7 dicembre, un nuovo sbarco di migranti al porto di Taranto. Il racconto dell'impegno CRI nelle parole di un volontario e della mediatrice culturale

Volontari croce rossa aiutano migranti sbarcati a Taranto
Foto di Gianluca Galeandro/CRI

Lunedì 7 dicembre: per molti solo un giorno in più di vacanza, un “ponte” tra la domenica e il martedì festivo dell’8 dicembre, un giorno buono per una piccola vacanza o per stare in famiglia. Per i volontari e gli operatori CRI, a Taranto, è stato invece un nuovo giorno di impegno e aiuto ai più vulnerabili.“Dicembre inoltrato, nonostante il freddo numerosi migranti sfidano ancora i nostri mari alla ricerca di pace e libertà. Anche oggi siamo stati pronti a mettere avanti a tutto il valore dell’umanità, a dare assistenza e ove possibile beni di prima necessita agli oltre 600 fratelli e sorelle sbarcati sul molo di Taranto”, scrive Gianluca Galeandro, volontario e fotografo, sempre presente agli sbarchi con la sua macchina fotografica per raccontare con le immagini l’impegno del Comitato Provinciale tarantino. Al molo, grazie all’Emergency Appeal, accanto al grande cuore e all’esperienza dei volontari c’era anche la professionalità della field officer Claudia Battafarano e della mediatrice culturale Elisa Gennaro.

  

Infermiera Volontaria Croce Rossa aiuta migranti sbarcati a Taranto
Foto di Gianluca Galeandro/CRI

È proprio Elisa che ci racconta, non solo da mediatrice ma soprattutto da mamma, l’emozione provata in questo sbarco nel conoscere e aiutare una donna coraggiosa, reduce da un viaggio difficile e pericoloso: “Nell’attimo in cui scendeva la scaletta della nave, avevo notato una certa fierezza in quella donna che si trascinava con una bimba in braccio. Prima che scendesse a terra le avevo chiesto in arabo se per caso non volesse che l’aiutassi a portare la bambina e lei, stringendosela più forte al petto mi aveva risposto di no ringraziandomi. Più tardi ho rincontrato quella donna insieme al marito e ai tre piccoli figli: sembrava ancora più stanca e provata dal viaggio e dall’attesa. Quando mi ha chiesto disperatamente un antidolorifico per un forte mal di testa ho chiamato il medico del PMA che dopo averla visitata ha ritenuto indispensabile sottoporre la donna ad un esame più approfondito in ospedale. La accompagnerò io sull’ambulanza. Nell’attesa del trasporto, Ana’am, questo il nome della donna di origini palestinesi e nata in Libia, mi chiede di prendere in consegna il suo documento di viaggio, non un passaporto, ma un documento identificativo rilasciato ai rifugiati palestinesi dall’UNWRA e, soprattutto, mi affida tutti i suoi averi in denaro: un rotolo di dollari rinchiuso in una busta di plastica gialla. Mi sento investita da una grossa responsabilità, per Ana’am quei pochi metri che separano la tenda del PMA dove ci troviamo noi e quella in cui la attendono i suoi familiari, sono una distanza infinita. In pochi attimi decido: non porterò quel denaro a suo marito, porterò suo marito da lei. Così le ripongo in mano la busta con il denaro e le dico che tornerò subito con Ayman e i suoi tre piccoli prima di partire con lei a bordo dell’ambulanza. Una volta in ospedale, con gli occhi tristi a causa della separazione dai suoi bambini, mi confida che non la spaventa l’attesa per conoscere l’esito degli esami, quanto il pensiero di una malattia che la dividerebbe per sempre dai suoi figli. E, da madre, condivido anch’io quella paura…”

  

Volontari croce rossa aiutano migranti sbarcati a Taranto
Foto di Gianluca Galeandro/CRI

Ana’am ha visto nella Croce Rossa indossata da Elisa un simbolo di accoglienza e sicurezza e si è affidata a lei completamente. Sui moli e in ogni luogo in cui i migranti vengono accolti si intrecciano storie e sentimenti, quelli dei migranti e di chi li soccorre. E la Croce Rossa è sempre lì, a dare valore ad ogni esistenza e dignità ad ogni persona.

              

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