Riforma, il Commissario Francesco Rocca scrive a volontari e dipendenti
Carissimi soci, carissimi dipendenti,ho preferito attendere qualche giorno prima di scrivere a tutti voi in questo difficile momento di riordino della nostra Associazione e di dibattito serrato ed acceso sul nuovo schema di Decreto legislativo presentato dal Ministero della Salute.La Croce Rossa Italiana per tanti, troppi anni non ha avuto un sistema di governance adeguato, spesso le sono mancate persone all’altezza del proprio ruolo o che comunque fossero in grado di comprendere in pieno le complesse dinamiche sociali e legislative che andavano mutando velocemente e che avrebbero dovuto imporre ed imprimere all’Associazione cambiamenti di mentalità, statutari e legislativi che la rendessero realmente in grado di essere al passo con i tempi, aderente realmente ai propri principi e costantemente vicina a chi si trova in condizioni di vulnerabilità.Purtroppo tutto ciò non è stato, ed al momento del mio insediamento la situazione economica ed organizzativa era ai limiti del collasso. Non è bello sottolinearlo ma forse vale la pena ricordarlo: ruberie, sprechi, disordine erano all’ordine del giorno in alcune realtà ed abbiamo fatto del nostro meglio per cercare di porvi rimedio. Eravamo, e siamo, investiti da uno tsunami finanziario chiamato SISE spa che costerà all’Associazione decine di milioni di euro, frutto di scelte irresponsabili di commissari/presidenti del passato ed alimentata da una disinvoltura paracriminale che raramente ho potuto constatare nella mia storia professionale. I bilanci non erano chiusi dal 2004, i residui non venivano “puliti” da anni, i dipendenti del Corpo Militare erano cresciuti a dismisura in una logica clientelare che mai avrebbe dovuto trovare spazio all’interno di una Società Nazionale di Croce Rossa.Eppure…… eppure nonostante questo come un incantesimo la Croce Rossa riesce a rimanere nel cuore della gente grazie al lavoro capace ed al sacrificio onesto di tantissimi volontari e dipendenti (civili e militari). Grazie a loro siamo andati in Abruzzo, Haiti, Tunisia, Lampedusa, Emilia Romagna solo per ricordare gli interventi più importanti degli ultimi anni. Grazie a loro costantemente riusciamo a distribuire migliaia di tonnellate di viveri agli indigenti, a raggiungere con le nostre ambulanze chi ha bisogno di soccorso quotidianamente in tante regioni d’Italia, ad arrivare ogni notte vicini a chi non ha più casa o ad accogliere coloro che scappano dalle guerre e dalla fame. Se penso a tutto questo penso ad un miracolo, all’emozione di una idea che viene da lontano, ad una potente e remota intuizione che ancora oggi spiega con forza la nostra attività.
Penso anche, però, alla forza del nostro territorio, dei nostri Comitati, dei nostri gruppi che quotidianamente e silenziosamente portano avanti il loro impegno distanti dalle fatiche e burocrazie “romane” e di un Comitato Centrale che per troppi anni non ha saputo prendesi cura di loro. E’ così! La maggior parte, il 90% dei Comitati territoriali vive solo ed esclusivamente grazie a questo impegno ed al frutto della propria attività senza nulla ricevere come aiuto dal Comitato Centrale se non burocrazia ed adempimenti dovuti purtroppo ad una legislazione nazionale assolutamente inadeguata al dinamismo ed alla operatività di una Associazione come la nostra che peraltro ogni giorno deve anche misurarsi con legislazioni regionali che chiedono al volontariato in generale ed alla CRI una diversa flessibilità operativa.La stessa Corte dei Conti nelle recenti relazioni al Parlamento pur dando atto all’attuale amministrazione di aver sanato una “gravissima lacuna gestionale” e di tutti i miglioramenti ottenuti ha chiarito che permangono serie criticità che possono essere colmate solo attraverso opportuni interventi legislativi. Non è possibile infatti che alla CRI si applichi la stessa normativa che regola Enti quali l’INPS o l’Istituto Superiore di Sanità, per citare due esempi, quando sul territorio viene chiesto alla Croce Rossa dalle Regioni, dalle ASL, dai Comuni, di competere con Associazioni di volontariato molto più flessibili e veloci di noi; ed è ovvio che tutto ciò non è più sostenibile e va cambiato velocemente. Già, ma come? Coloro che vorrebbero una Croce Rossa Italiana interamente di diritto pubblico continuano a ripetere una cantilena legata alla “deleghe”. Anche a me piace l’idea di avere delle deleghe in ambito sanitario e socio/assistenziale, ma poi occorre fare i