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Siria, l'impegno dei volontari della SARC e il ricordo dei 17 soccorritori uccisi

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@Tommaso Della Longa

di Tommaso Della Longa”Qualche giorno fa siamo intervenuti per soccorrere alcuni feriti. Tutto stava andando bene, quando la situazione in pochi secondi è precipitata ed è iniziato un conflitto a fuoco. Noi ci siamo trovati in mezzo. Per tre ore. Senza alcuna protezione, se non l’emblema” (vedi video). Chi lo racconta ha 24 anni, è uno studente universitario e nella sua vita fa anche il volontario della Mezzaluna Rossa Siriana (SARC). Non c’è paura nella sua voce, è calmo, ci indica gli altri componenti della squadra presente in strada, nei loro occhi la consapevolezza di dover fare quello che fanno, “altrimenti – dicono – chi lo farebbe?”. Nella sala operativa della Mezzaluna Rossa troviamo decine di volontari: ragazze e ragazzi, tra i 18 e 31 anni, pronti a intervenire quando arriva la chiamata. “Oggi è una giornata calma”, ci spiega uno di loro, mentre fuori si sentono i rumori secchi dei razzi katiuscia. Questione di abitudine a una situazione ormai deteriorata, di violenza continua. “Quando arriva una telefonata, attiviamo la squadra e l’ambulanza parte immediatamente. In alcune zone è sempre più difficile entrare, ma noi ogni volta cerchiamo di trovare un accordo con le parti per tutelare i feriti”. Quarantotto ore fa, quattro ambulanze sono corse nel luogo dove è esplosa l’autobomba, ma qui ci si occupa anche di chi sta male, al di là della guerra. Quello che colpisce è l’incredibile forza che si portano dentro: sono tutti sorridenti, nella sala in cui aspettano l’attivazione, si beve caffè, si gioca, si fuma una sigaretta o si ascolta la musica. “Il sorriso  fa parte del nostro lavoro” e mentre dicono parole così viene fuori una dignità e una forza interiore che non possono non colpire l’interlocutore del momento. Prima di andare via per visitare una clinica della SARC, ci invitano a ritornare nel pomeriggio: “Alle 18 ci sarà una cerimonia, ricordiamo i nostri volontari uccisi e saremmo contenti di avere la partecipazione della delegazione della Croce Rossa Italiana”. Già, nel 2013 ci sono ancora luoghi dove i soccorritori non vengono rispettati dai belligeranti e qui in Siria sono ben 17 i volontari uccisi, in barba alle Convenzioni di Ginevra. E soprattutto con la stupidità di chi non capisce che il personale impiegato in emergenza, seguendo il principio di neutralità della Croce Rossa, serve a tutelare tutti quelli che vengono colpiti dagli scontri armati, senza guardare quale divisa indossino, quale credo religioso o ideologico abbiano. 

  

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@Tommaso Della Longa

Nel pomeriggio riusciamo a tornare nella sede. Troviamo decine di ragazzi che preparano la cerimonia: candele, uno striscione, le foto di alcuni volontari che sono stati uccisi. Si scende nel parcheggio delle ambulanze, i mezzi sono in moto con i lampeggianti accesi. La responsabile del servizio di emergenza fa un discorso, il silenzio è carico di emozioni forti, fortissime. Quei visi che poche ore prima aveva visto sorridenti e determinati, ora diventano più cupi. Qualcuno scoppia a piangere, altri fanno un capannello intorno a chi sta più male e lo stringono come si fa in una grande famiglia. La cerimonia dura meno di un’ora, sta calando il sole, bisogna fare il cambio dei turni e chi ha finito si vuole sbrigare a tornare dalla propria famiglia, prima che Damasco ritorni a essere una città fantasma, con i tuoni dell’artigliera a tenerla sveglia. “Tra di loro c’è fratellanza, complicità, amicizia. Adesso stanno piangendo, ma quando sono lì fuori, mentre si spara o in mezzo a un bombardamento, non c’è emozione o stanchezza: sanno che portare soccorso è la loro priorità”, ci spiega un volontario più grande. Non abbiamo alcune remora nel crederlo. Oltre agli appelli per gli aiuti umanitari, però, è bene che si torni a parlare della sicurezza del personale sanitario in emergenza. Il Comitato Internazionale di Croce Rossa sta portando avanti una campagna ad hoc: si chiama “Health care in danger” e proprio ora è importante che l’opinione pubblica se ne faccia carico in ogni Stato e in ogni contesto. Perchè quel 17 che segna i morti della Mezzaluna Rossa Siriana non debbe più crescere. Perchè tutelare i volontari in Siria e nel mondo significa tutelare tutti quanti noi. Perchè chi ha pagato con la vita il proprio ruolo di soccorritore deve essere uno spronte al cambiamento e non deve essere dimenticato. Mai.

  

          

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