GIORNALISMO. Futuri inviati, la guerra vista da vicino: a scuola sulle orme di Maria Grazia Cutuli
Un primo piano di Maria Grazia Cutuli, giornalista del Corriere della Sera assassinata in Afghanistan nel 2001
Tor Vergata: al via, insieme alla Croce Rossa, il secondo corso per diventare inviati in aree di crisi.
ROMA (Dal Corriere della Sera) – «Devo portare qualcosa di specifico in Libano?», chiede un allievo al tenente colonnello Roberto Lanni. «Col giubbotto antiproiettile si suda molto, portate molte magliette e roba pratica, scarpe chiuse se possibile, inutile andare con le infradito ». Lanni strappa sorrisi che sciolgono la curiosità e l’apprensione per un’avventura umana e professionale completamente nuova che difficilmente dimenticheranno 21 giovani di tutta Italia, dai 25 ai 35 anni. Le donne, 13, sono la maggioranza. A Tor Vergata il calcio d’inizio del secondo corso di perfezionamento di giornalismo per inviati in aree di crisi intitolato a Maria Grazia Cutuli, l’inviata del Corriere della Sera uccisa nel 2001 con tre colleghi in Afghanistan, mentre era in viaggio sulla strada che da Jalalabad porta a Kabul. REPORTAGE SENZA AGGETTIVI – L’iniziativa della Fondazione «Cutuli Onlus» riunisce dieci soggetti, dalla Rcs al Comune di Roma, e aiuta i giovani giornalisti di guerra come lei, Maria Grazia, che sul Corriere online raccontava la violenza talebana sottraendo gli aggettivi, guardando dritta la telecamera, con gli occhi pieni della sua Sicilia, e che continua a premere nei ricordi perché dentro c’erano la gioventù, la bellezza, l’energia. Il corso è diretto da Alessandro Ferrara (docente di Filosofia Politica) e dura tre mesi: diritti umani, deontologia dell’inviato di guerra, politica estera italiana dopo la guerra fredda, mondo islamico… Ci si avvale dell’apporto dello Stato Maggiore dell’Esercito, della Croce Rossa e di altre istituzioni, e si nutre di lezioni all’università e al Comando operativo di vertice interforze, oltre all’esperienza sul campo con otto giorni in Libano a stretto contatto col contingente militare italiano che opera nelle fasce che lambiscono Israele e Siria.
Afghanistan
RIDURRE RISCHI E INSIDIE – L’obiettivo è di ridurre i rischi e le insidie, in un’esperienza che mette in gioco, come dice il magnifico rettore Renato Lauro, la memoria, che è la torcia attraverso cui passa la cultura da una generazione all’altra. Ma c’è di più, ci sono le aspettative di ventuno giovani scelti attraverso curriculum e colloqui di cultura generale. C’è l’aspetto accademico e l’aspetto emotivo, sottolinea il preside della facoltà di Lettere e Filosofia Rino Caputo. Il segretario di redazione del Corriere , Francesco Faranda, è vicepresidente della Fondazione «Cutuli» che ha altre due appendici, il premio e le attività umanitarie in Afghanistan, un po’ in sofferenza vista la situazione. Francesco è un altro siciliano pieno di umanità calda: «Vogliamo mettervi nella condizione di poter guardare la realtà con tutti gli strumenti che servono per interpretarla nel modo più giusto, per raccontare ciò che si vede e non per sentito dire». I ragazzi si sono visti tutti insieme ieri per la prima volta, l’atmosfera è da primo giorno di scuola: «Tu come hai detto che ti chiami? ». METTERSI ALLA PROVA – Alcuni sono già giornalisti professionisti, altri pubblicisti, molti vengono dalle redazioni locali, c’è chi per mantenersi fa l’insegnante, tutti si abbeverano al pozzo dell’informazione sognando di raccontare dal vivo le terre che bruciano, senza impigrirsi su Internet. Valentina lavora all’ufficio stampa del Partito Radicale: «È già difficile lavorare da giornalista coi tempi che corrono, sono qui perché voglio mettermi alla prova». Silvia ha vissuto in Egitto per anni, ama il Medioriente e vuol coprire «le lacune su ciò che si può o non si può dire »; Paola ha fondato a Lussemburgo un mensile tra turismo, gastronomia, sport e sociale; Lyda Yasmin è metà italiana e metà iraniana e ha saltato l’ostacolo grazie al doppio passaporto; Maria Elena ha lavorato al Festival del cinema asiatico; Gianfrancesco è corrispondente del Mattino per il matese e l’altocasertano e vuol misurarsi «con una realtà più lontana e più grande». Good Morning, Libano. Valerio Cappelli 04 settembre 2009