conti con una realtà normativa e costituzionale che ha affidato alle Regioni la competenza a legiferare in tale ambito e dunque il Parlamento in sede di riforma non potrà mai imporre alle Regioni che, ad esempio, alla Croce Rossa venga affidato il servizio di emergenza/urgenza (il 118) poiché di competenza delle stesse e così via….. Sostenere il contrario è da persone in malafede, e purtroppo la realtà, a volte amara, mi ha insegnato che anche in Croce Rossa non mancano.Coloro che sostengono una Croce Rossa Italiana interamente di diritto pubblico dimenticano o forse non tengono in considerazione che con l’attuale legislazione la personalità giuridica è una e una sola dal nord al sud per tutti i Comitati e che dunque il debito creato da un Comitato CRI a qualsiasi titolo deve essere ripianato con il concorso di tutti i Comitati e dunque anche con prelievi dai Comitati territoriali virtuosi. Ve lo ricordate il “contributo di solidarietà” del 2007? Fu chiamato così per dare un colore ed una accettabilità formale ad un prelievo obbligatorio per legge… fu si apparentemente una scelta dell’assemblea ma nessuno ha mai spiegato ai soci che in realtà se anche avessero votato contro forse si sarebbe solo accelerato il commissariamento ma il prelievo sarebbe avvenuto lo stesso, e potrei continuare per pagine ma non è questo il senso della presente.Oggi abbiamo davanti a noi una realtà finanziaria non più sostenibile, la quasi totalità del contributo statale (il 96%) è assorbito dagli oneri stipendiali con un conseguente rischio di prossima paralisi di ogni attività emergenziale, nazionale ed internazionale, di corrispondere il contributo obbligatorio agli organi del Movimento (che è in percentuale ai bilanci), di fermare gli interventi di cooperazione o di stanziare quelle pochissime risorse per le attività di formazione dei volontari ecc. ecc.Qualcuno all’interno magari coglie l’occasione per tentare di far ricadere le colpe ad un incolpevole personale dipendente a qualsiasi titolo e magari premere sull’acceleratore per licenziamenti di massa o chissà cosa… Voi tutti sapete peraltro che davanti ad illegalità non ho esitato a denunciare o a licenziare dipendenti infedeli ma ora dico che questa è la partita più delicata, che i dipendenti onesti sono incolpevoli rispetto alla incapacità di programmazione e di visione che abbiamo avuto nel corso degli ultimi 15 anni e che oggi, la più grande organizzazione umanitaria d’Italia, in questo momento peraltro di grave crisi, deve saper raccogliere la sfida ritrovando unità di visione e di intenti rimettendo al centro quel principio di UNITA’ che non può non partire da un ritrovato patto di solidarietà che eviti alla Croce Rossa una conflittualità legata ad una sua crisi che trova origine non solo nel mutato quadro economico del Paese ma principalmente nelle coscienze di chi in precedenza l’ha amministrata e che magari oggi (mi si consenta l’unica nota polemica) seduto/a alla Camera o al Senato trova pure il coraggio di pontificare quando per pudore dovrebbe solamente tacere e riflettere sugli errori commessi quando ha avuto l’onore di guidare la Croce Rossa.Dobbiamo lavorare uniti per ottenere quelle modifiche necessarie all’attuale schema di decreto che consentano tutto ciò, dobbiamo lavorare per ritrovare compostezza e dialogo al nostro interno in particolare tra componente volontaria e componente dipendente. Vengono chiesti sacrifici a tutti ma nessuna riforma potrà essere indolore, solo la gradualità ed il rispetto reciproco consentiranno soluzioni equilibrate che non penalizzino nessuna delle componenti di cui sopra.Ai precari, civili e militari, afflitti dall’incertezza occorre offrire certezza di continuità del posto di lavoro con finalmente la parola “indeterminato” sul loro contratto pur sapendo che con il mutato quadro legislativo mi appare impossibile pensare che possano ottenere una stabilizzazione del posto di lavoro all’interno del perimetro pubblico. Certo, abbiamo sentenze della magistratura che vanno nella direzione opposta ma qualcuno dovrà pur fermarsi e far riflettere, scevri da ogni ideologia, che forse proprio questa è una delle ragioni per cui questo governo ha impresso questa accelerazione alla privatizzazione totale della CRI che, per effetto paradosso, rischia di penalizzare in maniera eccessiva e pericolosa il personale a tempo indeterminato. Ricordiamoci infatti che gli stipendi del personale precario trovano origine nelle convenzioni o appalti che abbiamo su tutto il