Conclusa la conferenza stampa di Francesco Rocca, Presidente della Federazione Internazionale delle Società di Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa (IFRC) e della Croce Rossa Italiana alle Nazioni Unite a New York, per presentare ai governi l’appello della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa nell’ambito dell’International Migration Review Forum (IMRF).
Il Presidente Rocca ha esposto alle Nazioni Unite la complessità dei flussi migratori, dell’attuazione del Global Compact of Migration (GMC) e di come i volontari della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa stiano lavorando per salvare vite sulle rotte marittime e terrestri e stiano fornendo aiuti umanitari ai migranti, indipendentemente dal loro status giuridico, invitando infine gli Stati ad assumersi ciascuno le proprie responsabilità nel salvare vite, indipendentemente dalla provenienza delle persone.
Rocca ha affermato: “Quando ero a Marrakech per l’adozione del GCM, affermai che le strategie mondiali di risposta alla migrazione si erano dolorosamente interrotte, ma che le stesse avrebbero potuto risolvere ogni cosa. Molte altre vite sono state perse a causa di tale incapacità di agire”.
Sulla rotta migratoria marittima più mortale al mondo, il Mediterraneo centrale, il numero di decessi è infatti aumentato. La nave Ocean Viking, gestita da SOS Mediterranée con IFRC fornisce servizi umanitari a bordo, continua tuttavia a salvare le persone in difficoltà su questa rotta.
“Dobbiamo intervenire perché il coordinamento di ricerca e salvataggio da parte dei Governi dei Paesi coinvolti è assente nel Mediterraneo”, ha spiegato Rocca. “I nostri team hanno già salvato 1.260 persone nei nove mesi in cui abbiamo operato”.
“La risposta politica, pubblica ed umanitaria alla crisi ucraina ha mostrato cosa sia possibile fare quando l’umanità e la dignità vengono prima di tutto, quando ci sono la solidarietà globale e la volontà di assistere e proteggere i più vulnerabili”, ha concluso Rocca. “Questo deve essere esteso a tutti i migranti, da qualunque parte essi provengano. L’etnia e la nazionalità non dovrebbero essere fattori decisivi per salvare vite umane”.