Emergenza Giappone: Una lezione da imparare dal terremoto giapponese, nemmeno le isole sono isole

I D R L E – N e w s l e t t e r N o . 2 8 M a r c h 2 0 1 1 Il poeta inglese del XVII secolo John Donne, scrisse che “nessun uomo è un’isola, intero in se stesso”. Per quanto lo riguarda, il Giappone si compone di isole. In più, il paese del sol levante rappresenta una delle più importanti economie mondiali, mentre il suo livello di preparazione nella risposta ai disastri è altissimo. Se ci fosse un paese pronto per rispondere a un disastro, quello sarebbe il Giappone. Tuttavia, il terremoto dell’11 marzo e il costante sforzo internazionale per sostenere la gestione delle sue conseguenze,  hanno dimostrato che anche questo Stato-isola, non può permettersi di gestire da solo le conseguenze di una tale calamità. In altre parole, quando c’è bisogno di rispondere a un disastro, anche un’isola non è realmente un’isola.L’evento dell’11 marzo viene unanimemente considerato il più forte terremoto della storia giapponese, determinando non solo enormi danni diretti, ma anche quelli devastanti derivati dal gigantesco tsunami, oltre che l’emergenza radioattiva nella centrale di Fukushima. Al momento in cui si scrive, sono state confermate oltre 8000 morti, più di 10000 sono i dispersi, mentre gli sfollati superano il numero di 430000; anche se le autorità hanno dichiarato che non si sono registrati danni da radiazioni, resta il timore che questo possa ancora accadere.Un enorme sforzo di sostegno…Il Giappone non è nuovo ai terremoti. Il paese ha investito fortemente nella prevenzione e nelle misure preventive e le norme di costruzione sono molto severe. Tuttavia, tradizionalmente, il Giappone non è mai stato un paese entusiasta di richiedere e accettare l’aiuto internazionale per fronteggiare gli effetti di un disastro. Dopo il terremoto di Kobe, nel 1995, si dice che il Giappone abbia rifiutato tra le 40 e le 60 offerte di aiuto ricevute dall’estero. Questa volta le autorità giapponesi riferiscono di aver ricevuto offerte di aiuto da 128 paesi e regioni, oltre che da 33 organizzazioni internazionali. Squadre di ricerca e soccorso provenienti da Stati Uniti, Turchia, Regno Unito  e Sudafrica si sono unite ad altre per contribuire alla ricerca delle presone rimaste intrappolate sotto le macerie. Da parte sua, la Croce Rossa Giapponese, sebbene abbia accettato donazioni in denaro da fonti sia interne che estere, non ha richiesto molti aiuti dal Comitato Internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa in supporto alle attività di risposta al disastro.Nello stesso tempo, le autorità giapponesi hanno chiesto alle organizzazioni non governative di tutto il mondo di “aspettare fino a quando la situazione non migliorerà” prima di prendere in considerazione eventuali interventi, poiché in questo momento “sono ancora in corso le operazioni di ricerca e soccorso”. Nonostante questo, molte ONG hanno già iniziato a predisporre valutazioni e appelli per raccogliere fondi contrariamente al comportamento delle persone colpite. Quanto detto non è avvenuto senza le critiche di quanti pensano che il Giappone abbia già abbastanza risorse interne. Ancora, come sottolineato da Michael Kocher del Comitato Intarnazionale di Soccorso, ” il Giappone è quasi sicuramente il paese meglio preparato al mondo, la grandezza di questo disastro è data dal fatto che persino le capacità giapponesi sono messe a dura prova” … e le tipiche sfide che arrivano con essoDi conseguenza stanno cominciando ad affiorare una serie di problemi comuni, ma piuttosto insoliti per un paese ricco e sviluppato come Giappone . Si stanno diffondendo voci su le lentezze burocratiche che avrebbero rallentato le operazioni di assistenza (come quella relativa ai rappresentanti di una ONG britannica che stando a quel che si dice si è vista rifiutare il permesso di accesso all’area del disastro per la mancanza di una lettera di convalida da parte dell’ambasciata, e quella riguardante i ritardi nell’ingresso delle squadre cinofile e di un team si ricerca e soccorso svizzero). Allo stesso modo, stiamo iniziando ad ascoltare gli sforzi di alzare le sopracciglia (come quello esclusivamente dedicato a incoraggiare l’importazione su larga scala di calzini, definiti come “qualcosa in grado di far capire quali sono i bisogni del momento, qualcosa di diverso rispetto a ciò che la gente riceve dai gruppi di emergenza e dai rifornimenti del governo”).Ci sarà sicuramente molto da imparare dall’attuale esperienza giapponese. E’ necessario che un maggior numero di governi pensi in anticipo alle modalità attraverso le quali gestire l’aiuto esterno in casi di disastri, al fine di assicurare che venga rapidamente fornito tutto l’aiuto necessario senza ostacolare le operazioni di soccorso con azioni inutiliFederazione Internazionale della Croce Rossa e Mezzaluna Rossa

  

  

             

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