territorio nazionale in materia di 118 e trasporto infermi ma che, in assenza di apposite legislazioni regionali, il governo centrale non consentirà mai un allargamento del perimetro della spesa pubblica anche per questo personale. Con ciò non sto dicendo che mi piaccia ma che se vogliamo mantenere la discussione ed il tono della riforma su un piano di realismo la stabilizzazione di questo personale si accompagna alla parola privatizzazione.Serve realismo, serve misura della situazione globale per poter ottenere risposte efficaci e noi sappiamo tutti che è irreale pensare che il governo centrale possa aumentare lo stanziamento alla CRI perché questa possa vendere a sua volta servizi alle Regioni, alle ASL ed ai Comuni quando gli stessi la mettono poi in concorrenza con altri soggetti privati. Questo si chiama spreco di risorse pubbliche, non ci sono altre definizioni. La gradualità di cui vi parlo è la stessa che aveva accettato il precedente Presidente del CICR Kellenberger che, da sempre in polemica con la CRI per la sua natura pubblica, aveva compreso, accettato ed infine sostenuto un quadro legislativo che gradatamente e senza rischi di conflitti sociali consentisse alla CRI di tornare in piena ortodossia, mantenendo alto il rapporto di ausiliarietà, seppur con nuove prospettive.E’ a questo che tutti noi dobbiamo puntare insieme, volontari e dipendenti di buona volontà. Una Croce Rossa che sia forte punto di riferimento dello Stato, e per questo adeguatamente sostenuta anche finanziariamente, nei momenti di emergenza e di necessità, all’interno di una Protezione Civile di cui siamo fortissimo punto di riferimento e Struttura Operativa Nazionale, vicina alle nostre Forze Armate ed alle loro necessità di carattere sanitario, saldo punto di riferimento per i nostri Enti Locali per le piccole e grandi emergenze quotidiane. Allo stesso tempo flessibili, operativi e concorrenziali per tutti quei servizi che non sono di competenza dello Stato centrale e che Regioni ed Enti locali mettono in gara.Un primo tentativo di riforma che andava nella direzione sopra indicata era stato approvato a novembre ma alle Camere non era piaciuto e ciò non solo perché forse non era stato spiegato adeguatamente ma anche e soprattutto a causa di pressioni negative che erano partite proprio dall’interno della CRI, e non mi riferisco solo alle OO.SS., che hanno ingenerato confusione in chi avrebbe dovuto esprimere il proprio parere in merito quando, probabilmente con due o tre modifiche (ad es. militari richiamati e abbattimento al 20% della mobilità dei tempi indeterminati, obbligo per i comitati locali privatizzati di assumere il personale oggi precario) quel decreto oggi avrebbe potuto essere legge dello Stato e non ci sarebbe stato più un Commissario a governare la CRI.Oggi abbiamo un’altra opportunità, seppur con modi e forme diverse, ed il nuovo Governo ha presentato uno schema di riforma che va nella direzione sopra indicata ma probabilmente con tempi e modi, causati probabilmente dalla fortissima crisi economica del Paese, che creano un forte allarme sociale con conseguenze conflittuali all’interno della nostra Associazione.
Sicuramente questo schema di decreto ha il pregio di riportare la CRI ad una piena ortodossia del Movimento ma la gradualità è tale da far ingenerare legittime preoccupazioni in tutto il personale e rischiare conseguentemente di far perdere efficacia ed operatività a tutta l’azione della Croce Rossa. Occorre dunque aprire un dialogo interno forte ed equilibrato per far apportare, in maniera unitaria, a questo schema di decreto quelle giuste ed opportune modifiche al fine di evitare strappi e scelte dolorosissime che occorre a tutti i costi evitare pur nella consapevolezza che questa Associazione, in quanto allo stato Ente Pubblico, non potrà esimersi dal compiere sacrifici e scelte chiare. Ma questi sacrifici non devono essere fatti sulla pelle dei lavoratori onesti. La CRI, impegnata a non lasciar indietro nessuno, non deve consentire che si vivano momenti di angoscia nelle famiglie dei nostri dipendenti e dobbiamo saperci fare interpreti di questo con il Governo e con il Parlamento. Allo stesso tempo dobbiamo garantire con coscienza e responsabilità quella operatività ausiliaria dello Stato in ambito sia di Protezione Civile che delle Forze Armate che solo la certezza di determinate strutture e professionalità possiamo garantire al Paese ed a noi stessi. Ma per ottenerlo dobbiamo trovare un giusto equilibrio al nostro interno