Emergenza migranti: Diario da Lampedusa – La storia di Alex, dal Ghana all'Italia, passando per la Libia

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Foto Laura Bastienetto/ItRc

di Tommaso Della Longa – Portavoce CRI           Alexander ha 32 anni, viene dal Ghana e oggi, sabato 9 aprile, è appena sbarcato in Italia, sano e salvo. “Ringrazio Dio: ce l’ho fatta, sono arrivato”. Polo a maniche lunghe gialla e blu, jeans, giacca in vita: si aggira sul molo, non si siede in mezzo agli altri migranti appena arrivati dalla Libia, ha energia e adrenalina, si vede a occhio nudo. “Welcome in Italy”, gli dico subito. Il sorriso gli fa brillare il viso, mi ringrazia, mi porge la mano. E mi racconta la sua storia. E’ un operaio specializzato, fino all’anno scorso lavorava con un italiano di Vicenza che gli ha insegnato il mestiere. Poi la crisi e ha cambiato datore di lavoro. E poi, soprattutto, la guerra. “Io lavoravo proprio nella città dove è incominciata la rivolta. Quelli come me sono stati subito indicati come i mercenari al soldo di Gheddafi: avevo un amico tassista e sono subito scappato a Tripoli”. Da lì, la volontà di andarsene da una situazione sempre più pericolosa. Alex è partito da solo. Nei due giorni di viaggio, però, ha fatto amicizia con molti migranti delle più disparate nazionalità: Ciad, Somalia, Bangladesh, Egitto, Costa d’Avorio, Burkina Faso. “Con alcuni di loro sono diventato amico: condividevamo il sogno di arrivare qui da voi”. Alex ha già letto Lampedusa sui pullman presenti e conosce bene la situazione: “Siamo in una piccola isola, sì lo so. Adesso saremo portati in un altro posto, dove c’è un centro di accoglienza molto più grande. Io voglio lavorare qui in Italia, richiedere la protezione umanitaria, non voglio più tornare dove c’è la guerra e la disperazione”.  Si forma la fila per salire sugli autobus. “Mi dai il tuo contatto? Quando vengo a Roma ti vengo a trovare!” Giusto il tempo di scrivere un indirizzo e un cellulare al volo e poi Alex insieme ad alcuni amici è pronto a spostarsi. L’ultima immagine è quella di un ragazzo ghanese che agita le braccia salutandomi, mentre va via dal molo commerciale. Dopo avermi anche raccontato di una storia familiare tragica, di un padre perso troppo presto, di una famiglia molto povera e dell’emigrazione dal Ghana alla Libia, con gli occhi che trasudano dolore. Insieme a lui, altri 243 migranti che hanno coronato il loro sogno. Come quelle mamme, con in braccio neonati sorridenti, che ringraziano tutti gli operatori umanitari e sono quasi commosse per la fine del viaggio.E poi, gli occhi tornano al mare. Tra poco un altro sbarco, altri sorrisi, altra sofferenza. In un’isola carica di forza e di emozione, che ti rimangono scolpite nel profondo.   

  

  

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