La biografia di Eugenio Vagni
Eugenio Vagni, 61 anni, è nato a Montevarchi, in Italia. È sposato con Kwanruan Phungket – soprannominata Khun Kwan – dal 2006. Insieme hanno una bambina che compirà due anni in agosto. Khun Kwan ha anche un altro bambino dal suo precedente matrimonio che Eugenio Vagni considera figlio proprio. Eugenio Vagni è specializzato in sistemi per il rifornimento di acqua potabile. Prima di unirsi al CICR nel 2002 ha studiato in Canada e lavorato in diversi Paesi, inizialmente per conto di società private e poi per numerose organizzazioni benefiche. Da quanto è nel CICR Eugenio Vagni ha prestato servizio in Guinea, Etiopia, Myanmar, nel Caucaso settentrionale, in Afghanistan e nelle Filippine. Il suo lavoro consiste generalmente nel coordinare un’équipe di ingegneri e negoziare con gli appaltatori locali. Secondo Guy Mouron, ingegnere idraulico e operatore del CICR, la “parlantina” tutta italiana di Eugenio Vagni gli è stata di grande aiuto quando si trovava nel Caucaso settentrionale, dove i suoi interlocutori parlavano solo russo o ceceno ed erano spesso alquanto scorbutici. Eugenio Vagni è molto popolare tra i colleghi per il suo senso dell’umorismo e per la capacità di fare amicizia con tutti. “Non frequenta soltanto gli expat”, ha dichiarato Alexandre Farine, un ingegnere idraulico che ha lavorato con Vagni in Afghanistan. “Gli piace stare anche con i collaboratori locali e passa molto tempo insieme alle persone che ricevono aiuto.” Eugenio Vagni ama la buona tavola ed è conosciuto per le sue eccellenti doti di cuoco, soprattutto per le sue famose “pastasciuttate”. Alla subdelegazione del CICR a Kandahar, dove ha lavorato per più di anno, spesso nei fine settimana cucinava per tutti. Di solito condiva la pasta con il basilico portato dall’Italia che lui stesso coltivava. La “giungla” di basilico che aveva piantato è diventata ormai un’autentica leggenda. Racconta Elena Tesheva, funzionario del CICR sul campo che ha lavorato con Vagni in Caucaso, che “Eugenio salutava tutti con un sorriso chiedendo in italiano ‘Come stai?'”. E questo ha avuto un effetto tale che, più di due anni dopo la sua partenza, “molte persone a Nalchik e a Grozny si salutano con un ‘Ciao, come stai?’, proprio come faceva Eugenio.”