Volontari CRI in Georgia

 Automezzi della CRI parcheggiati sotto la statua di Stalin, nella piazza centrale di GoriI danni causati dalla guerra agli edifici della cittàLa tendopoli di Gori, che accoglie circa 1.200 sfollati La CRI monta le due cucine da campo che servono 10.000 pasti al giorno 

04/09/2008 – Tbilisi Questo articolo viene pubblicato oggi contemporaneamente da Osservatorio Balcani Caucaso e da l’Adige – Le foto del campo della Croce Rossa sono di Maura Morandi 19 mezzi della Croce Rossa Italiana sono arrivati a Gori, la città georgiana simbolo della guerra con la Russia. Due cucine da campo per migliaia di profughi. La cronaca della nostra corrispondente “Non avrei mai pensato di vedere il mio popolo dover vivere nelle tende. Povera gente”. Dato è di ritorno da Gori. L’espressione del suo viso è ancora segnata da incredulità mista a sconforto. Ancora non può credere che più di un migliaio di georgiani siano stati sistemati in una tendopoli allestita nel centro della città natale di Stalin. Gori è diventata la città-simbolo del conflitto scoppiato ad inizio agosto tra la Georgia e la regione secessionista dell’Ossezia del Sud. A soli venti chilometri da Tskhinvali, de facto capitale osseta, la città è rimasta quasi completamente vuota quando le truppe russe sono intervenute a favore dei secessionisti. E’ stata bersaglio di ripetuti bombardamenti dell’aviazione russa e dell’occupazione dei soldati inviati da Mosca. Si stima che oltre 40.000 dei suoi circa 50.000 abitanti siano fuggiti a Tbilisi. Oggi Gori sta cercando di tornare alla normalità. I danni causati dalla guerra agli edifici della città non sono così grandi come si temeva quando arrivavano le immagini dell’intervento armato russo. Solo pochi edifici sono stati pesantemente danneggiati. La popolazione sta tornando cautamente nelle proprie case, anche se è ancora intimorita perché sebbene i carri armati russi abbiano lasciato la città, il primo check-point si incontra a soli pochi chilometri dal centro. Negli ultimi giorni, circa 4.200 profughi sono arrivati in città dai villaggi della cosiddetta zona-cuscinetto, la fascia sorvegliata dalle truppe russe tra Gori e il confine della regione secessionista dell’Ossezia del Sud. Ora un confine più forte e impenetrabile, dopo il riconoscimento di Mosca dell’indipendenza della regione. La tendopoli di Gori ospita circa 1,200 persone, altri 1,000 sfollati hanno trovato ospitalità presso famiglie locali e circa 2,000 sono stati sistemati in ventidue edifici adibiti a centri d’accoglienza. Verso la mezzanotte di venerdì 29 agosto una colonna di 19 mezzi, tra i quali camion, macchine e un’ambulanza, hanno fatto ingresso in città. Sono arrivati gli aiuti italiani. La Croce Rossa Italiana ha portato due cucine da campo per aiutare le vittime del conflitto tra Georgia e Ossezia del Sud, poi estesosi allo scontro tra Tbilisi e Mosca. Gli automezzi della Croce Rossa sono partiti il 22 agosto da Verona e da Roma. Si sono incontrati a Brindisi dove si sono imbarcati fino al porto turco di Cesme. La colonna di mezzi italiani, che si estendeva per quasi un chilometro, si è poi diretta alla volta di Gori scortata dalla polizia che ne ha facilitato il passaggio. “Durante il viaggio, tantissime persone ci salutavano per strada e davano colpi di clacson” mi dice Romano Tripodi, medico della Croce Rossa Italiana, arrivato in Georgia con il convoglio. “E’ stata una grande emozione vedere entrare i nostri mezzi a Gori” mi confessa il coordinatore dell’operazione Francesco Rocca, che ha aspettato il suo team a Gori. Affacciata alle finestre e sui balconi, la popolazione ha accolto tra gli applausi la Croce Rossa Italiana in segno di profonda gratitudine. Al loro arrivo in città, seppur in tarda serata, anche le autorità georgiane hanno voluto salutare gli aiuti venuti dall’Italia. Francesco Rocca mi racconta che “le autorità hanno fatto spostare i mezzi dei vigili del fuoco parcheggiati nella piazza principale di Gori per lasciare posto ai nostri camion. E’ stato un segnale molto forte per la gente del posto perché la mattina si è svegliata e ha visto tutti i nostri mezzi”. E così i tir della Croce Rossa Italiana sono stati parcheggiati sotto la statua di Stalin e sorvegliati dalla polizia georgiana. Un primo team di volontari era già arrivato a Tbilisi una decina di giorni fa con un C-130 messo a disposizione dal ministero degli Esteri italiano, che ha spedito anche una trentina di tende e contribuito alle spese di trasporto degli automezzi arrivati via terra. Arrivati per individuare il luogo più adatto dove poter piantare le cucine, i volontari delle Croce Rossa non hanno perso tempo e si sono messi subito al lavoro. Grazie alla collaborazione con Caritas Georgia che ha prestato loro una cucina, i cuochi italiani hanno distribuito circa 5.000 pasti al giorno nei centri d’accoglienza di Tbilisi in attesa dell’arrivo delle cucine da campo. Due squadre che ora sono diventate solo una, composta di 48 uomini con alle spalle una lunga esperienza di aiuti umanitari in Italia e all’estero. Tra loro anche Damiano Pavone, trentino di Folgaria, e Roberto Baldessarelli, originario di Merano. Il resto del team proviene da tutta Italia e tra di loro hanno l’affiatamento di chi sa che sta portando un aiuto importante a chi purtroppo non sa ancora se rivedrà la propria casa. L’arrivo degli italiani nel campo, infatti, ha portato una speranza in più gli ospiti. Nino, mamma di due bambini scappata da un villaggio vicino a Tskhinvali, mi dice che “siamo molto contenti che gli amici italiani siano venuti ad aiutarci. Voglio ringraziare l’Italia e gli italiani per tutto quello che fanno per il nostro Paese e per i georgiani”.

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