solo se un fotoreporter riesce a fissare un’immagine più potente di un’altra e allora si apre il dibattito, per qualche ora, attorno ai bambini siriani. Al massimo per qualche giorno. Ma poi nulla di più». Lo afferma il presidente della Croce Rossa, Francesco Rocca che ha commentato l’immane tragedia che si sta consumando sulle sponde del Mediterraneo e non solo. Ci sono numeri che fanno rabbrividire: cinquantamila bambini hanno perso la vita dall’inizio del conflitto armato in Siria nel 2011. «Dobbiamo fare pressione sui nostri governi, non c’è tempo da perdere. Le persone stanno continuando a morire durante le traversate nel Mediterraneo e questo significa che le condoglianze ufficiali e le lacrime dei governi dopo ogni tragedia sono solamente ipocrite e inutili», ha ribadito Rocca. ••• Qual è al momento la situazione in Siria?«A un anno dal terribile naufragio con la foto forte del bimbo Aylan riverso sulla sabbia, stiamo ancora assistendo a delle morti. Cos’è cambiato? Il nostro team in questo momento ha con sé i corpicini senza vita di due bambine siriane: una di 8 mesi e l’altra di 5 anni. Sono tra i cinque cadaveri recuperati nel Mediterraneo dopo che una piccola barca di legno si è capovolta a circa ventidue miglia al largo delle coste libiche. Di questo molto probabilmente non parlerà nessuno. Ma anche queste bimbe sono vittime della guerra e, questo va detto con chiarezza, vittime anche dell’assenza di canali sicuri per far scappare questi piccoli dal conflitto». ••• Sul fronte dei canali sicuri e delle vie legali tante associazioni umanitarie hanno alzato la voce. Eppure al momento nulla sembra essere stato fatto…«Nessuno si preoccupa di come offrire una via di fuga protetta a questi bambini. Questa cosa grida vendetta. Oggi sotto lo sguardo delle grandi potenze ci sono migliaia di bambini che sono costretti a morire in mare. Ed è una vergogna per tutta la comunità internazionale». ••• II naufragio del barcone con le due bimbe a bordo è avvenuto al largo della Libia. Si sta registrando una variazione del flussi, del percorsi?«Stanno cambiando ma, di fatto, non con numeri importanti. La presenza maggiore dei rifugiati che cercano di scappare attraverso la Libia rimane sempre quella di coloro che sono provenienti dall’Africa sub-sahariana, del como d’Africa. In ogni caso c’è da dire che toma ad essere presente un numero piccolo ma significativo di siriani che tentano disperatamente altre vie di fuga. Ma in questo contesto non dobbiamo poi dimenticare i siriani intrappolati in Turchia, e sono migliaia, per via dell’accordo che, per alcuni, ha funzionato. Ma bisogna capire per chi ha funzionato. Per non parlare delle migliaia di coloro che sono bloccati in Grecia senza alcuna prospettiva o strategia di rieducazione. Attorno a noi ci sono soltanto chiacchiere. E ci si ritrova così con un mondo umanitario che è l’unico che in questo momento cerca di dare risposte concrete quantomeno in termini di salvezza della vita umana o di ristoro della dignità delle persone». •••Rispetto al 2011, ci sono spiragli in Siria per la conclusione delle ostilità o un miglioramento delle condizioni interne?«Posso dire che oggi c’è un’incertezza diffusa sulla fine del conflitto. Sono stato in Siria quattro volte dall’inizio della guerra e ho trovato una popolazione sempre più rassegnata. Se andiamo poi a vedere alcune aree come Aleppo o la periferia rurale di Damasco, lì troviamo gente allo stremo. Parliamo di una popolazione che subisce da cinque anni, ininterrottamente, il conflitto. Alcune aree sono assediate. E impedito qualsiasi accesso ai corridoi umanitari da entrambi le parti. Sì, perché poi sembra che ci sia la gara a dire chi è meno cattivo. Ma entrambe sono irrispettose nei confronti del diritto internazionale umanitario e dei diritti delle vittime civili. Assistiamo quasi, quasi a una gara a chi è meno sanguinario, come se essere meno sanguinario fosse un’assoluzione». ••• Quali sono oggi le priorità per la Siria?«Innanzitutto occorre garantire l’accesso agli aiuti. Questo è il punto fondamentale e la priorità assoluta Parliamo di un accesso che consenta per qualche giorno l’arrivo di aiuti. Mi si deve spiegare, ad esempio, tre o sei ore di tregua a cosa possano servire quando ci si ritrova a dover far fronte a centinaia di migliaia di persone. Sappiamo tutti che chi decide la guerra sono le due superpotenze impegnate nel conflitto. Questa negoziazione appare quindi surreale. Si deve poi smettere di bombardare le strutture civili e le postazioni sanitarie. Ormai si lanciano bombe sugli ospedali che sono diventati drammaticamente uno strumento di guerra. Colpendo una struttura sanitaria si fa diventare quell’area ancora più insicura, è un modo per destabilizzare la zona. Uno strumento strategico, quindi. Ma ricordiamo che è assolutamente vietato dalla Convenzione di Ginevra. Con la precisione e le strumentazioni di cui sono dotati gli aerei non si può più dire che si tratti sempre di errore». ••• Come è impegnata oggi la Croce Rossa? «Il fronte è quello delle attività di risposta alle migrazioni. E come Croce Rossa internazionale stiamo fornendo tutto il supporto possibile alla consorella siriana per dare conforto alla popolazione».

  

  

             

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