Dodicesima Conferenza Mediterranea a San Marino: 26 Società Nazionali di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa a confronto su migrazione ed emergenze umanitarie

Conferenza Mediterranea a San Marino

Il discorso del Presidente di Croce Rossa Italiana e Vice Presidente della FICR Francesco Rocca

Cari colleghi e amici di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa,è un onore per me oggi  essere qui con voi in occasione dell’apertura della piattaforma sulle migrazioni.Vorrei prima di tutto cogliere l’occasione per ringraziare la Croce Rossa di San Marino per l’ospitalità in questa bella struttura e poi il Centro di Cooperazione nel Mediterraneo per il sostegno fornito ai partecipanti alla prossima Conferenza Mediterranea che ci vedrà insieme a partire da domani mattina e per i prossimi quattro giorni.Vorrei anche esprimere la mia soddisfazione nel vedere così tante Società Nazionali provenienti dall’area del Mediterraneo che partecipano a questo evento e mi auguro che questa piattaforma sul tema della migrazione così come la Conferenza rappresenteranno un’occasione per tutti noi per discutere, condividere problemi comuni , decidere insieme come migliorare la nostra posizione di advocacy in materia di migrazione nelle nostre relazioni con Governo e Istituzioni.Se da un lato i Governi, le Istituzioni e la società civile ci riconoscono un ruolo essenziale in termini di assistenza ai migranti, come in effetti facciamo,  dall’altra parte noi ora ci aspettiamo che si faccia di più e che si vada oltre.Abbiamo bisogno di far sì che le nostre voci diventino un’unica voce che sappia parlare a nome dei più deboli, così come siamo invitati dal nostro mandato. Il nostro ruolo, soprattutto dalle ultime tragedie accadute, comporta un rafforzamento della nostra capacità di advocacy  tenendo presente che il suo significato in questo caso potrebbe essere ricondotto alla capacità di ricordare ai Governi le loro responsabilità fino a far capire loro eventuali errori nel trattare le questioni umanitarie.Può essere questo approccio considerato una violazione del principio di neutralità?Il ruolo di advocacy non deve essere visto come un concetto astratto, ma come nostro preciso dovere di richiamare i Governi sui loro compiti smuovendoli dal loro torpore e ricordar loro che di fronte ai bisogni ogni legge, regola e politica deve mettere al centro la dignità umana.Se mettiamo al centro il nostro principio dell’umanità non violiamo mai l’altro di neutralità.Siamo stati in silenzio per molto tempo lasciando che fenomeni come il razzismo e la xenofobia crescessero, abbiamo guardato con i nostri occhi tragedie che si sono verificate nel Mediterraneo, che resta ancora il primo “porto sicuro” per migliaia di migranti che, al loro arrivo, cercano l’uniforme della croce rossa o della mezzaluna rossa per sentirsi finalmente al sicuro.Ora è il momento di andare avanti e a noi è richiesto non solo di comportarci come membri del nostro Movimento, ma come esseri umani la cui priorità è trattare ogni persona  in modo rispettoso e facendo sì che nessuno più venga etichettato come “illegale”.Dopo aver raccolto un consenso su questo possiamo iniziare a discutere sullo status, le leggi, le regole, le Convenzioni internazionali e i relativi trattati.Quando si verifica una tragedia, sembra sempre che la Comunità Internazionale, a livello politico, sia solo a un passo dalla soluzione, ma siamo consapevoli che invece la situazione è profondamente diversa.Siamo consapevoli che diverse azioni devono essere intraprese per garantire che il passaggio da un paese a un altro non significhi la morte il più delle volte  e la situazione attuale richiede diverse risposte che coinvolgono tanti campi d’azione, tra cui anche le ragioni principali delle migrazioni come i conflitti, la violenza, la carestia e la mancanza di opportunità.Potremmo iniziare sottolineando l’importanza di un accesso umanitario in zone di guerra o nei centri di detenzione, come in Libia, dove migliaia di persone non sono supportate o protette da qualsiasi agenzia umanitaria o possiamo pensare a situazioni come la Turchia, il Libano, la Giordania, l’Iraq, che attualmente ospitano  4.000.000 di rifugiati mentre i paesi europei stanno ancora discutendo quanti immigrati possono essere ospitati nei loro paesi.Siamo convinti e profondamente consapevoli che i numeri e le cifre siano importanti. Anche il nostro Movimento, quando ha a che fare con una situazione di emergenza, come prima preoccupazione cerca di capire e valutare il numero di persone colpite ad esempio da una calamità naturale. Questo è vero,  ma allo stesso tempo lasciatemi  dire che il modo in cui l’Unione europea si sta approcciando al sistema delle quote e all’equa distribuzione tra i paesi non rappresenterà la soluzione in termini umanitari.Dobbiamo sollecitare i Governi a lavorare su diversi campi a partire dai paesi d’origine, per esempio, per far crescere la consapevolezza  dei rischi in cui s’incorre attraversando il mare Mediterraneo, del pericolo di morte o della possibilità di finire  in mano ai