“E’ il 1° gennaio 2015… é la notte di Capodanno e sono le 4.00 del mattino. La temperatura è davvero rigida: ci sono –5 gradi e senti che il freddo, piano piano, ti penetra nelle ossa e con tanti piccoli aghi ti punge il viso. Dopo un pomeriggio e una notte di “allerta”, l’emergenza è scattata: da Gallipoli stanno arrivando i migranti, centinaia e centinaia di profughi, suddivisi in diversi pullman. La neve che, in questi ultimi giorni, ha coperto il centro sud nel nostro paese non agevola questo viaggio che si rivela, per loro, molto estenuante. Nei giorni scorsi 800 profughi, per la maggior parte siriani e pakistani, si erano imbarcati sulla nave Blu Sky in Turchia, con meta il porto croato di Reijeka, ma sono stati poi lasciati andare dagli scafisti, alla deriva nel canale di Otranto. Gli ultimi articoli di cronaca riportano l’annuncio della Guardia costiera: “Timone bloccato su rotta collisione con la costa, tragedia evitata”. Rifletto con orgoglio sul tempismo, l’organizzazione e la “bravura” della nostra Marina Militare e della nostra Aeronautica Militare che, in condizioni proibitive, a causa delle pessime condizioni del tempo e del mare, hanno salvato la vita a numerosi migranti. Prendo coscienza che al Centro Polifunzionale C.R.I. di Bresso, dove ci stiamo dirigendo in risposta all’emergenza, non conoscerò solo dei migranti… ma dei veri “sopravvissuti”. Arriviamo al Centro e una lunga fila di volontari si dispone per l’accoglienza, tracciando una sorta di percorso che porta all’ingresso del Centro. Io sono molto “fortunata”: la mia postazione è proprio all’interno, vicino alle sale che accoglieranno i migranti e questa postazione mi consentirà di interagire più a lungo con loro, compatibilmente con le difficoltà della lingua. Gli attimi concitati ci fanno capire che i pullman sono arrivati e vediamo aprirsi davanti a noi la porta a vetri…. eccoli… eccoli… ecco centinaia e centinaia di persone entrare nel corridoio e sfilare in fila indiana, silenziosi, verso di noi.…good morning… welcome… good morning… good morning… welcome… Sfilano davanti a noi con la loro pelle scura, gli occhi scuri e, nonostante le ultime vicissitudini, un accenno di sorriso. Ci sono moltissimi giovani, tante famiglie con bambini piccoli e alcune donne in avanzato stato di gravidanza… tutti visibilmente stanchi e preoccupati. Osservo il loro abbigliamento e il loro piccolo bagaglio: sono puliti, solo su alcuni un alone di salsedine è testimonianza della odissea vissuta.… welcome… ciao… welcome… good morning… ciao… Sempre in fila indiana, con molta dignità ed educazione tutti ricambiano il saluto e si accomodano sulle panche predisposte per loro per la fase di registrazione in una delle due sale, ben riscaldate, del Centro; di fronte a queste, dalla parte opposta del corridoio, li attendono altre due sale, riscaldate, con le brande. Continuano a sfilare e qualcuno mi augura “Happy New Year” e questo augurio mi tocca nel profondo: mi fa effetto sentirmi augurare “Buon Anno” proprio da chi ha vissuto un’esperienza così devastante. Con gli occhi fissi nei suoi e una carezza sul braccio contraccambio di cuore l’augurio sottolineandolo con un sorriso… Subito dopo compare una donna con un piccolo bimbo per mano e questa vista trafigge il cuore di tutti i volontari. Ci scambiamo uno sguardo di intesa, quasi a voler condividere questa fitta dolorosa. Seguono altre mamme e altri bambini… e la sofferenza dei bambini è la più difficile da sopportare. Poi appare una donna incinta, giovanissima, che stringe la mano a suo marito, da una parte, e al suo primo figlio (piccolissimo) dall’altra. Con qualche difficoltà arriva anche un signore che cammina appoggiandosi pesantemente e faticosamente alle sue stampelle. Qualcuno trema per il freddo, qualcuno è stravolto dalla stanchezza, altri hanno sete, alcuni fame… tutti accennano a un sorriso, ti ringraziano… ci solleva un po’ il fatto che nessuno pianga. Circa una quarantina di migranti, soprattutto famiglie, vengono trattenute preso il nostro Centro di Bresso mentre gli altri vengono suddivisi tra gli altri centri della Lombardia: Monza, Mantova, Lecco, Sondrio, ecc… per loro, seppur per poco, il viaggio non è ancora terminato.Quando ormai tutti i profughi hanno preso posto sulle panche, in attesa del loro turno per la fase di registrazione, ci attiviamo con la distribuzione di latte caldo ai bambini e thè bollente agli adulti. Lo scopo è quello di scaldarli, e di distrarli perché la fase di registrazione richiede un po’ di tempo e bisogna aspettare ancora un po’ prima di potersi mettere sotto le coperte. La distribuzione ci permette di scambiare qualche parola e di entrare in sintonia con loro. L’empatia è buona: nell’attesa alcuni di loro mi mostrano sul cellulare le foto del viaggio in mare, della nave stipata di profughi, di 800 persone pressate l’una contro l’altra. Altre foto con persone distese nella stiva, “una affianco all’altra, per scaldarci”, mi dicono. 

  

Mi chiedono di fare una foto con loro, per ricordare questo momento, mi ringraziano. Io non oso filmare nessuno: non serve, i loro visi sono scolpiti in maniera indelebile nella miamente insieme al ricordo di questo Capodanno.Mentre Karim, il nostro mediatore interculturale, parla ininterrottamente in arabo perregistrare i presenti e mantenere unite le famiglie e gli amici… chi mi ha chiesto una foto siavvicina timidamente per salutarmi: è stato destinato a Monza.“I’m going away. Thanks for your kidness!” e con un bel sorriso mi porge la mano in senso diriconoscenza.Gliela stringo forte “Good luck!” e in Italiano gli dico “Ti auguro di ritrovare tutto quello che tihanno portato via”La stretta di mano e lo sguardo fanno fatica a sciogliersi… e mi rendo conto che lasolidarietà… non ha barriere né di razza, né di lingua né di religione.”

  

       

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