Dall'Afghanistan a Udine: il lungo viaggio di Javid, ora mediatore culturale della CRI

Javid con un gruppo di migranti
Javid con alcuni migranti

di Alessia LaiJavid in afghano. I pashtoun lo chiamano Jaaveda, i pakistani Javed-bay, in Turchia il suo nome è Javed-abi. Ma è sempre lui: 24 anni, un viaggio durato più di quattro mesi, da solo, per arrivare dal suo Afghanistan in Europa. Javid ha attraversato Iran, Turchia, Serbia, Ungheria, Belgio e altri dieci paesi europei per poi arrivare in Italia, al nostro confine orientale, dove le montagne alte e il clima gli ricordano il suo paese. “Qui a Udine sto bene, mi piace l’Italia è come l’Afghanistan, ci sono le montagne è come casa mia” ci racconta mentre stiamo al riparo di uno dei capannoni della Caserma Cavarzerani, dove il Comitato CRI di Udine gestisce un campo che al momento ospita più di 500 migranti, tutti provenienti dall’Afghanistan e dal Pakistan.Gli occhi color oro di Javid hanno visto decine di paesaggi lungo il viaggio che lo ha portato qui, le sue gambe hanno camminato molto, gli hanno fatto attraversare le montagne, lo hanno fatto salire su pullman e treni. “Qui a Udine c’era un mio amico, lo ho chiamato e mi ha detto vieni qui che è bello. E ho deciso di restare, per ora non voglio tornare in Afghanistan, qui sto bene”. È timido, Javid, ma appena prende un po’ di fiducia ci racconta di suo padre che lavora per i militari e che gli aveva parlato del nostro paese: “Mio papà mi aveva raccontato dell’Italia, dicendomi che è un paese bello e pieno di storia”. Purtroppo quando in Afghanistan lavori con i militari non sei in una posizione facile e al timore di continui attacchi e esplosioni che possono colpire chiunque c’è anche la paura di diventare un bersaglio di chi non tollera quel che fai per vivere: “Quello di mio padre è un lavoro molto pericoloso, per quello me ne sono andato via”. Ora Javid fa il mediatore culturale per la Croce Rossa di Udine. È stato prima un ospite: per otto mesi ha vissuto a Venzone, nell’ex albergo gestito dalla CRI, assieme a ragazzi venuti come lui da lontano, poi tre mesi fa è arrivato alla Cavarzerani indossando la giacca rossa con il simbolo della Croce Rossa per aiutare chi come lui ha viaggiato e ora ha bisogno di qualcuno che faccia da tramite con chi lo accoglie. Quando arrivano a Udine i ragazzi hanno bisogno di qualcuno che traduca nella nostra lingua le loro prime necessità: vestiti, dottore, documenti. Per loro questo è importante e Javid fa del suo meglio. “Questo lavoro mi piace molto. Voglio continuare a farlo, imparare bene l’italiano e aiutare gli altri”, ci racconta. E ce lo dimostra il giorno dopo la nostra chiacchierata sotto il capannone della Cavarzerani, quando andiamo a visitare i centri gestiti dalla Croce Rossa nella provincia di Udine: Javid ci accompagna nel viaggio fra piccoli alberghi e locande in cui gli ospiti vengono da lontano come lui.

  lavagna

A Venzone, dove è iniziata la sua esperienza, e a Villa Santina, Lusevera, Magnano, Tarcento. Javid fa da tramite, ci permette di scambiare due chiacchiere con i ragazzi ospiti e racconta le loro esigenze ai gestori. Tra le montagne che gli ricordano il suo Afghanistan abbiamo incontrato persone che come lui hanno viaggiato e che sono fuggite per le stesse ragioni: l’insicurezza, la paura di non sopravvivere, la voglia e la speranza di fare un’altra vita. Javid ora indossa la sua giacca con il simbolo della Croce Rossa e sorride, sorride sempre. Puoi essere un abile informatico, una promessa del calcio, un commerciante o il figlio di un uomo che lavora per i militari afghani e puoi ritrovarti ad attraversare paesi e frontiere per cercare, tra nuove montagne, in questo meraviglioso angolo d’Italia, un futuro diverso. Con nel presente il simbolo della Croce Rossa: sulla tua giacca o su quella di chi ti tende la mano.

  

             

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