​Diario di bordo del Volontario – Il mio primo giorno di servizio durante uno sbarco

“Il sorriso di quel ragazzo sconosciuto mi ha dato forza e sicurezza”

​Diario di bordo del Volontario –  Il mio primo giorno di servizio durante uno sbarco

Quando arrivo al molo 24 con gli altri volontari, da uno sguardo generico mi accorgo subito di quanto sia complessa l’organizzazione delle procedure di sbarco: niente è lasciato al caso.

Alcuni autobus pieni di persone appena arrivate in Sicilia stanno lasciando il porto per raggiungere mete a me sconosciute. Incrocio lo sguardo di un ragazzo seduto dal lato finestrino, mi saluta con la mano e sorride, ricambio il saluto e sorrido anch’io. Mi pervade un senso di benessere, l’angoscia e la sensazione di non essere abbastanza preparata per un primo servizio sbarco, mi abbandonano immediatamente. Il sorriso di quel ragazzo sconosciuto mi dà forza e sicurezza.

Continuo a pensare a lui e al suo sorriso mentre distribuisco i kit di sopravvivenza ai suoi compagni di viaggio appena scesi dalla nave. Penso a lui anche mentre ritorno a casa, così come a tutti quegli altri ragazzi a cui oggi ho detto “Welcome to Italy”. Ho pensato a loro per giorni.
Durante le attività di prima accoglienza, leggo nei loro sguardi stanchezza profonda ma anche un po’ di gioia nel sapere che adesso è tutto finito e sono sopravvissuti al viaggio. I giovani scesi quel giorno dalla nave sono tutti giovani. Donne e bambini sono sbarcati il giorno precedente. Sono arrivate circa 1400 persone.

Le procedure di sbarco sono troppo lente, non comprensibili per chi ha affrontato un viaggio pericoloso e faticoso, ma necessarie burocraticamente, necessarie per un’identificazione che sembra non avere mai fine e pietà per corpi umani bruciati dal sole che hanno fame e sete.

“Welcome to Italy”!

C’è caldo, molto caldo. Indosso la mia divisa ​e​ la mascherina​, ​anche se vorrei mostrare il mio sorriso a quei ragazzi. Spero lo intravedano o lo immaginino dal tono caldo della mia voce, perché voglio comunicare serenità.

A qualcuno chiedo anche da dove viene e l’età, ma velocemente e con garbo. So bene che sono stanchi e tra poco dovranno rispondere ad altre incalzanti domande, non posso stressarli. Tutti rispondono “Thank you o “Merci”, anche se non hanno chiaro cosa ci sia in quella busta trasparente che gli consegno. Chissà se mi trovano ridicola così coperta dalla testa ai piedi per paura di chissà quale malattia.

Mentre osservo le persone scendere dalla nave, penso alle storie che i media raccontano sulla migrazione. Storie di soli numeri e dati allarmanti.

Io oggi ho vissuto qualcosa di diverso, assistendo in prima fila. Posso raccontare una storia di contatto visivo e fisico, di reale comprensione, di generosità, di emozioni, lacrime e dolore, di dono del proprio tempo e delle proprie energie. Grazie a Croce Rossa, oggi posso raccontare una storia diversa.

 
 

Di Clotilde Pecora, Volontaria CRI di Catania​

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