“Alla luce della messa in onda del servizio di Report (Rai 3) del 31 gennaio 2022 sull’inchiesta riferita a Gianluigi Torzi, ritengo doverosa la seguente ricostruzione dei fatti, al fine di tutelare innanzitutto la Croce Rossa Italiana (CRI) e, ovviamente, la mia persona.

Partiamo da un presupposto, se avessi avuto qualcosa da nascondere non avrei rilasciato l’intervista. A Giorgio Mottola ho dato subito la mia disponibilità, perché l’intento era quello di chiarire, una volta per tutte e come già ribadito alcuni mesi fa dopo un articolo pubblicato da un quotidiano nazionale, l’assoluta estraneità mia e della CRI rispetto all’affaire che coinvolge Torzi. Ci tengo a precisare meglio, in prima battuta, i rapporti intervenuti tra il broker sotto indagine e la Croce Rossa, nonché quelli miei personali con Torzi.

Gli unici legami tra l’Associazione e Torzi riguardano una regolare fornitura di dispositivi di protezione individuale che lui – come tanti altri – si offrì di facilitare nel periodo più duro, marzo 2020, in cui questi ultimi scarseggiavano nel nostro Paese (mascherine FFP2 che furono acquistate, dopo un attento vaglio degli uffici competenti dell’Associazione, seguendo le procedure previste dalla legge per gli approvvigionamenti e in quel periodo storico ad un prezzo decisamente tra i più vantaggiosi del mercato). Facile ed evocativo pensare, col senno di poi, ad un qualsivoglia tipo di “scambio” o “tornaconto”, cosa che mai avvenne, non perché lo dico io ma perché le carte lo dimostrano. 

La semplice e meno accattivante verità è che in un momento di gravissima crisi la nostra priorità assoluta era quella di mettere in sicurezza gli operatori sanitari della Croce Rossa che, con coraggio e tenacia, erano impegnati in prima linea nella lotta al Covid-19. Mancavano letteralmente le mascherine, come tutti ricorderanno bene. Chiesi disperatamente, e non solo io, a tutti i canali che conoscevo e Torzi si offrì di fornircele al prezzo migliore sul mercato. Le pagammo, infatti, 3,20 euro (con saldo alla consegna e non anticipato come pretendevano i tanti altri che, come prezzo di vendita minimo, proponevano cifre dai 5 euro in su). A maggio 2020, poi, Torzi offrì un secondo lotto di duecentomila mascherine alla cifra di 2,40 euro, perciò assolutamente vantaggioso in quel contesto. 

Ricordiamo che, dall’inizio della pandemia, la Croce Rossa per garantire i suoi servizi ha dovuto comprare circa 20 milioni di mascherine, arrivando a pagarle anche 6 o 7 euro, laddove non disponibili altre offerte. Ovvio che adesso può risultare discutibile aver acquistato da Torzi, ma al momento assolutamente no. La palla di vetro non ce l’aveva nessuno, del resto.

Sulla questione dell’advisor in CRI chiariamo una volta per tutte: il “prestigioso incarico” di cui parla il giornalista altro non era che una adesione di Torzi al “volontariato temporaneo”, così come altre decine di migliaia di connazionali e come risulta dai nostri database. Anche questo è agli atti. Ecco perché gli chiesi di supportarci, vista l’esperienza, per trovare donatori. In quel momento avevamo bisogno di tutto il sostegno possibile, eravamo in crisi nera e un aiuto gratuito era più che gradito. Grazie a questo supporto volontario abbiamo ottenuto, infatti, due donazioni per un totale di 30 tonnellate di beni alimentari, ovvero 30.000 chili. Alimenti di prima necessità indispensabili per dare risposta alle richieste di tantissime famiglie in difficoltà e che sono stati dati ai nostri centri per la distribuzione.

Ed ora veniamo ai miei personali rapporti con Torzi, che non sarei tenuto a precisare, anche perché nulla e dico nulla ho a che fare con l’inchiesta che lo riguarda, ma che ci tengo a chiarire per il rispetto che nutro nei confronti dell’Organizzazione che presiedo.

Conoscevo Gianluigi Torzi perché da metà del 2019, nell’ambito delle mie attività professionali ero nell’“advisory board” di una sua società, insieme a nomi di livello quali Tremonti, Frattini o Castellaneta, solo per citarne alcuni. Ero un membro del consiglio e non ho mai avuto ruoli esecutivi. Anche qui il servizio taglia le mie affermazioni perché avevo ben chiarito al giornalista che la formalizzazione in aprile 2020 del ruolo di membro del “board of directors” non significa in inglese “direttore”, ma membro del consiglio di amministrazione unitamente agli altri componenti dell’advisory board e se la mia dichiarazione fosse stata data integralmente al pubblico questo sarebbe stato ampiamente spiegato.

Oltretutto come è noto, dal momento dell’uscita delle prime notizie dell’inchiesta nel giugno 2020, ho interrotto in tal senso qualsiasi tipo di rapporto professionale.

Nel momento della mia entrata nel board, un anno prima, quello che sarebbe accaduto dopo era inimmaginabile e mi ritengo parte lesa in questa storia. Sono addolorato per tali circostanze che nulla hanno a che fare con la Croce Rossa Italiana”.

Francesco Rocca, Presidente della Croce Rossa Italiana

Copy link
Powered by Social Snap