La ricerca della felicità – storia di Alagie, sopravvissuto al Caporalato
- Foto: ANSA
“Foggia, strage di migranti” così titolavano i giornali nell’agosto 2018. Era l’ennesimo incidente d’auto nel foggiano, l’ennesimo che vedeva protagonisti ragazzi stranieri impegnati nella raccolta dei pomodori nelle campagne pugliesi. Un furgoncino che trasportava, ammassati tra loro, braccianti di ritorno dal lavoro si è scontrato con un tir. Il bilancio è drammatico: 12 vittime e tre feriti.
Si riaccende così il dibattito sul caporalato, sullo sfruttamento, sulla crisi migratoria. Parole e numeri si rincorrono nei servizi dei TG e nelle discussioni che animano i talk show. Parole, numeri, opinioni, ma mancano i nomi, le storie, i volti, le vite di quei ragazzi che dall’Africa scelgono di affrontare il mare, in cerca di un futuro migliore.
Questa volta, però, tra tanti dati statistici, spunta un nome, Alagie, e una storia, iniziata in Gambia nel 1996 e giunta fino a Foggia, nell’agosto 2018, quando il destino ha voluto che lui, tra i tanti, fosse l’unico sopravvissuto dell’”ennesimo incidente causato dal caporalato”.
- Alagie
Alagie, dal Gambia a Riccione
Facciamo un passo indietro e torniamo alle verdi terre africane, sotto un sole caldo, lungo strade sterrate affollate di donne e bambini. Alagie Saho ha cinque fratelli e viene cresciuto da una madre sola. Nonostante le difficoltà, sin da giovanissimo sa come darsi da fare e lavora per mantenersi agli studi. Riesce, infatti, a diplomarsi facendo il tuttofare in Hotel, ma la sua vita cambia quando spariscono oggetti di valore da una stanza dell’albergo. Tutti i dipendenti vengono arrestati, in attesa del giudizio finale, che ne deciderà le sorti. Alagie non ci sta, è innocente e, consapevole di un sistema giudiziario non democratico, scappa. Trova così rifugio in Libia e lavora per pagarsi il viaggio verso l’Europa, la terra promessa.
Sbarca a Pozzallo, nel 2016.
E’ qui che la vita di quel giovane dagli occhi grandi e dalla mani segnate dalla fatica, incontra quella dei Volontari della Croce Rossa. Viene, infatti, trasferito in una cooperativa di Rimini con residenza a Riccione. Nella città romagnola Alagie è coinvolto nel progetto ‘Un’Italia che aiuta’, inizia a studiare l’italiano e nel 2017 ottiene l’agognato permesso di soggiorno.
Arriva il momento di salutare gli amici in polo rossa, quelli che tanto lo hanno spronato e fatto sentire a casa durante il suo primo anno in Italia, ma il lavoro chiama e chiama dal sud Italia. Alagie raggiunge, infatti, dei connazionali che lavorano come braccianti nei campi di pomodori, un lavoro duro, ma Alagie non ha paura. Riesce a mantenersi in contatto con i Volontari Croce Rossa di Riccione e racconta di giornate faticose, ma anche di voglia di fare, di entusiasmo e amore per la vita.
Poi l’incidente: quattro giorni di coma, trauma cranico e schiacciamento toracico.
Il Comitato di Riccione, attraverso il servizio di Restoring Family Links (RFL) riesce a mettersi in contatto con la struttura ospedaliera che lo ospita e, una volta ripreso, è Alagie a chiamare i Volontari per dire “Sto bene”.
«Oggi Alagie sta bene – racconta Angela Giorgione Referente Regionale per la diffusione di Principi e Valori umanitari – grazie alla CRI di Riccione e all’Associazione Cattolica Papa Giovanni XXIII, che si è offerta di ospitarlo, tornerà presto in Romagna, pronto per iniziare a vivere».
- Sbarco a Pozzallo del 14 ottobre 2016
CRI Riccione e il Restoring Family Links
Il programma di ricongiungimento legami familiari della Croce Rossa è stato determinante nella vita di Alagie e lo è stato per molti altri ragazzi dalla storia simile alla sua. «Il primo caso di RFL del Comitato di Riccione è stato quello di Augustin, un ragazzo senegalese che ha compiuto il faticoso viaggio verso Occidente con sua moglie incinta – spiega Giovanna Perlingieri, Operatrice RFL Comitato CRI di Riccione, e continua – Una volta sbarcata a Salerno, la coppia è stata divisa: gli uomini trasferiti in Emilia-Romagna, le donne in Campania. Hanno perso i contatti». RFL è stato determinante, appresa la situazione, i Volontari si sono attivati e, dopo tre mesi di ricerche, in collaborazione con la Prefettura, sono riusciti a ricongiungere gli sposi, trasferendo Augustin in Campania, in tempo per veder nascere sua figlia.
Ancora oggi, la Croce Rossa di Riccione è in contatto per il ragazzo, così come con Alagie e Minteh, trasferito da Riccione a Roma e poi a Berlino, dove lavora come aiuto cuoco.
- Augustin con la sua famiglia
Sognare l’Europa, morire lontano da casa
«Da questi ragazzi abbiamo imparato tanto, abbiamo conosciuto i loro valori, le loro tradizioni e la loro cultura – racconta Giovanna – In alcuni paesi africani le persone vivono in povertà, sotto dittatura, sognano un posto migliore. Vedono l’Italia come un’isola felice e così cercano di raggiungere la ‘Terra Promessa’».
Sono uomini, donne, bambini, famiglie, laureati e analfabeti, vittime della fame, della schiavitù, della guerra. Una volta sbarcati in Europa, cercano, loro malgrado, un modo per sopravvivere, spesso sono partiti con la promessa di mandare soldi alla famiglia rimasta in patria. Tornare indietro sarebbe una sconfitta e, nel peggiore dei casi, significherebbe ‘morte’.
E’ così che molti di loro cadono vittime del sistema malavitoso o diventano schiavi di un Paese che si dice “libero”.
Alagie lavorava per 3,50 euro al giorno, più della metà dei quali gli servivano per pagare il passaggio giornaliero verso i campi, su un furgoncino malridotto e sovraffollato, dal quale tanti suoi compagni, non sono usciti vivi.
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