HAITI: LETTERA APERTA A “REPORT” FIRMATA DA “UN CASO UMANO”
Riceviamo e volentieri pubblichiamo: Buona sera signora Gabanelli, mi chiamo Ignazio Schintu, sono un militare della Croce Rossa Italiana, uno di quelli che lei domenica sera nella sua trasmissione ha insultato per “dovere di cronaca”. Faccio parte del CO.CE.R. CRI, Organo di Rappresentanza dei militari, sono Comandante di un centro di Mobilitazione e Responsabile del Centro di Interventi d?Emergenza Nord-Ovest della CRI; ergo se tanto mi da tanto proporzionalmente, per come la pensa lei, dovrei essere ” il caso umano” per eccellenza. Io, come tanti altri , per poter essere dipendente della CRI ho vinto una selezione pubblica, bandita regolarmente sulla Gazzetta Ufficiale. Sono in servizio da più di venti anni, in questi anni penso, come la maggior parte dei miei colleghi di non essermi risparmiato nel lavoro. Sono stato impiegato in tutte le emergenze, piccole o grandi,che hanno colpito l?Italia. Negli ultimi anni, cito solo questi altrimenti dovrei scrivere per qualche giornata, io e tanti altri “casi umani”, siamo stati impiegati per l?accoglienza di nomadi, rifugiati per motivi umanitari, gestione socio-assistenziali per le fasce più deboli della popolazione, soccorsi alle vittime delle calamità naturali, ecc…. Questo solo per quanto riguarda la parte operativa… In Abruzzo siamo arrivati nella serata del 6 aprile e siamo andati via il 23 dicembre dello scorso anno, occupandoci di tutto il necessario per rendere la vita di coloro che avevano perso tutto un po’ più “accettabile”. A Settimo Torinese, dal 2006 abbiamo recuperato, noi “casi umani” insieme con l?Amministrazione comunale e provinciale, un centro “EX TAV” , con dormitori, infermeria, mensa, sale studio e altro ancora, su un terreno di circa 26.000 mq., per un valore di diversi milioni di euro, che altrimenti sarebbe andato completamente distrutto. In questo centro, negli ultimi due anni, hanno trovato ospitalità alcune centinaia di profughi, che altrimenti sarebbero stati destinati a dormire sotto i ponti. Lo stesso Centro viene usato per formazione, quella formazione che lei dice che nel Corpo militare non esista, e come polo di Protezione Civile. Tutto questo, e ci tengo a farglielo sapere, avviene senza spreco di denaro per la CRI e per gli altri Enti pubblici coinvolti, può andare a verificare nei bilanci; però la prego non commetta lo stesso errore di lettura che ha commesso nel leggere il file sui fabbricati… Oggi invece mi trovo a Port au Prince, io e altri 10 fortunati della CRI, a fare un viaggio vacanza pagato dalla CRI. Dico questo perché, da come lei ha presentato la nostra missione ad Haiti, sembrerebbe che siamo qui invacanza…Ora vorrei descriverle quello che siamo stati chiamati a fare qui, visto che per il lavoro che fa e per l?arma che ha in mano è giusto che lei e tutti gli italiani conoscono veramente il lavoro della CRI in questa Terra. Anche qui ci troviamo a portare soccorso alle vittime dai primi giorni del terremoto. I soccorsi si possono portare in tanti modi, per fare ciò , ci vuole grande professionalità, cosa che alle donne e gli uomini della Croce Rossa Italiana viene riconosciuta dalle Società nazionali della Croce Rossa di tutto il mondo. Durante le emergenze, soprattutto quelle internazionali, si opera tutti con compiti ben precisi: c?è chi assiste la popolazione e c?è chi assiste l?operatore. Perché, come senz?altro saprà, il passaggio da soccorritore a vittima è breve. Agli operatori della Croce Rossa Italiana (le risparmio tutta la storia di quest?emergenza, anche perchè sarebbe bastato leggerla sul sito nazionale della C.R.I.), è toccato quest?ultimo compito, dare assistenza ai soccorritori. Quei soccorritori che tutti i giorni escono per portare aiuti di tutti i tipi, trovandosi di fronte a situazioni che turberebbero chiunque. Il nostro compito è quello di evitare che queste persone possano diventare vittime. Lo facciamo come lo sappiamo fare noi Italiani: abbiamo 2000 anni di storia, questo ci distingue da altri popoli per umanità e bontà. Lo facciamo anche costruendo una tettoia e gestendo una cucina stile osteria del nostro meridione, se vogliamo soffermarci su quello che i suoi operatori hanno fatto vedere del Campo Base. Quella tettoia dà rifugio e rifocilla quei soccorritori che dopo 14/16 ore di lavoro estremo