e chiedere pochi ma incisivi cambiamenti a questo schema di Decreto consapevoli che potrebbe essere l’ultimo treno.Nessuno dimentichi il tentativo del 2010 di alcuni burocrati di privatizzare la CRI spogliandola oltre che delle sue professionalità anche del suo patrimonio e nessuno osi pensare che costoro o chi la pensa come loro non possa profittare di un ennesimo fallimento del processo di riforma per aggredire la nostra amata Croce Rossa e questo non lo possiamo e non lo dobbiamo permettere.Pochissime modifiche a questo schema di Decreto possono rendere la Croce Rossa Italiana, pur nei necessari sacrifici di bilancio, veramente incisiva e funzionale senza chiedere costi sociali o la mortificazione dei lavoratori e ciò sarebbe elemento di giustizia ed equità, perché se è vero che chi ha amministrato la CRI negli ultimi 15 anni ha delle pesantissime responsabilità è pur vero che chi doveva vigilare, ovvero lo stesso Stato, non lo ha saputo fare.Anche per far questo, e consapevole che non possiamo perdere altri treni, ho ritenuto comunque di chiedere al Ministro con più note e lettere negli ultimi mesi delle norme urgenti che consentano di mandare al voto l’Associazione e di avere un Presidente Nazionale che, interprete dei sentimenti di cui sopra, possa avere una interlocuzione con le Camere e con il Governo forte di una investitura dei soci che legittimamente aspirano ad un ritorno della democrazia dopo un necessario periodo di risanamento e pulizia.Amo troppo questa Associazione per cadere nella trappola della stagnazione e di chi, comprensibilmente, sottolinea che non ho un mandato dei soci per dialogare sulle modifiche legislative in itinere pur avendo compiuto ogni atto con responsabilità e dedizione.Occorre una modifica statutaria urgente per tornare al voto, e questo ho chiesto al Ministro. Il decreto legge 78/2010 ha stabilito che gli organi di governo non possono superare le 5 unità e dunque con l’attuale Statuto che prevede una pletora di Consiglieri è impossibile tornare al voto in quanto illegittimo. Ho chiesto che venga fatto urgentemente perché il risanamento compiuto è fragilissimo e c’è bisogno immediato di norme nuove che consentano di ripianare i debiti senza toccare gli avanzi di amministrazione dei comitati virtuosi ed avere un bilancio 2013 del Comitato Centrale che non porti alla paralisi operativa.Risanamento, infatti, allo stato vuol dire trasparenza non vuol dire debiti pagati. Vuol dire avere chiarezza sulla situazione finanziaria e conseguentemente sui fabbisogni per poter sopravvivere come Associazione.Quelle che si impongono a breve sono scelte dure e dolorose ma che non devono minacciare l’Unità dell’Associazione ed è dunque giusto che a compierle sia chi abbia il mandato pieno e fiduciario dei soci.Chiudo dunque questa mia con l’impegno, per quest’ultimo scorcio di mandato commissariale, di non smettere di pressare il Governo affinchè al più presto venga ripristinata la Democrazia con regole nuove; di non smettere nel frattempo di continuare con dedizione la pulizia ed il risanamento che merita questa Associazione; di continuare a farmi parte diligente riportando a tutte le Istituzioni la vostra voce.Credo che il delicato momento ci chieda di vivere uniti questa fase, smettendola con le divisioni, con le piccolezze e con l’amplificazione di piccole miserie quotidiane che purtroppo in ogni realtà vi sono e che non mancano di certo in una Associazione con oltre mille sedi sul territorio.Lavoriamo insieme, ora più che mai, per esaltare lo straordinario lavoro quotidiano di decine di migliaia di volontari e migliaia di dipendenti che con dedizione rendono possibili miracoli quotidiani che ci rendono vicini alla gente. Lavoriamo per tenere unita la nostra gente, superiamo fino a quando non avverrà per norma, ogni barriera di componente e di genere. Smettiamola di aver paura dei giovani e lavoriamo affinchè vi sia più Croce Rossa nelle scuole, nelle Università, tra la gente e per la gente…… Io credo che la straordinaria capacità che abbiamo dimostrato anche durante questo terremoto di lavorare insieme ed uniti dobbiamo e dovremo saperla riportare all’interno dei nostri Comitati consapevoli ora più che mai che solo con la consapevolezza, la condivisione e l’informazione si potrà tornare a votare in maniera responsabile ed eleggere come nostro rappresentante chi realmente lo merita e sempre vicini a chi soffre.C’è ancora tanto bisogno di Croce Rossa……Un caro saluto Francesco Rocca Roma 11 luglio 2012