Il maltempo non ferma la fuga: in Sicilia sbarcate centinaia di migranti. Un gruppo sparito tra le onde del mare

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La piccola Karkou sbarcata ad @Augusta

Mamadou della Guinea: “Quando ho visto il simbolo della Croce Rossa ho capito che ci avreste aiutato tutti, cristiani e musulmani”

di Alessia LaiIl clima mite è una benedizione. O forse no. Quando il mare sembra promettere qualche giorno di calma, anche nella stagione invernale non si rinuncia alla possibilità di arrivare in Europa. E così, in questo 2016 appena iniziato, i porti siciliani hanno già accolto più di mille migranti, spinti a rischiare la vita da condizioni meteo apparentemente favorevoli. Ma il mare può tradire, anche se c’è il sole. Non tutti coloro che si sono imbarcati negli ultimi giorni, infatti, sono riusciti a raggiungere le nostre coste. Tra i migranti trasportati oggi a Catania da Nave Dattilo, in una giornata fredda e piovosa, c’era anche un corpo esanime, l’unico recuperato in un gruppo di persone che purtroppo sono sparite tra le onde. Tra loro un ragazzo di appena quindici anni. Era partito con sette familiari dalla Guinea Conakri, tutti ragazzi, fratelli e nipoti in cerca di una nuova vita. I fratelli sopravvissuti sono sbarcati separati e talmente infreddoliti e disorientati da non avere la forza di raccontare cosa fosse successo. Ma la ricerca di testimoni della caduta in mare del gruppo di dispersi ha pian piano fatto luce sul loro legame familiare e sul fatto che durante il salvataggio uno dei ragazzi non è riuscito a salire sulla nave che li ha soccorsi. È sparito nel mare. Il servizio di Rfl al porto, svolto dalla Croce Rossa di Catania, ha permesso che questi ragazzi non fossero separati e hanno così potuto proseguire insieme il loro viaggio, anche se purtroppo senza un membro della loro famiglia.Anche nello sbarco di ieri, ad Augusta, la particolare attenzione dedicata dal team della Croce Rossa al mantenimento dell’integrità dei nuclei familiari ha permesso a una famiglia di restare unita. Karkou e Mamadou, una bimba di poco più di tre anni e il suo papà, sono stati sistemati in una tenda in attesa di avere notizie dalla mamma di Karkou, portata in ospedale perché al sesto mese di gravidanza. Non rischieranno di essere separati, ora che finalmente sono insieme. Nel lungo viaggio verso una nuova casa, infatti, la famiglia di Mamadou è stata divisa per molto tempo. Lui è musulmano ed è andato via nel 2014 dalla Guinea Conakry dopo che suo padre e suo fratello sono stati uccisi. “Era venerdì, eravamo in moschea”, quando si è scatenata la violenza dei gruppi cristiani, ha ricordato. Così è partito, solo, in cerca di un luogo sicuro dove farsi raggiungere da sua moglie e dalla loro bambina. Nessuna rabbia né odio nelle sue parole: “Mentre eravamo in mezzo al mare, in balìa delle onde, tutti, cristiani e musulmani, piangevamo e pregavamo insieme”. Ora Mamadou vorrebbe solo poter avere una vita sicura con la sua famiglia, al riparo dalle violenze che ha visto prima nel suo paese e poi in Libia, dove ha conosciuto l’orrore della detenzione arbitraria da parte delle milizie che imperversano nel paese. Una volta arrivato a Tripoli, infatti, era riuscito a trovare lavoro solo per qualche mese. Poi la prigionia e le violenze, i cui segni sono ancora ben evidenti sulla schiena, anche a distanza di mesi. Una volta riuscito a uscire dal carcere Mamadou doveva lasciare anche la Libia, ma stavolta non da solo. Ha aspettato sua moglie, che insieme con la loro bimba di tre anni, ha affrontato così un lungo viaggio attraverso il Mali e l’Algeria per raggiungerlo a Tripoli e tentare la traversata verso l’Italia. Pochi giorni fa sono riusciti a imbarcarsi e dopo 24 ore in mare il soccorso. Ieri mattina, infine, hanno toccato terra a Augusta. Qui, nell’approdo siciliano che ha accolto il più alto numero di migranti nel 2015 – più di 22mila – l’Unità territoriale CRI di Siracusa e Francofonte e il Comitato CRI di Mascalucia, supportati dagli operatori dell’Emergengy Appeal, hanno prestato assistenza al secondo sbarco del nuovo anno con competenza, professionalità e il grande cuore dei 30 volontari presenti.  “Conosco il simbolo della Croce Rossa e quando lo ho visto sulle divise delle persone che ci accoglievano al porto ho capito di essere arrivato in Italia, ho capito che ci avreste aiutato tutti, cristiani e musulmani”, ha detto Mamadou.“Mentre eravamo sulla barca, mentre tutti eravamo disperati perché temevamo di non riuscire a salvarci, anche la mia bimba piangeva: voleva andare a casa, ma non c’è più una casa”, ha ricordato ancora Mamadou con gli occhi lucidi. Ora la piccola Karkou, tante treccine raccolte in perline colorate, gioca e ride, tra pochi mesi avrà un fratellino o una sorellina, mentre il suo papà, nonostante la dura esperienza, guarda al futuro: sogni e paure sono legati a un foglio di carta. La speranza di Mamadou è quella di ottenere un documento che gli permetterà di chiamare “casa” un nuovo posto in cui crescere i suoi figli, finalmente al sicuro.

  

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sbarco ad @Augusta

  

          

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