Una speranza in mare

Una speranza in mare

 

Uno scrosciante e liberatorio applauso ci sorprende sul “pontile” interno di Nave “San Giorgio”, quando alle 24:00 vediamo arrivare il mezzo da sbarco anfibio che, dal buio più nero del mare, porta alla luce i primi 110 profughi, poco prima ammassati sulla loro “carretta del mare”.Sono volti sorridenti, spauriti, certamente sorpresi di trovarsi nella “pancia” di una enorme nave luminosa che in quel momento rappresenta la “terraferma”, il punto di arrivo, la speranza divenuta sicurezza.Tante donne, tanti bambini, grandi e piccoli, taluni nati da poche settimane, donne in attesa, qualche anziano. Tutti premuniti di salvagente dai “ragazzi” della Brigata “San Marco”, che li hanno con cura trasbordati dal barcone al sicuro mezzo di salvezza.Ad uno ad uno salgono sul “molo” sostenuti dai marinai, tutti rigorosamente vestiti con tutoni bianchi, guanti e maschera, per precauzioni igieniche. Chissà cosa penseranno di quell’abito da marziani! Ma la necessità di prevenzione prevale sul desiderio di accoglienza spontaneo cui ciascuno sarebbe portato.Qualcuno necessita di carrozzella, non riesce a tenersi in piedi, la tensione dell’avventura sul barcone è venuta meno ed il rilassamento fisiologico prende il sopravvento. Taluno ha bisogno della barella. Prontamente viene effettuato il trasferimento nell’area sanitaria allestita, in un’area dedicata dove il Medico di bordo presta le necessarie cure, coadiuvata dal personale infermieristico.E’ in questo contesto che si colloca uno dei tanti interventi del corpo militare C.R.I. nella missione “Mare Nostrum”. Molte le navi impegnate, molti i nostri militari: medici e infermieri distribuiti sulle diverse Unità, e che nei mesi si daranno il cambio.La storia della collaborazione del Corpo Militare con le Forze Armate, Esercito, Aeronautica e Carabinieri, in tanti Teatri Operativi, trova in questo frangente ampio spazio nella Marina Militare. E non poteva essere diversamente di fronte all’immane esodo di profughi cui la C.R.I. ha storicamente dedicato la gran parte della propria attività e missione istituzionale.In questa circostanza il Corpo Militare C.R.I. ha messo a disposizione anche  particolari presidi sanitari: una tenda e una barella di Bio-Contenimento che consente di mantenere in isolamento eventuali soggetti portatori di patologie infettive sia a bordo della nave che durante il trasferimento, anche con vettori aerei, agli ospedali.La collaborazione con il personale sanitario della Nave è immediata e concreta. L’accoglienza riservata ai militari CRI, a partire dal Comandante, dal Comandante in Seconda e dall’Ufficiale Medico di bordo, sono la migliore premessa per un proficuo lavoro a favore degli immigrati. I problemi a cui far fronte non mancano; nell’area sanitaria, oltre alle persone che necessitano d’interventi, vengono ospitate anche le donne in gravidanza, ed è presente un’area riservata ai più piccoli, con preparazione biberon, latte artificiale, pannolini, tettarelle e quant’altro utile al bisogno.Certo, il problema ospitalità è grande, la Nave non è concepita per questo, ma la capacità organizzativa della marina militare, e perché no, la fantasia tutta italiana, riesce a dare risposte sufficienti ai bisogni. Occorre attenzione alle diverse etnie: Corno d’Africa, Eritrea, Somalia, Paesi Centro-Africani, Ghana, Ciad, Siria, altre minoranze. Vengono predisposti settori diversi, salvaguardando i nuclei familiari e le donne sole. Servizi igienici “spartani”, WC chimici, ma sufficienti. Distribuzione acqua e cibo dopo la prima registrazione numerica, utile ad un primo “ riconoscimento”, previo controllo personale per l’eventuale detenzione di oggetti a rischio.Organizzazione, che descritta sommariamente sembra semplice, ma che costituisce un processo estremamente lungo e preciso: ciascuno allo sbarco otterrà tutto ciò che provvisoriamente era stato accantonato per sicurezza. Tutto questo, compreso il mantenimento dell’ordine, la distribuzione del vitto, è affidato ai militari della Brigata “San Marco”, che con impegno ammirabile svolgono i loro turni di lavoro H24.Sono le 02:30, ecco che viene annunciato dagli altoparlanti un altro evento (così viene definita l’operazione relativa al recupero di un’imbarcazione di immigrati). E’ stato stabilito un nuovo “contatto”, l’imbarcazione è di media grandezza, l’elicottero si alza in volo ed effettua una prima stima dei circa 400 immigrati e delle condizioni dell’imbarcazione. E’ malmessa, non consente accostamento con il mezzo da sbarco. Nel bacino della nave, dove vengono messi a mare i mezzi, si attiva il Team a tale scopo preposto; una enorme gru si sposta molto in alto, solleva un grande “gommone”, mezzo usato dagli assaltatori del “San Marco”, che chiamano “Mazinga”, ed è veramente un gioiello tecnologico, poi un altro. In poche manovre sono in acqua. Sono a bordo, oltre all’equipaggio, anche i Sub del “San Marco”, pronti ad ogni difficoltà. Vengono caricati grandi sacchi di salvagente, e con una rapidissima manovra i mezzi escono dal bacino e vengono letteralmente inghiottiti dal buio del mare e della notte.Appena mezz’ora il primo arrivo con i problemi di chi li ha preceduti. Pochi abiti malmessi, buona parte a piedi nudi, talvolta un fagotto, uno zainetto con le poche cose da passare al vaglio del metal detector. Due uomini evidenziano fratture importanti, dopo il primo intervento da parte del Medico, l’elicottero li trasferisce in Italia.Un viaggio dopo l’altro, immersi nel grande rumore che la “pancia” della nave offre a tutti, anche l’ultimo sbarco è completato e sono le 05:00 del 29 luglio 2014.I turni del personale sanitario, fino a quel momento tutto presente, iniziano ad alternarsi, la stanchezza è tanta, ma l’immagine di coloro che sono, loro malgrado, i protagonisti di questa tragica storia, e cercano di stendersi come possono tra i loro stracci per trovare riposo, ci fa comprendere come tutto sia veramente relativo. Anche l’aria si è fatta pesante, qualcuno storce il naso, ma qualcun altro fa notare che è solo “odore di umanità”.Le persone sono 1240, la Nave “San Giorgio” non pattuglia più il Teatro Operativo, si dirige verso l’Italia.

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