Tu proverai sí come sa di sale
lo pane altrui, e come è duro calle
lo scendere e ‘l salir per l’altrui scale.
Dante Alighieri
“Il dolore, lo strappo, lo straniamento perpetuo di un esilio forzato. Nessuno ha mai saputo raccontarli come il Sommo Poeta, di cui quest’anno festeggiamo il Settecentenario dalla morte. Trauma e sofferenza per le radici strappate accomunano l’Alighieri agli italiani di Fiume, Venezia-Giulia e Dalmazia che, ormai quasi 80 anni fa, furono costretti a lasciare tutto e fuggire dalla violenza del regime comunista del Maresciallo Tito. Si tratta di una delle pagine strappate più dolorose della storia del XX secolo, nella quale si intreccia l’importante lavoro della Croce Rossa in favore degli esuli.
La storia delle foibe e dell’esodo
Nel 1943, dopo l’Armistizio, e poi ancora tra il maggio e il giugno del 1945, migliaia di italiani del confine orientale furono uccisi dai partigiani di Tito, gettati talvolta ancora vivi nelle foibe o giustiziati, spesso sommariamente. Fin dal dicembre 1945 il premier italiano Alcide De Gasperi presentò agli Alleati “una lista di nomi di 2.500 deportati dalle truppe jugoslave nella Venezia Giulia” ed indicò “in almeno 7.500 il numero degli scomparsi”. In realtà, il numero degli infoibati e dei massacrati nei lager di Tito fu ben superiore a quello temuto da De Gasperi. Gli italiani uccisi – nel periodo tra il 1943 e il 1947 – furono almeno 10mila. Quelli costretti a lasciare le loro case per la paura e l’impossibilità a vivere una vita tranquilla circa 350.000: un esodo di massa, una fuga verso la Madrepatria che spesso si rivelò, per loro, Matrigna.
Un dramma che ci toccò da vicino
Questa furia ci toccò da vicino: personale della Croce Rossa Italiana fu arrestato, a Trieste e Pola, tra il maggio e il giugno del 1945. Di loro non si è più saputo nulla. Ancora, il Comitato Internazionale di Croce Rossa (CICR) fece opera di mediazione per la liberazione dei prigionieri italiani nei campi di concentramento jugoslavi. Un significativo peso storico hanno avuto i report stilati dalla Croce Rossa e dalla Guardia di Finanza: tra i pochissimi documenti non distrutti attraverso i quali è stato possibile ricostruire i fatti e, talvolta, ritrovare persone scomparse. Ancora, intervenimmo a Bologna nel 1947, nei giorni dei cosiddetti fatti del “Treno della Vergogna”, assieme alla Pontificia Opera di Assistenza, per aiutare gli esuli-giuliano dalmati stipati da giorni in vagoni, in condizioni disumane. Erano pronti pasti caldi, latte e coperte, ma le ormai note vicende non hanno consentito ai nostri operatori, che tentarono senza successo di aiutare gli esuli stremati dal drammatico viaggio, di portare soccorso. Perché questi esuli “dimenticati” vissero una beffa nella beffa: furono trattati con ostilità e sospetto. Solo negli anni ’90 del secolo scorso è iniziato a crollare il muro del cosiddetto “lungo silenzio” fino a giungere, nel 2004, alla legge dello Stato con la quale è stato istituito il Giorno del Ricordo che oggi celebriamo.
Oggi non resta che Ricordare
“Anche le guerre hanno regole” è un motto che le donne e gli uomini della Croce Rossa hanno ben chiaro. Queste regole non vennero di certo applicate nel Confine Orientale d’Italia alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Enormi furono le violazioni del diritto internazionale umanitario in tempo di conflitto e atroci i crimini contro l’umanità, a guerra finita, ai danni di nostri connazionali. Oggi non resta che Ricordare e non solo il 10 Febbraio”.
Così il Presidente della Croce Rossa Italiana, Francesco Rocca