“Nel novembre del 1951 la guerra è finita da appena sei anni e il Paese sta cercando di andare avanti. Qualcosa, però, riporta l’Italia nel lutto e nella devastazione: l’alta marea dell’Adriatico, le piogge insistenti, gli argini inadatti e i forti venti di Scirocco – nonché la mancanza di comunicazioni – contribuiscono a generare la più grande alluvione registrata in Italia. Non meno di 8 miliardi di metri cubi d’acqua inondano il Polesine. ‘Una superficie più grande del lago di Ginevra’, denuncia la Croce Rossa internazionale.
Acqua e fango sommergono tutto: il Po lascia l’alveo e si riversa su campagne e paesi. Difficile, in quel tempo, gestire la macchina dei soccorsi. I varchi rimangono incredibilmente aperti per molte settimane, mentre i soccorritori (moltissimi i volontari e gli appartenenti ai Corpi Ausiliari della Croce Rossa) contano i morti, circa cento, e aiutano senza sosta gli sfollati, poco meno di 200 mila. Da quei giorni l’esodo è costante e il Polesine vede calare la popolazione del 22%.
La Croce Rossa Italiana si distingue nell’immediato e nel ‘dopo’, grazie ai Comitati di tutta Italia (impegnati tra l’altro in parallelo con le alluvioni in Calabria e Sardegna). In particolare, ospita gli sfollati allestendo colonie, costituendo un centro di ricerche per riunire i nuclei familiari dispersi e raccogliendo indumenti, lenzuola e denaro.
Ma grande è anche il sostegno internazionale, quello delle Consorelle. A Rosolina, ad esempio, c’è il Villaggio Norge, cento alloggi prefabbricati (successivamente trasformati in muratura) eretti grazie alla Croce Rossa norvegese e arredati dalla Croce Rossa svizzera, che invia anche il necessario per una ‘casa collettiva’, che per molti anni è la sede di un ambulatorio medico e di un teatro. Proprio lì la CRI edifica a sua volta una scuola elementare e un asilo infantile. È straordinario vedere come la nostra rete internazionale abbia sempre funzionato.
A 70 anni dalla tragedia, la resilienza degli abitanti rimasti ha portato a superare nel tempo la vulnerabilità idraulica, il decentramento rispetto alle traiettorie di maggiore crescita industriale, la cronica carenza infrastrutturale. La rete di solidarietà ha contribuito a trasformare la tragedia del Polesine in una nuova rinascita”. Così il Presidente CRI-IFRC Francesco Rocca.