Una vita da giovaniCRI.

Guardare il mondo con occhi nuovi

 

Una vita da GiovaniCRI  

“Le loro case non hanno porte di legno o metallo, ma di sentimenti, ricordi, traumi fisici e non; e quando qualcuno ti fa entrare, ecco che in quel momento capisci il loro stato d’animo.”

  

Mi chiamo Danilo, ho 19 anni e sono un ragazzo come tanti altri. Come tutti quelli della mia età anche a me piace uscire con gli amici, andare a “fare serata” in qualche locale. Però ho fatto la scelta di dedicare un po’ del mio tempo anche ad un’altra cosa. È da due anni che sono un volontario. In Croce Rossa ho investito sin da subito tutto me stesso. Il servizio di Unità di Strada (assistenza ai senzatetto) è quello che mi accolto sin dall’inizio, quello che mi ha fatto entrare a contatto con una realtà che molto spesso siamo portati ad evitare, per indifferenza, paura, mancanza di Umanità.  Senzatetto, clochard, homeless, tutti sinonimi di quelli che consideriamo “invisibili”. E con meno eufemismi, “barboni”. Continuiamo ad etichettarli come un arredo cittadino, qualcosa che “c’è sempre stato”, gente che ha “scelto di scendere in strada”. E con questa convinzione ci sentiamo assolti dall’obbligo di soccorrerli o di chiederci fino in fondo chi sono davvero e per quali motivi sono “scesi” nel fondo del tragitto sociale.

L’Unità di Strada ti porta a girare di notte, ti porta a conoscere diverse tipologie di persone, ti fa conoscere nuove dimensioni. Anna, Mario, Riccardo: nomi casuali che hanno vari denominatori comuni come l’assenza di supporto da parte delle famiglie, problemi psichiatrici, problemi di abuso di sostanzedivorzi e perdita del lavoro. Persone, come noi. Di alcuni non si direbbe proprio che quando tutti tornano a casa, loro non abbiano dove andare. Vestiti in maniera dignitosa, sempre con qualche busta in mano, di giorno si confondono facilmente tra i passanti. Il servizio che offriamo è quello di assicurargli un biscotto, una tazza di tè ma si legge nei loro occhi che necessitano di compagnia, una chiacchierata, un umile sorriso. Le loro case non hanno porte di legno o metallo, ma di sentimenti, ricordi, traumi fisici e non; e quando qualcuno ti fa entrare, ecco che in quel momento capisci il loro stato d’animo. Si ritrovano a diventare emarginati e, senza una casa, ancora più vulnerabili. Da uno stato iniziale di indigenza arrivano rapidamente all’emarginazione.

 

Fare volontariato è un aprirsi all’umano, a quell’Umanità di cui siamo parte; è fare una qualche cosa che serva prima di tutto e soprattutto a noi stessi, e poi all’altro. Diventa perciò esperienza di vita, come se tutte le cose che ci accadono fossero prove formative per il futuro, è bagaglio ricco di eventi, sentimenti che portiamo dentro nel tempo e che diventano strati di vita vissuta, trame dai mille colori. Tutto ciò per me è stato e lo è tuttora. Rappresenta, come per molti altri giovani, la base della propria vita lavorativa, sociale, affettiva. Fare volontariato è anche apertura alla creatività, nel senso di arte di vivere e trasformare le situazioni “negative” in momenti di positività cogliendo il bello anche quando diventa difficile e drammatico: la parte “buona” esiste e basta saperla accettare, ascoltando così il proprio cuore. Sono cambiato. Maturato. Forse diventato anche un po’ più grande. Mi sono tolto la benda dell’indifferenza e ho iniziato a vedere con occhi nuovi, veri, più umani. Guardo i senzatetto, cosi come tante altre cose, con occhi diversi. Non più come disprezzo e superiorità. Sono persone, come noi. Vivono tra noi, lottando contro il freddo e la fame. Se ne stanno al riparo sotto portici deserti, negli androni dei palazzi, nei parchi sotto un tetto di stelle. Sono nelle periferie della città, ma anche nel suo centro dorato, poco distanti dalle sontuose vetrine.Croce Rossa mi è servita soprattuto a questo. Per crescere, per essere un persona nuova, migliore, una persona più Umana.Mi chiamo Danilo, ho 19 anni e sono un ragazzo come tanti altri.

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