L’infermiera CRI Anna Matteoni a Cox’s Bazar: “Nonostante la sofferenza, le persone trovano ogni giorno la forza di andare avanti”

 L’infermiera CRI Anna Matteoni a Cox’s Bazar: “Nonostante la sofferenza, le persone trovano ogni giorno la forza di andare avanti”

“Ogni giorno, dopo un’ora di viaggio in macchina, dobbiamo affrontare circa 40 minuti di duro percorso a piedi per arrivare alla nostra clinica mobile. Questa è la parte che amo di più: persone di tutte le età si avvicinano, ti sorridono con gli occhi mentre sono intente a trasportare pesanti carichi di legna, cibo o acqua. I bambini, tantissimi, ti riconoscono e ti accompagnano festanti fino alla postazione di lavoro”. C’è anche Anna Matteoni, Infermiera volontaria, nel team CRI che da giorni è attivo nella zona di Cox’s Bazar, in Bangladesh. Insieme alla Dott.ssa Carolina Casini, lavora ogni giorno nella clinica mobile della Croce Rossa Italiana, in costante collaborazione con la Mezzaluna Rossa Bengalese, per offrire cure e sostegno alle migliaia di persone fuggite dal Myanmar. “Io e Carolina non ci conoscevamo ma ora è come se fossimo insieme da sempre. Lavoriamo in simbiosi”, dice Anna.

  

“La situazione a Cox’s Bazar – racconta – è letteralmente disumana. Le persone che si trovano qui vengono da
storie ed esperienze di violenza, di morte, di tortura, di profonda sofferenza.
Nonostante questo, rimango ogni giorno sbalordita dalla loro incredibile voglia
di ricostruire. Non si abbattono, non perdono il sorriso, collaborano e si
prendono cura l’uno dell’altro con grande dedizione”.

 

L’infermiera CRI Anna Matteoni a Cox’s Bazar: “Nonostante la sofferenza, le persone trovano ogni giorno la forza di andare avanti”

Tra le tante esperienze vissute a Cox’s Bazar, Anna ne ricorda una su tutte: “Alcuni giorni fa, insieme alla Dott.ssa Casini, siamo andate a visitare una mamma che aveva partorito da poco. Il neonato respirava a fatica, era in pericolo e aveva bisogno di cure immediate. La Dott.ssa Casini si è occupata del bambino, salvato da due arresti cardiocircolatori, e del suo difficile trasferimento in ospedale. Io, invece, sono rimasta con la mamma. La donna non poteva camminare ma volevamo che fosse vicina a suo figlio: con la collaborazione di tutti e con materiali di fortuna è stata costruita una piccola struttura che potesse trasportarla fino all’ospedale. Per giorni non abbiamo saputo più nulla della loro sorte. Fino a quando, proprio ieri, ci siamo ritrovate di fronte mamma e figlio, in buone condizioni di salute. Una gioia indescrivibile. Ci hanno chiesto di dare un nome al nuovo arrivato: abbiamo scelto di chiamarlo Pietro, un nome per loro facile da pronunciare”.Le persone che vivono nei campi di Cox’s Bazar non parlano inglese, tantomeno l’italiano. Ostacoli di comunicazione che vengono superati con l’aiuto degli interpreti ma anche grazie a un linguaggio non verbale. “Molte volte le parole non servono. È sufficiente la loro espressività per farsi capire, il loro sorriso, i loro gesti. Quando, per ringraziarti, mettono semplicemente le loro mani sul cuore, non c’è bisogno di altro”.Tra pochi giorni Anna tornerà in Italia: “Porterò via con me la semplicità di queste persone, che ti spinge a riscoprire il vero valore della vita. Loro non hanno niente, vivono in capanne di plastica e bambù, eppure riescono a trovare la forza per andare avanti e per ricostruire da capo la loro esistenza”.

 

Diario da Cox’s Bazar“Un corpicino senza vita, una carezza, un lungo abbraccio” Ieri, tutto è successo all’improvviso. Appena arrivato alla mia postazione medica di Hakimpara, immediatamente una persona ha chiesto aiuto per una partoriente non in grado di spostarsi dalla sua capanna. Non ho perso tempo, ho afferrato qualche farmaco, il fonendoscopio e sono andato dietro al richiedente aiuto. Dopo una decina di minuti di sali e scendi e di gincana tra le abitazioni, ecco, mi fanno entrare. Dietro di me Fuji, un’infermiera del mio team. Al centro della casupola stava una bambina bellissima, occhi chiusi, il colore della pelle chiaro, coperta parzialmente. Alle sue spalle una donna anziana, al lato sinistro una giovanissima donna, con il capo coperto da un velo. Sono stato attratto dal neonato. Immobile, l’impressione che dormisse, invece aveva smesso di respirare. L’ho toccato, era ancora tiepido, ho capito subito la situazione e tentato, inutilmente, di rianimarlo. A nulla sono servite le manovre. Il corpicino della bambina, nella sua statuaria bellezza, era solo un esserino oramai senza vita.La mamma, spossata, poggiata su un fianco, mi osservava senza dire una parola. Nessun gesto. Mi sono affiancato, nello spazio ristretto, e ho iniziato a visitarla. Nessuno parlava, si sentiva solo il ronzare delle mosche.La placenta era in un catino, a testimonianza che il parto era compiuto. Le ho somministrato dei farmaci e ho lasciato alcuni sacchetti di ORS al suo fianco.Mi stavo alzando quando la donna anziana ha iniziato a lamentarsi, richiamando la mia attenzione. Mi guardava e mi indicava il corpicino senza vita, come per invitarmi a tentare ancora di restituirla alla vita.Solo una carezza piena di rassegnazione alla neonata, mi sono sentito totalmente impotente e forse anche in colpa per non essere potuto intervenire prima. Solo due passi fuori e l’anziana mi ha raggiunto. Mi ha afferrato le mani per ringraziarmi, mentre singhiozzava, un lungo abbraccio ci ha unito nel dolore.Dott. Maurizio Muglia, team della Croce Rossa Italiana a Cox’s Bazar.

 

 

L’infermiera CRI Anna Matteoni a Cox’s Bazar: “Nonostante la sofferenza, le persone trovano ogni giorno la forza di andare avanti”
 L’infermiera CRI Anna Matteoni a Cox’s Bazar: “Nonostante la sofferenza, le persone trovano ogni giorno la forza di andare avanti”
  

La Croce Rossa Italiana è impegnata in Bangladesh, a Cox’s Bazar, sin
dall’inizio dell’emergenza umanitaria in corso, che ha colpito le circa 600mila
persone che si sono messe in viaggio dal Myanmar e che hanno superato il
confine. Oltre a dare supporto alle attività della Croce Rossa del Giappone, il
team CRI, composto da personale medico e sanitario, opera in una clinica mobile
in collaborazione con la Mezzaluna Rossa Bengalese.

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