Il Corpo Militare della CRI in prima linea nel recupero dei corpi dei migranti morti in mare il 18 aprile nello Stretto di Sicilia
Recuperati e consegnati all’ospedale Vittorio Emanuele di Catania, lo scorso 3 luglio, i primi 13 corpi dei 700 migranti morti tragicamente nel naufragio del 18 aprile 2015 nello Stretto di Sicilia, a 85 miglia a nord est delle coste della Libia. L’operazione di recupero delle salme dalla profondità di circa 375 metri, affidata alla Marina Militare, è iniziata il 15 giugno scorso, su indicazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri.La Marina Militare, che ha dispiegato per l’occasione le tre unità navali Gorgona, Leonardo e Gaeta e il Gruppo Operativo Subacquei (G.O.S.), ha coinvolto in prima linea anche il personale del Corpo Militare della C.R.I. dell’Unità di gestione dei Corpi Senza Vita (qualificato in Disaster Victim Identification & Management o DVI-M), dei Nuclei di decontaminazione e delle Unità di biocontenimento.I corpi sono raccolti e portati in superficie con l’ausilio di un R.O.V. (Remotely Operated Vehicle) in grado di operare a simili profondità e di un’apposita cesta. Quest’ultima viene portata a bordo di nave Gorgona mediante una gru dove ad attenderla ci sono gli operatori del Corpo Militare che provvedono a ricomporre ogni corpo all’interno di una sacca per cadaveri, denominata body bag, a identificarlo in maniera univoca con apposito codice alfanumerico DVI, a decontaminare la superficie esterna della sacca e a trasferire ogni salma nell’apposita cella frigorifera. Oltre a ciò, gli uomini del CM della CRI provvedono a garantire la decontaminazione delle aree delle navi e delle ceste che vengono in contatto con i cadaveri per garantire la sicurezza e la salute degli equipaggi e forniscono alla Marina Militare il proprio know how in materia forense e medico legale.L’attività umanitaria proseguirà, condizioni meteo permettendo, fino al recupero di tutte le salme che si trovano all’esterno del relitto.