trafficanti. Devono sapere che anche quando sono fortunati e riescono a raggiungere l’Europa magari finiscono senza il riconoscimento di rifugiato e da ‘illegali’ vengono relegati al confine delle nostre società, condannati a essere i nuovi schiavi del mondo moderno.La xenofobia, la discriminazione e l’esclusione sociale stanno causando sofferenza a milioni di persone, in particolare ai più vulnerabili.Il più delle volte le discriminazioni e la cultura della violenza sono  direttamente interconnessi con l’instabilità, la crisi economica e la mancanza di futuro e di opportunità, soprattutto tra le giovani generazioni. Programmi mirati a diffondere e promuovere una cultura della non violenza e della pace dovrebbero essere in cima all’agenda umanitaria usando i nostri princìpi fondamentali e i nostri volontari come base per una vera e propria azione all’interno delle comunità.Intervenire nei paesi di origine potrebbe anche significare la creazione e il mantenimento di  condizioni di vita sostenibili e rispettabili come l’istruzione, l’accesso alle risorse idriche e a quelle primarie, l’accesso alle cure sanitarie, lo sviluppo di programmi destinati all’agricoltura, iniziative di microcredito. Potrebbe voler dire smettere di pensare a fornire contributi finanziari internazionali senza preoccuparsi della sostenibilità e delle culture locali, ma solo come relazioni finanziarie tra un paese più ricco e uno povero.Inoltre ne i paesi di transito si potrebbe fare opera di advocacy nei confronti dei Governi al fine di stabilire accordi per garantire campi di transito, dove le persone possano essere assistite in termini di cura sanitaria, e nel presentare  domanda per lo status di rifugiato (qualora ne abbiano diritto) per poi spostarli in altri paesi, ma in un modo sicuro.Fino ad arrivare ai paesi di arrivo dove abbiamo bisogno di diffondere l’idea che la migrazione non è un’emergenza, ma un fenomeno che non deve essere considerato da un punto di vista negativo, ma piuttosto deve essere visto come una scelta e un diritto delle persone di spostarsi da un luogo a un altro come cittadini del mondo. Dobbiamo lavorare sulla mentalità delle persone in modo che domande come “Perché vogliono venire qui?” o “Perché non restano a casa propria?” non vengano più fatte.Dobbiamo lavorare al fine di garantire una maggiore comprensione di un fenomeno così complesso.Questo diritto di circolare liberamente da un paese all’altro rischia di essere profondamente compromesso se l’Unione europea non raggiungerà un consenso sulla necessità di modificare l’accordo di Dublino.Ho avuto l’onore un paio di settimane fa di incontrare il Segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki Moon, e di raccontargli i grandi sforzi che stiamo affrontando tutti i giorni al fine di perseguire il nostro mandato che, come detto all’inizio, ora ha bisogno di essere perseguito in un modo più olistico e comprensivo di vari aspetti.La Comunità Internazionale, le Nazioni Unite in primis, sono consapevoli del fatto che noi siamo titolari nel salvare vite umane, ma in questa situazione ciò significa anche agire sulle cause per evitare conseguenze tragiche.È stato un onore per me portare la voce di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa in seno alle Nazioni Unite come prova di riconoscimento da parte della Comunità Internazionale, che ha sicuramente bisogno dei  nostri suggerimenti su come agire quando si ha a che fare con le vite umane.  A differenza di altre organizzazioni, noi siamo gli unici, attraverso i nostri volontari, ad essere così vicino alle comunità ogni giorno e così presenti sia in situazioni di emergenza, sia in quelle ordinarie.In conclusioneLa definizione della Federazione Internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna rossa per il termine “migrante” è: “I migranti sono persone che partono o fuggono dai loro paesi  per andare in posti nuovi – di solito all’estero- per cercare opportunità o prospettive più sicure e migliori. La migrazione può essere volontaria o involontaria, ma nella maggior parte dei casi si tratta di una combinazione di scelte e vincoli”.Noi, come FICR, diamo una definizione del fenomeno volutamente ampia e dovremmo partire proprio da questa, al fine di sviluppare un approccio globale, che può contare su una base solida e non solo rappresentata da una ennesima tragedia in mare. Non possiamo affrontare il tema  della migrazione senza parlare di integrazione, rfl, cause, accettazione, diversità intesa come un valore aggiunto, diritto di sviluppare capacità e competenze personali, diritto di avere aspettative su come vivere meglio la propria vita, tutte cose che sono in realtà molto vicine a ognuno di noi. Se non saremo capaci di lavorare sul diritto ad avere una vita rispettabile, sulle aspettative di una vita migliore, non saremo mai in grado di frenare un fenomeno che è davanti ai nostri occhi come una risposta fisiologica e normale messa in atto per proteggere la propria vita e offrire la dignità al proprio caro.

  

  

          

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