Emergenza migranti: Diario da Lampedusa – Perdi tutto e torna al punto di partenza
Foto Laura Bastianetto/ItRc
di Laura Bastianetto – volontaria CRI Oggi la notizia non riguarda gli sbarchi. Il mare è calmo e in lontananza ci sono solo pescherecci e un paio di motovedette della Guardia costiera. E’ invece la giornata dei rimpatri e lo hanno capito bene i cittadini tunisini ospitati nel centro d’accoglienza di Lampedusa. Hanno protestato appendendo lenzuola dai balconcini delle stanze in cui hanno dormito per alcune notti. Sul telo bianco c’è scritto w l’Italia e no Tunisia. In mattinata il primo rimpatrio. Arrivano poliziotti e finanzieri. Fanno salire sul pullman trenta persone, direzione aeroporto. Nel primo pomeriggio esplode la protesta. Alcuni materassi vengono bruciati, decine di persone salgono sul tetto del centro d’accoglienza urlando in coro “libertè, libertè” e un centinaio si dà alla fuga. Scappano per le vie dell’isola senza una precisa direzione. Sembrano formichine impazzite che sviano il dito del bambino dispettoso. Un lampedusano che assiste alla scena urla “Curre, curre…nove chilometri e in mare finisc”. E’ così. Da quest’isola non si può scappare, ma la paura di tornare a casa, dopo aver affrontato un viaggio così lungo prima di arrivare in Italia, li spaventa. Hanno passato almeno due giorni su una barchetta fianco a fianco al freddo e all’umidità della notte e sotto il sole cocente del giorno e ora il rientro. E’ come nel Monopoli. Perdi e torni al punto di partenza. Solo che qui non si gioca affatto. Non è loro la responsabilità di aver perso una partita, ma è del loro sangue maghrebino. Nel pomeriggio si ripete la stessa scena. Altri trenta tunisini vengono accompagnati alla Stazione marittima. Qui un’attesa di qualche ora. Al Posto medico avanzato della Croce Rossa si avvicina uno di loro per un dolore ai denti. Chissà forse è una scusa. Alcuni sanno che stanno per essere rimpatriati, forse sono stati avvertiti da chi li ha preceduti in quest’amara sconfitta. Altri lo temono solamente, ma c’è anche chi crede di essere trasferito negli altri centri in Italia. All’aeroporto la tensione è palpabile. I visi sono preoccupati e quello che era prima solo un presentimento diventa sempre più reale. L’Italia è già solo un miraggio. Si accendono i motori dell’aereo. Un boato e adieu à l’Italie.