8 marzo, violenza sulle donne: presentata a Roma la Campagna Croce Rossa “Diamo voce al tuo silenzio”

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Maria Teresa Letta e Flavio Ronzi

In occasione della giornata dell’8 marzo 2013, i Comitati della Croce Rossa di Roma e Provincia lanciano la Campagna di sensibilizzazione “Diamo voce al tuo silenzio”, per richiamare l’attenzione sul tema della violenza sulle le donne. La Campagna sarà realizzata l’8, 9 e 10 marzo, attraverso l’affissione da parte dei volontari di locandine negli esercizi commerciali e nei luoghi di incontro come scuole, centri di aggregazione, parrocchie.L’iniziativa, realizzata in collaborazione con Carosellolab, è stata presentata il 7 marzo presso il Comitato Centrale CRI di Roma nel corso di un incontro al quale sono intervenuti, tra gli altri, i due Vicepresidenti CRI, Maria Teresa Letta e Anna Maria Colombani, il Presidente del Comitato Provinciale CRI di Roma, Flavio Ronzi, il delegato del Sindaco di Roma alle Pari Opportunità, Lavinia Mennuni, la Presidente dell’associazione Salvamamme, Grazia Passeri, la Presidente di Prodomed (Progetto Donne del Mediterrneo) Silvana Campisi la quale ha rappresentato anche Acmid-Donna, Claudio Vedovati dell’associazione Maschile Plurale.  “La Campagna, alla quale aderiscono più di 50 sedi CRI con oltre 200 volontari – ha spiegato Flavio Ronzi – utilizzando la forza della Croce Rossa intende spostare l’attenzione sulla cultura che genera la violenza e la disuguaglianza, sensibilizzando le persone su alcuni comportamenti quotidiani che degenerano poi nella violenza. Il tema della confusione tra l’amore e il possesso, che la nostra Campagna pone al centro, vuole essere un esempio di quelle attitudini socialmente riconosciute che privano lentamente la donna delle sue libertà senza che ne sia percepito il carattere di pericolosità. Quando si arriva alla violenza vera e propria è già troppo tardi, ma ci sono alcuni meccanismi e atteggiamenti come la gelosia, il controllo delle password, l’isolamento dagli amici e dalla famiglia che rappresentano un campanello d’allarme fondamentale, indice di vulnerabilità. Se si accetta di essere controllati, si accetta un sistema culturale di riferimento che porta alla disuguaglianza. Si scivola così nella violenza, non solo fisica ma anche psicologica. Occorre quindi ‘dare voce’, rompere il silenzio e i falsi miti basati sul bisogno del controllo da parte dell’uomo. La sfida è prevenire agendo sul contesto, sui comportamenti quotidiani”. “La violenza in generale sta dilagando e preoccupa sempre di più – ha detto Maria Teresa Letta -. C’è bisogno di una rivoluzione culturale per capire e combattere questo fenomeno. A parte il femminicidio, sta anche emergendo una forma nuova di violenza psicologica, economica, fisica  che coinvolge le donne separate, che ci raccontano di esperienze terrificanti”. Anna Maria Colombani ha quindi illustrato le attività della CRI sul territorio nazionale, ricordando i centri di Asti, Padova, Avezzano e Chieti dove sono presenti punti di ascolto, centri antiviolenza e anche una casa di accoglienza per donne vittime di abusi  inseriti nella rete sociale collegata al numero 1522 del Governo. “Questi centri – ha sottolineato Combani – sono nati spontaneamente sulla base della vulnerabilità percepita sul territorio. Oltre all’azione fondamentale svolta da queste strutture, è necessario il cambiamento culturale. Le donne infatti oltre alla violenza fisica subiscono un danno morale e psicologico enorme – ha detto Colombani – confondendo e non distinguendo più i concetti di amore e possesso. Per sconfiggere la piaga sociale della violenza come Croce Rossa dobbiamo essere artefici di un impegno civile per diffondere una cultura del rispetto delle persone e della non-discriminazione di genere”. “Sul territorio di Roma Capitale – ha detto Lavinia Mennuni – svolge un ruolo fondamentale la rete sociale che comprende le varie associazioni, come Salvamamme, i centri antiviolenza  e anche altre iniziative di carattere pratico come l’apertura del primo centro in semi-autonomia per l’affiancamento della donna nella fase successiva al recupero dalla violenza o la modifica del regolamento dei taxi che nelle ore notturne attendono l’ingresso della passeggera fino al portone di casa.  L’azione comune sul territorio è dunque fondamentale, anche per la formazione dei giovanissimi al rispetto della donna e delle persone più vulnerabili. Un’altra battaglia sulla quale siamo impegnati dal punto di vista internazionale, e qui  la Croce Rossa può assumere un ruolo determinante, è il gravissimo fenomeno della violenza utilizzata come arma da guerra”. A questo proposito Maria Teresa Letta ha ricordato l’attività della Croce Rossa Italiana durante la guerra dei Balcani, periodo in cui sono state commesse atrocità incredibili e gli orfanotrofi erano pieni di bambini innocenti, figli dello stupro di guerra.

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Grazia Passeri ha espresso il proprio apprezzamento per la Campagna della Croce Rossa “che ha la peculiarità – ha detto Passeri – di essere percepita subito  dalle donne che si sentono esposte al controllo. Uno dei problemi nel fenomeno della violenza è la mancanza di consapevolezza collettiva. Nessuna donna vittima di violenza pensa di essere quella uccisa e nessun uomo pensa di essere parte di quel destino. Ma i dati ci dicono che il 40 per cento dei casi di soprusi presenta evidenti segnali premonitori. E’ necessario quindi lavorare sulla auto-riconoscibilità e auto-consapevolezza nelle situazioni ad alto rischio esplosivo”. Anche Silvana Campisi ha sottolineato la necessità di continuare a lavorare su un differente modello culturale. “Bisogna prendere coscienza – ha affermato – della nostra identità di donna, intesa non come uguaglianza ma parità di diritti e doveri”. Claudio Vedovati ha affrontato il fenomeno da una prospettiva maschile, richiamando la necessità che gli uomini compiano un lavoro su loro stessi per affermare un modello qualitativo diverso nel rapporto con la donna. Vedovati inoltre ha parlato della difficoltà di riconoscere i fenomeni di violenza. “Spesso le campagne antiviolenza – ha detto – falliscono perché le immagini di donne picchiate danno un’idea di svalorizzazione, di vittima. Cambiando la rappresentazione della violenza si potrebbe rendere più riconoscibile questo fenomeno. Spesso c’è incapacità anche da parte di chi se ne occupa, o è coinvolto, a distinguere il conflitto dalla violenza, ma bisogna rendersi conto invece che la violenza parla da sola. La prevenzione è importante proprio perché consente l’emersione della violenza stessa aiutando a prendere consapevolezza di essere vittima di violenza”.

  

          

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