rientrano esausti al campo,, probabilmente evitandogli un burn-out assicurato. La sera, dopo un buon piatto di pasta, noi della CRI siamo lì con loro ad ascoltarli, a rinfrancarli ma soprattutto ad evitare che diventino vittime. Per capire questo, bisognerebbe stare qui come noi e come loro, per mesi interi; e non arrivare, fare 2 riprese e pensare di aver capito tutto. Si ha che fare con esseri umani, che hanno fatto una scelta bene precisa, rischiando la vita ogni volta che escono per fare del bene. Dovreste stare qui come hanno fatto i documentaristi di “From zero” a l?Aquila al campo di Centi Colella, che per lungo tempo sono stati con noi e ci hanno ripreso, senza alcun tipo di censura. Ma che stranamente non hanno avuto molto successo in Italia….Forse perché descrivevano una buona organizzazione e non poteva esserci lo scandalo? Fermo restando il diritto di cronaca, mi piacerebbe sapere quanto è costato alla tasca del contribuente il servizio di domenica sera, giusto per trasparenza, senza alcun tipo di polemica. Infine avete parlato dell?abbandono di una tenda, la tenda dedicata al nostro collega Carlo, avete ripreso una tenda sgonfia, forse in questo caso c?è stata un po? di ingenuità del collega e molta furbizia da parte della giornalista. Quella tenda, utilizzata per mesi come aula, era sgonfia in quanto l?escursione termica dal giorno alla notte spesso fa collassare quel tipo di tenda. In una situazione normale basterebbe un gonfiatore di mantenimento per risolvere il problema. In quel luogo, senza energia elettrica, questo tipo di soluzione e non è stata possibile. Allora non restava che andare a giorni alterni o quando avvertiti e provvedere al mantenimento. A volte è capitato di non poter andare per motivi di sicurezza, oppure che durante la notte piovesse facendo sgonfiare completamente la tenda, purtroppo in quel caso si poteva fare veramente poco. Come vede c?è sempre una risposta a tutto, se dobbiamo per forza pensare ad una “Mala gestio”, mi viene ancora il dubbio di quanto sia costato quel servizio, chissà….??? Cara signora io credo nella sua onestà intellettuale, altrettanto non credo nell?onestà intellettuale di chi ha voluto che lei, in una domenica di dicembre poco prima di Natale “sparasse sulla Croce Rossa”. C?e? stata molta superficialità, e con questo non dico che i problemi non ci siano. I problemi ci sono eccome, problemi creati da gente che di CRI non aveva niente, gente che è rimasta nei posti di comando per decenni, e che oggi grazie a questo Commissariamento non ci sono più. Forse questo da molto fastidio, anche perché a cominciare dalla mia componente il nuovo si vede, i cambiamenti sono tangibili. Il Corpo militare non è quel carrozzone che lei ha voluto descrivere agli italiani, non è fatto solo di scansafatiche. Anche in questo caso forse dovrebbe informarsi meglio, è vero che abbiamo un certo numero di richiamati, e per cortesia non li chiami “casi umani”, è come se chiamasse tutti i precari “casi umani”. Sono degli uomini che lavorano da diversi anni senza la certezza di un lavoro fisso, e che nella maggior parte dei casi sono diventati elementi insostituibili nelle loro unità. Credo che il deplorevole sia proprio che non si sia ancora trovata una soluzione per loro ma anche per tutti i precari di Italia. Questo certo non lo può imputare alla Croce Rossa Italiana, forse è esclusivamente una questione di politica…o no? Qual è l?Ente Pubblico che oggi in Italia non si serve di questo tipo di forza lavoro???? Ora concludo, ho pensato molto se fosse il caso di scrivere parole come queste, alla fine ho ritenuto di doverlo fare, perché nessuno ha il diritto di denigrare il lavoro altrui, come lei ha fatto con il suo programma. Forse sarebbe stato più corretto convocare tutti gli interessati in un dibattito pubblico, con dati alla mano. Sono scelte, lei ha preferito così, mi ricorda molto un giornalista che a Baghdad passava tutte le mattine per chiedermi se c?erano tra i nostri ricoverati feriti di Nassirya, e quando un giorno, dandole una risposta negativa, aggiungevo anche “non abbiamo feriti di Nassirya, ma stanotte abbiamo salvato un bambino ustionato di due anni”, la risposta era “quello non ci interessa”. Già…aver salvato un bambino di 2 anni non fa scalpore. Le auguro Buon Natale Signora Gabinelli. Port au Prince,08 dicembre 2010 Ignazio Schintu